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giovedì 31 gennaio 2008

Paraculi

Sfiga ha voluto che ieri sera ho iniziato a vedere Ottoemezzo proprio nel momento in cui il dalemiano Nicola Latorre argomentava sulle ragioni dell’opportunità di un nuovo governo per le riforme (completamente d’accordo) e portava come prima motivazione “la preoccupazione espressa dalla Conferenza Episcopale Italiana” sulla situazione del Paese. La preoccupazione della CEI? Ecco una buona ragione per non votare il Pd. Meglio Juventus-Inter: sarà da italiano medio ma almeno non mi faccio prendere per il culo.

mercoledì 30 gennaio 2008

Professori a contratto

Alcuni anni fa, durante un congresso sull’antibioticoterapia, un noto cattedratico interviene ad un simposio satellite di un’azienda farmaceutica, programmato a pomeriggio inoltrato (i tempi sono importanti, vedremo poi perché) e illustra le potenzialità e il suo favore per la classe degli antibiotici prodotti dalla società ospitante per le patologie indicate. Il professore porta a supporto dati, studi clinici e, cosa non di poco conto, il suo prestigio. E fin qui, nulla da dire. Il bello - o il brutto, fate voi – di sicuro il comico, arriva la mattina seguente. Stessa assise, identico argomento, medesima platea. Cambia solo lo sponsor. Il professore in questione, salutato e riverito, sale sul podio e inizia ad illustrare le potenzialità e il suo favore per la classe degli antibiotici commercializzati dall’azienda ospitante (diversi da quelli della sera prima) per le patologie indicate (le stesse). Anche in questo caso lo speaker porta a supporto dati, studi clinici e la sua persona. Terminato l’intervento, il moderatore, giusto per cortesia, chiede alla sala se ci sono domande: il nostro professore sarà ben lieto di rispondere, di spiegare, vero professore?, è un’occasione unica… Da una delle file centrali si alza un giovane medico. Scusi professore, solo un chiarimento: ieri sera ho assistito alla sua lezione al simposio X nella quale ha sostenuto che per le patologie XYZ è obbligatorio usare l’antibiotico A. Questa mattina, sempre per le stesse patologie, suggerisce invece l’utilizzo dell’antibiotico B. Cosa è successo stanotte, professore? Sono stati pubblicati nuovi studi? C’è stata una nuova scoperta? Cosa di così sensazionale da spingerla a sostenere un cambio radicale del piano terapeutico? Tralascio l’imbarazzo generale e vengo al dunque, anche se mi piacerebbe sapere in che pronto soccorso è finito a fare le guardie quel giovane medico.
La lunga premessa è per lanciare un appello. Cosa è successo nell’arco di 24 ore all’onorevole Casini? Lunedì mattina, nel colloquio con il capo dello Stato, ha sostenuto la necessità di “un governo di pacificazione”; ieri pomeriggio, da Gerusalemme, ha dettato all’ansa una nota in cui si dice convinto dell’ineluttabilità dello scioglimento delle Camere. Cosa mi sono perso?

L’idea di Veltroni

Mi scrive Carlo, e io sono d'accordo con lui

Forse questa volta Veltroni un’idea ce l’ha, anche se non sa di averla. Fatto salvo il principio che dovrebbe divenire prassi, quello di passare dal voto ogni qualvolta un governo cada con un voto di sfiducia - evitando quegli imbarazzanti cerimoniali in cui tutti i partiti vengono consultati dal Capo dello Stato per poi riferire, alla stampa appostata all’esterno, proposte diverse se non opposte a quelle appena comunicate all’interno del Quirinale - questo Parlamento, incapace di un indirizzo prettamente politico, potrebbe essere in grado di costituire una sorta di nuova Assemblea Costituente, di cui l’Italia avrebbe comunque assolutamente bisogno, per definire le riforme costituzionali ed elettorali che un governo di una parte politica sola non potrebbe fare.
Ecco dunque l’idea di approfittare di questo ‘empasse’ politico con un incarico al presidente del Senato. Ecco l’idea di una maggioranza composta da Forza Italia, Pd e partiti centristi (con appoggi che possono arrivare sia da destra che da sinistra) che provveda all’ordinaria amministrazione per un anno, e di un Parlamento che si occupi di riformare la Costituzione e la legge elettorale.

