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domenica 16 dicembre 2007

Giovanardi Carlo

Giovanardi Carlo, ma avrebbe voluto tanto chiamarsi Silvio, Piersilvio, o al limite anche Marina, a volte è commuovente. La sua fedeltà al padrone, non richiesta peraltro, fa tenerezza. Il dramma di quest’uomo è che malgrado tutta l’abnegazione che ci mette non riesce a far breccia nel cuore del re. Anzi, Berlusconi non lo degna mai di una citazione e Bondi, Cicchitto, Fede, Vito, persino Vito, non perdono occasione per prenderlo per il culo. Quando si presenta in udienza, anche se nessuno ricorda di averlo chiamato – ah c’è Giovanardi: è già andato in lavanderia a ritirare le camicie? - il portiere di Palazzo Grazioli e il cuoco Michele si toccano le pudende. Da dentro le tasche, ma se le toccano. Lui però non demorde. Qualche settimana fa ha anche cercato di fare lo spiritoso imitando la gag del capo. Ha detto ai giornali di aver preso cappello e di essersene andato dal suo vecchio partito perché quegli ingrati non avevano accolto con cori di giubilo l’annuncio del predellino e non erano corsi a ringraziare il messia di Arcore per la nuova opportunità politica. Ha aspettato di vedere la notizia, un riquadro nelle pagine interne, e l’ha subito smentita. L’hanno preso per il culo tutti, come un Giovanardi qualsiasi. Vi ricordate Grisù, il draghetto che non si rassegnava alla sua draghitudine e voleva diventare pompiere? Giovanardi Carlo (Silvio, Piesilvio, ma al limite anche Marina) è un po’ così. Qualche giorno fa, quando appena alzato ha letto su Repubblica che il re era di nuovo nei guai con la Magistratura non gli è quindi sembrato vero di indossare il caschetto e andare a spegnere il fuoco dei nemici rossi. Ancora in pigiama ha preso carta e penna deciso a scrivere al Presidente della Camera. “Egregio Presidente (presidente con la P maiuscola in segno di rispetto, sia mai che qualcuno insinui che lui non riconosce la terza carica dello Stato perché è un comunista) leggo questa mattina sul quotidiano 'la Repubblica' un suggestivo articolo (di cui Le allego copia) tutto centrato su ricostruzioni, tanto maliziose quanto improbabili, dell'attività politica del deputato Silvio Berlusconi, che in altri tempi sarebbero sicuramente state attribuite a veline di qualche 'servizio deviato'. Nell'articolo, si riferiscono i contenuti di asserite conversazioni fra membri del Parlamento (il medesimo Silvio Berlusconi e il senatore eletto nella Circoscrizione estero Nino Randazzo) ma non risulta chiaro se il redattore ne abbia contezza (ma come parla?) perché le medesime conversazioni siano state intercettate o perché, semplicemente, quei contenuti sono frutto del racconto, successivo e interessato dello stesso Randazzo”. "Se fosse vera la prima ipotesi è chiaro che la procura di Napoli avrebbe apertamente infranto le disposizioni costituzionali poste a tutela delle prerogative del Parlamento, con evidente violazione della normativa ordinaria vigente; nel secondo caso saremmo di fronte viceversa all'ennesimo episodio del circo mediatico-giudiziario messo in moto dalla denuncia unilaterale di un parlamentare della sinistra. Le chiedo pertanto, signor Presidente, di volersi cortesemente attivare presso la procura di Napoli, per assumerne - nel quadro della leale collaborazione fra le istituzioni - le informazioni volte a chiarire quale delle due ipotesi corrisponda alla realtà”. Firmato Giovanardi Carlo. Fax a Montecitorio e uno alle agenzie. Poi di corsa a Palazzo Grazioli. Non gli hanno aperto.

(continua)

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