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martedì 4 dicembre 2007

Terzo tempo

Si chiamerà terzo tempo, sarà sancito con una norma federale e dovrà essere rispettato su tutti i campi di calcio a partire da gennaio. A fine gara, davanti al tunnel degli spogliatoi, giocatori, allenatori, arbitro e assistenti si saluteranno pubblicamente con una stretta di mano. A prescindere da quello che è successo durante i 90 minuti di gioco: insulti, bestemmie, onestà e virtù delle mamme messe in dubbio, falli, simulazioni e quant’altro. L’importante è che alla fine si faccia simbolicamente la pace. Grazie signore grazie, grazie signore grazie, grazie. Del resto non accade già nel rugby o nella pallavolo? Vero. Peccato però che in entrambi i casi i gesti degli atleti sono spontanei e nessuno ha mai pensato di metterci sopra una bolla papale. Quello che si è visto domenica allo stadio di Firenze è stato un bell’esempio di civiltà in una giornata però del tutto particolare, dove anche il minuto di silenzio per la prematura scomparsa della moglie dell’allenatore viola è stato rispettato da tutto il Comunale. Non succedeva da anni, perché il tifo più becero si è impadronito anche di questo tributo laico ad una persona che non c’è più con applausi fuori luogo, cori o, peggio ancora, fischi. Peraltro non dimentichiamo che in un primo momento la Lega aveva vietato il consenso al terzo tempo richiesto dalla Fiorentina, salvo poi ricredersi quando le immagini di una giornata normale di calcio sono state salutate dai media come l’apparizione della Madonna. A quel punto i geni che gestiscono il mondo del pallone hanno pensato bene di costruirci intorno il santino: non si esce dall’arena se non si bacia la reliquia. L’importante è dare l’impressione di essere tutti amici. E i mali del calcio, di tutto il circo barnum della pedata? Non solo gli ultrà, ma anche i conti in rosso delle società, le evasioni fiscali, i risarcimenti spalmati per secoli, i contratti imbarazzanti, giù giù fino a tutti i biscardi della terra? Per quelli c’è tempo. Per ora salviamo l’immagine, confezionandola in un bel pacchetto regalo. Un po’ come raddrizzare un quadro in una casa sventrata dal terremoto. O curare la calvizie ad una persona che ha il cancro.

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