lunedì 28 gennaio 2008

Soldi benedetti

“La Chiesa cattolica è l'unica religione a disporre di una dottrina sociale, fondata sulla lotta alla povertà e la demonizzazione del danaro, "sterco del diavolo". Vangelo secondo Matteo: "E' più facile che un cammello passi nella cruna dell'ago, che un ricco entri nel regno dei cieli". Ma è anche l'unica religione ad avere una propria banca per maneggiare affari e investimenti, l'Istituto Opere Religiose”. E’ l’incipit dell’articolo pubblicato sabato scorso da Repubblica e firmato da Curzio Maltese sugli scheletri nell'armadio della banca Vaticana: dal crack dell’Ambrosiano fino a calciopoli. Un documento da non perdere.

sabato 26 gennaio 2008

Nella mani del Cavaliere

Ora dipende tutto da Berlusconi. Sta a lui decidere se passare alla storia, acconsentendo ad un esecutivo a termine, con il mandato di fare la riforma elettorale, magari guidato da Gianni Letta, o rimanere nella cronaca, chiedendo lo scioglimento delle Camere e andando all’incasso con elezioni anticipate. In questo momento ci sta che il Cavaliere festeggi la caduta del governo e guidi il coro di “alle urne, alle urne”. Passata l’euforia sarebbe auspicabile però che riprendesse il dialogo con Walter Veltroni, se mai si è veramente interrotto, per dare corpo ad un nuovo corso della politica italiana. Berlusconi ha una doppia occasione. 1) Dimostrarsi un leader che ha il senso dello Stato e partecipa, guidandolo da una posizione di forza, a un cambiamento fondamentale per ripristinare la governabilità. 2) Rafforzare la propria posizione di leader del centrodestra con una riforma proporzionale in cui i numeri di Forza Italia possano contare per quanti sono, senza dover sottostare a ricatti di nessuno. Questo peraltro varrebbe anche per il Pd.Non dimentichiamoci – e Berlusconi certamente non se l’è dimenticato, anche se adesso fa finta di nulla - che solo due mesi fa era all’angolo, contestato a destra da Fini, abbandonato al centro da Casini, con l’unico appoggio della Lega, peraltro silenzioso. Tanto che per non rimanere oscurato dalla nascita del Partito Democratico, che per ora è solo un po’ meno virtuale di quanto lo era il suo, in una domenica dove il Milan non giocava, si è dovuto inventare il Partito del Popolo delle Libertà, dichiarando conclusa l’esperienza di Forza Italia e della Cdl tutta. Le prese di distanza di Fini e di Casini dall’ex premier erano state dure nei toni e nette nei contenuti, con dispetti e voci molto al di sopra delle righe, in stile bagaglino. Cosa è cambiato da allora? E’ caduto il governo al Senato. Un dato non di poco conto, per carità, ma che dimostra la necessità di porre rimedio ad una condizione anomala, figlia di una legge elettorale definita una porcata addirittura dal suo stesso autore, il leghista Calderoli. Ora, ci sarebbe da discutere a lungo sul perché una riforma così importante sia stata affidata ad uno come Calderoli, che sempre in un ipotetico Paese normale potrebbe ambire solo a vincere la gara di rutti della Val Brembana. Ma tant’è. Il capo dello Stato ha avviato le consultazioni facendo capire che non ha intenzione di sciogliere le Camere e andare al voto con il rischio di ricreare il blocco attuale, anche se a parti invertite. La situazione economica, le emergenze del Paese e gli impegni internazionali dell’Italia non permettono ulteriori errori e leggerezze. Pare che lo stesso D’Alema abbia ammesso che fu uno sbaglio non aver acconsentito, due anni fa, alla proposta del centrodestra di un governo di larghe intese, a fronte di un pareggio elettorale. Fini e Casini, che hanno voce in capitolo più di altri, hanno anticipato quello che andranno a dire al presidente Napolitano. Il primo ha ribadito la sua contrarietà a qualsiasi governo, malgrado solo due mesi fa sostenesse l'esatto contrario in una lettera al Corriere della Sera. Il leader dell’Udc, a cui va riconosciuta la coerenza, si è detto pronto a fare la sua parte in un esecutivo chiamato a scrivere le riforme. Gli inutili del centrodestra e del centrosinistra hanno avuto la loro vetrina nei telegiornali: se mai il Paese dovesse tornare alla normalità, ci penserà la storia a collocare la loro posizione dove merita. La partita vera, o quantomeno l’inizio, si giocherà la prossima settimana con la salita al Colle di Forza Italia e del Pd. Solo allora si inizierà a capire cosa ci aspetta.

