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venerdì 10 febbraio 2012

Io compro il Manifesto

Nell'editoriale di ieri, il direttore Norma Rangeri spiega la gravissima situazione che sta vivendo il Manifesto e chiede un aiuto ai cittadini per salvare il giornale. Siamo ad un passaggio politico delicato, la difesa di una voce critica è un investimento in favore della libertà di pensiero. Per questo io compro il Manifesto e invito a farlo chiunque ne ha la possibilità.

Senza fine

di Norma Rangeri

Siamo alla prova cruciale, al corpo a corpo con la nostra stessa vita materiale e politica. Il manifesto andrà in liquidazione coatta amministrativa. Verranno funzionari di governo, che si sostituiranno al nostro consiglio di amministrazione. È una procedura cui siamo stati costretti dai tagli alla legge dell'editoria. Noi, come altre cento testate, nazionali e locali, non potremo chiudere il bilancio del 2011. Mario Monti e il ministro Passera potrebbero riuscire dove Berlusconi e Tremonti hanno fallito. Usiamo il condizionale perché non abbandoniamo il campo di battaglia e siamo ancora più determinati a combattere contro le leggi di un mercato che della libertà d'informazione farebbe volentieri un grande falò. La fine del manifesto sarebbe la vittoria senza prigionieri di un sistema che considera la libertà di stampa non un diritto costituzionale ma una concessione per un popolo di sudditi. La fisionomia della nostra testata, il suo carattere di editore puro, il nostro essere una cooperativa di giornalisti, hanno sempre costituito una felice anomalia, un'eresia, la testimonianza in carne e ossa che il mercato non è il monarca assoluto e le sue leggi non sono le nostre.


Il compito che ci assumiamo e a cui vi chiediamo di partecipare è tutto politico. I tagli ai finanziamenti per l'editoria cooperativa e politica non sono misurabili «solo» in euro, in bilanci in rosso, in disoccupazione. Naturalmente, se avessimo la testa di un Marchionne sapremmo cosa fare per far quadrare i bilanci. Così come un vero mercato della pubblicità ci aiuterebbe a far quadrare i conti, e un aumento dei lettori nel nostro paese ci farebbe vivere in una buona democrazia. Ma è altrettanto evidente che le nostre difficoltà sono lo specchio della profonda crisi della politica, l'effetto di quella controrivoluzione che ha coltivato i semi dell'antipolitica, del «sono tutti uguali» fino a una sorta di pulizia etnica delle idee e dell'informazione.


Care lettrici e cari lettori, siamo chiamati, noi e voi, a una sfida difficile e avvincente. Dovremo superare nemici visibili e trappole insidiose. Sappiamo come replicare alle politiche di questo governo, ma siamo profeti disarmati contro il successo del populismo, che urla contro il potere assumendone modi e fattezze. State con noi, comprateci tutti i giorni, abbiamo bisogno di ognuno di voi. Adesso che tutti hanno imparato lo slogan dei beni comuni, lasciateci la presunzione di avere rappresentato una delle sue radici, antica e disinteressata. Ed è per questo che nell'origine della nostra storia crediamo di vedere ancora una vita futura.

lunedì 6 febbraio 2012

Acqua benedetta

La scorsa settimana ad Ancona sono stati denunciati alcuni presunti medici, capeggiati da una biologa 71enne, con l’accusa di aver truffato un non ben precisato numero di malati, anche di cancro, ai quali i suddetti avevano venduto falsa acqua di Lourdes, Medjugorje e di altri santuari più o meno famosi, a 200 euro la boccetta. La banda aveva messo in piedi il business rifacendosi ad una fantomatica teoria del riequilibrio del corpo in sofferenza basato sull’acqua santa, nel caso specifico proveniente però, più prosaicamente, dell’acquedotto comunale. Detto che è miserabile approfittarsi delle persone in difficoltà, è altrettanto vero che, tutto sommato, l’intermediazione ha consentito ad un mucchio di gente di risparmiarsi il viaggio. A meno che il reato non sia ascrivibile alla millantata provenienza dell’acqua benedetta. Allora è un altro paio di maniche: vuoi mettere il pullulare di miracoli nei siti commercialmente pertinenti? Da far tremare i polsi al povero Ippocrate.