venerdì 25 gennaio 2008

Parla come mangi

Nel suo patetico discorso al Senato, Mastella è pateticamente scivolato sulla citazione di Pablo Neruda. La poesia Ode alla vita con la quale ha teatralmente iniziato a parlare e che nelle intenzioni dell’ex Guardasigilli avrebbe dovuto spiegare i motivi del ritiro della fiducia al governo Prodi, non è di Neruda, bensì di Marta Medeiros, giornalista e scrittrice brasiliana. Onore al merito a Luca Sofri che l’ha smascherato. Bene così. Dopo il barbaro gesto della pistola puntata e lo sputo del suo degno compare Barbato ai danni del povero Cusumano, reo di aver disatteso alle direttive del capo, non era giusto che Mastella se ne andasse ingentilendo la sua porcata con le parole di un grande poeta. Non si può profumare la merda.

giovedì 24 gennaio 2008

La resa dei conti

Non so cosa succederà oggi. Se Prodi si andrà a immolare al Senato, oppure se prima del più che scontato voto di sfiducia salirà al Colle a rassegnare le proprie dimissioni nelle mani del capo dello Stato, come pare sia l’orientamento di gran parte del Pd, in modo da lasciare spazio ad un reincarico o a un governo istituzionale, per fare quelle riforme che anche ieri mattina Giorgio Napoletano ha sollecitato nel suo discorso a Camere riunite per i 60 anni della Costituzione. In qualsiasi caso un dato è certo: questa esperienza di governo di centrosinistra è arrivata al capolinea. Lo sarebbe anche se le trattative della notte dovessero convincere l’Udeur ad astenersi dalla conta di Palazzo Madama, come ha fatto a sorpresa a Montecitorio, abbassando così il quorum, e se il trotzkista Turigliatto, guardando ai banchi leghisti e della destra, si facesse venire un rigurgito antifascista modificando la sua intenzione di voto. Una fiducia clamorosa sarebbe soltanto accanimento terapeutico. L’unico dato positivo, se prima del voto verrà varata una nuova legge elettorale, è che insieme al governo dovrebbe andare finalmente in discarica (o nel termoutilizzatore), almeno spero, l’esperienza folle del maggioritario: un sistema che ha alimentato un degrado della politica forse inimmaginabile. A questo punto la speranza è che i saggi dei due schieramenti, quelli che da tempo stanno lavorando sottotraccia lasciando ai soliti noti i ragli da prima pagina, abbiano la forza, la statura, il senso delle istituzioni per arrivare ad una legge elettorale in grado, sia di fare chiarezza nella politica italiana, con uno sbarramento chiaro, senza recuperi regionali o alchimie strane per favorire localismi anacronistici e antistorici, sia di garantire la governabilità. Conviene al Pd e a Forza Italia, i due principali partiti che hanno il diritto di far pesare i numeri: può piacere o meno ma in democrazia è così. Tutto sommato conviene ad An e Udc, che hanno un radicamento territoriale importante. Conviene anche alla sinistra, solo però se capisce che la ricreazione è finita ed il gioco della moltiplicazione dei partiti non è più neanche ridicolo. Gli altri contano come il 2 da solo a briscola chiamata. Anzi, visto l’arroganza mostrata in questi anni, i ricatti, i comportamenti meschini, malgrado numeri da prefisso telefonico, in un’ipotetica scala dei valori dovrebbero essere collocati un gradino sotto la merda. Tirare lo sciacquone, please. Poi si vada al voto e vincerà sicuramente il centrodestra, con buona pace dei conservatori e dei reazionari d’oltretevere. Ma almeno ci saremo liberati di omuncoli e partiti condominiali che nemmeno la storia ricorderà, se non per riderne.

giovedì 17 gennaio 2008

Non habemus papam, pazienza

Riflessioni semiserie, mie e del Carlo

E’ difficile non essere d’accordo – intellettualmente dico, politicamente ho qualche dubbio - con quello che scrivono oggi alcuni direttori di giornali o editorialisti sulla rinuncia del Papa a partecipare – ospite non gradito – all’inaugurazione della Sapienza di Roma. Mi riferisco in particolare ad Ezio Mauro e Adriano Prosperi (La Repubblica), Paolo Franchi (Il Riformista), Rossana Rossanda (Il Manifesto) e Ritanna Armeni (Liberazione). Non c’è dubbio, come scrive Mauro, che si è assistito ad “un cortocircuito culturale e politico d'impatto mondiale”, che ha prodotto un “risultato, che sa di censura, di rifiuto del dialogo e del confronto, inaccettabile per un Paese democratico e per tutti coloro che credono nella libertà delle idee e della loro espressione”. E’ altrettanto vero però, ed è lo stesso direttore di Repubblica a sottolinearlo, che “da quasi un decennio la Cei ha acquistato un protagonismo e una reattività che hanno fatto della Chiesa un prim'attore in tutte le vicende pubbliche: una Chiesa che è insieme parte (perché cosi dicono i numeri) e Verità assoluta, pulpito e piazza, autorità e gruppo di pressione e chiede di determinare come mai nel passato della Repubblica i comportamenti parlamentari delle personalità politiche cattoliche, pretendendo pubblica obbedienza al magistero (…). Nella Chiesa si fa invece strada la convinzione secondo cui i non credenti non riescono a dare da soli un senso morale all'esistenza, perché solo la promessa riconosciuta dell'eternità da un senso alla vita terrena. Ne deriva una riduzione di dignità dell'interlocutore laico, quasi una riserva superiore di Verità esterna al libero gioco democratico, una sorta di obbligazione religiosa a fondamento delle leggi e delle scelte di un libero Stato”. Ma il problema, a mio avviso, sta proprio qui: nell’ostinarsi a non volersi affrancare da una condizione che Ritanna Armeni definisce “subalternità colpevole e opportunista dei politici italiani”. La corsa a baciare l’anello e a mostrare la faccia più contrita e l’indignazione più indignazione viste ieri erano a dir poco imbarazzanti. L’immagine che si vorrebbe far passare di una Chiesa imbavagliata, circondata da fanatici laici è quantomeno ridicola. Ogni sera i telegiornali immergono la loro scaletta nell’acquasantiera e ci illuminano da Oltretevere, suvvia!. Ventilare poi un pericolo per l’incolumità del Papa in caso si fosse papamobilizzato in via Salaria non merita nemmeno un commento. Il dato vero è che era da tanto che non si assisteva ad un’alzata di scudi così forte e immediata da parte di entrambe le Camere. Nemmeno la tragedia di Torino o i primi giorni dell’emergenza rifiuti erano riusciti a scaldare gli animi come ci si aspetterebbe da chi governa la res pubblica. Ha ragione Paolo Franchi quando dice che in questo scenario desolante pesa l’assenza di “una grande forza di sinistra,laica, democratica e riformatrice” di un partito socialista “capace di interpretare, di orientare, di dare un indirizzo e uno sbocco alle aspettative di una parte della società italiana che non sarà maggioritaria ma certo è infinitamente più vasta di quanto in genere si creda. Che non vuole né sbertucciare il Papa né esporlo a pagliacciate volgari,ma non intende nemmeno accettare deferente il principio che il suo punto di vista e i suoi valori valgano meno degli altri”.
Per farla breve quello che a me stona di tutta questa storia sono: 1) le reazioni, francamente spropositate rispetto ( nel senso anche di ‘per rispetto’) ai problemi sul tavolo, non ultimo un Guardasigilli indagato 2) la rinuncia del Papa (di cosa aveva paura? di 67 professori che presumibilmente hanno problemi di prostata e di un centinaio di studenti che al massimo avrebbero fatto un sit in? L’offesa aumenta invece il suo potere contrattuale da far valere al momento opportuno. La Stampa sostiene che un alto prelato avrebbe commentato a botta calda: Wojtyla ci sarebbe andato. Ora, non è che si sta a fare una classifica di chi è più bravo, altrimenti non se ne esce. Diciamo che in campo ognuno adotta la tattica che crede. L’obiettivo non mi sembra sia cambiato, anzi 3) la lettera dei 67 (non potevano trovarne altri due? 69 è un numero evocativo e sicuramente qualcuno, sicuramente Vespa, l’avrebbe letto come ulteriore sfregio o provocazione), la lettera, dicevo, si scopre oggi, era un atto privato. Perché è stata data alla stampa? E da chi se i diretti interessati non ne sono responsabili, probabilmente coscienti del casino che avrebbe potuto verificarsi? 4) Perché il Rettore ha invitato il Papa ad inaugurare l’anno accademico di un’Università laica? 5) mi fermo qui.
Anzi no. Non so perché ma è tutto il giorno che mi ronza in testa la domanda che gli americani si sono posti qualche tempo fa quando un sondaggio rivelò che la gran parte del mondo li odiava. Perché ci odiano tutti? Lo sforzo di farsi una domanda non ha purtroppo marzullianamente prodotto anche il “si dia una risposta”. Per rimanere nel pensiero semplice azzardo: forse se non andaste in giro per il mondo a sparare eleggendo amici e nemici alla bisogna rimarreste solo e sempre delle simpatiche canaglie. Alla lunga capita di trovare quello che si è magari alzato male o a cui, semplicemente, girano i coglioni e risponde al fuoco, magari con le stesse armi che gli avete regalato qualche anno prima. Tutto questo per dire che forse anche la Chiesa dovrebbe fare una riflessione, non per la vicenda della Sapienza, ma in generale sulle proprie scelte e sulle possibili conseguenze. Scrive Rossana Rossanda: “Due giorni fa Joseph Ratzinger ha celebrato la messa nella cappella Sistina dando le spalle ai fedeli. Liturgia che il Vaticano II aveva sostituito con la celebrazione faccia a faccia perché non fosse un dialogo del sacerdote con dio, e i fedeli dietro, ma una celebrazione in comune. Ora si ritoma indietro. Da quando è papa ha riaperto ai lefebvriani, ha chiuso con il dialogo ecumenico all'interno stesso dell'area cristiana, ha negato nel non casuale lapsus culturale a Ratisbona, qualsiasi spiritualità all'islam, ha messo un alt all'avanzata di un sacerdozio femminile, ha ribadito l'obbligo del celibato per i sacerdoti, ha negato i sacramenti ai divorziati che si risposino, ha respinto nelle tenebre gli omosessuali, ha condannato non solo aborto e eutanasia, ma ogni forma di fecondazione assistita, ha interdetto la ricerca sugli embrioni, intervenendo ogni giorno direttamente o tramite i vescovi sulle politiche dello stato italiano. Tra un po' risaremo al Sillabo. Sono scelte meditate, che significano un passo indietro rispetto al Concilio Vaticano, che era stato un aprire le braccia all'intera Comunità cristiana e oltre, a quel più vasto «popolo di dio» che era costituito, per il clero più illuminato, anche dai laici. Insomma, come Cristo la chiesa ridiscendeva fra la gente, è non saliva obbligatoriamente con lui sulla croce”.


Qui inizia il commento che mi ha mandato Carlo

Sfugge forse ai più un particolare agghiacciante sulla vicenda che ha riguardato l’invito al Pontefice in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico della Sapienza a Roma: ed è proprio l’invito.
È incredibile che un Preside di Facoltà, con tutte le straordinarie personalità accademiche mondiali nel campo delle Scienze, pensi ad un Papa per l’inaugurazione di una Università laica e pubblica.
Un Papa che, non dimentichiamolo, pur affermando che non intende “affermare la fede con autorità” (e ci mancherebbe!!), dall’inizio del suo pontificato non ci ha mai fatto mancare la sua ‘opinione’ su tutte le leggi e i provvedimenti che venivano votati in Parlamento, con interviste e comunicazioni che suonavano come imposizioni ai politici di area cattolica. Che naturalmente baciavano il prezioso anello e si stendevano come zerbini sotto le immacolate scarpe.
Il Papa appare quotidianamente, anche se non ha sostanzialmente nulla da dire se non frasi di circostanza, nelle due principali edizioni del primo telegiornale pubblico italiano diretto a caro prezzo dall’ex laico Gianni Riotta con soldi pubblici, anche dei non cattolici. Il Papa riempie pagine intere di giornali intervenendo su tutto ciò che riguarda la sfera privata degli italiani. Il Papa ci dice come dobbiamo comportarci nel nostro giaciglio matrimoniale, e soprattutto dice ai politici chi può stare legittimamente in questo giaciglio. Il Papa impone una legge antiscientifica come la Legge 40, il Papa cavalca la moratoria sulla pena di morte solo per affiancarla alla sciagurata moratoria sulla legge che regola l’interruzione volontaria di gravidanza proposta dall’ormai sbandato Giuliano Ferrara e dell’ex comunista Bondi. Il Papa impedisce che, contrariamente al resto d’Europa, si legiferi sulle coppie che non intendono o non possono per motivi personali, sessuali o politici, contrarre matrimonio. Il Papa appoggia il Familiy Day, dimenticandosi che le coppie di fatto esistono, vivono, producono, pagano le tasse, hanno dei figli da matrimoni precedenti, e vanno non dico tutelate ma almeno censite e regolate. Il Papa vuole un Italia a sua Cattolica, Apostolica, Romana somiglianza. In modo aggressivo, spavaldo, ossessivo. Questa è la quotidianità su tutti o quasi i mezzi di informazione.
E’ inutile invocare Voltaire. Perché è giusto dare libera parola a tutti, ma è però necessario che questi tutti non approfittino della libertà che viene loro concessa. La mia libertà, diceva un altro saggio, finisce nel momento in cui limito la tua. Ecco, il Papa tedesco continua incessantemente ad approfittare di una libertà che gli è concessa, come capo di stato straniero, e che non è concessa a nessun altro, per limitare la libertà di un Paese come l’Italia, che ben altri problemi.
Forse è stata una cazzata l’iniziativa del gruppuscolo di autonomi della Sapienza, e forse non saranno grandi scienziati tra qualche anno. Ma temo molto anche per quei futuri scienziati che domenica andranno sotto la di Lui finestra a inneggiare all’oscurantismo vaticano di questi tempi, a partire dal ripristino della messa latina.

martedì 15 gennaio 2008

Lezioni di spagnolo

Lo ricordava domenica Eugenio Scalfari nel suo editoriale. Pochi giorni fa l’episcopato spagnolo, guidato dal vescovo di Madrid, ha portato in piazza un milione di fedeli per protestare contro la legge sul matrimonio dei gay. La vicepresidente del governo, signora Fernandez de la Vega, ha ufficialmente commentato la manifestazione con queste parole: “La società spagnola non è disposta a tornare ai tempi in cui una morale unica era imposta a tutto il Paese né ha bisogno di tutele morali. Tanto meno ne ha bisogno il governo che non le accetta”.
Lo so, e Scalfari del resto lo spiega molto bene, che l’Italia è una provincia papalina e una risposta del genere alle ingerenze della Chiesa non è nemmeno immaginabile. Aggiungiamo anche che il peso specifico del Papa in Italia è sicuramente maggiore di quello del vescovo a Madrid, pur con tutto il rispetto. Rimane il fatto che, volendo, si può alzare la mano e dire, pacatamente, siamo uno stato laico e dobbiamo legiferare tenendo conto di questo principio fondamentale. Ma il possibile, come disse qualcuno, è il limite mobile di ciò che uno è disposto ad ammettere. E in Italia, purtroppo, questo limite si sta pericolosamente accorciando, nemmeno più sulle direttive della santa sede, direttamente sulle aspettative: una sorta di risposta preventiva ad eventuali mal di pancia. Sarebbe invece un atto di rispetto, anche per la Chiesa, che il potere istituzionale mettesse una barriera tra la manifestazione legittima del magistero e le proprie decisioni politiche e di convivenza civile. Non a caso Scalfari ricorda lo storico Piero Scoppola, uno dei maggiori esponenti del cattolicesimo democratico, che nel 2001 scrisse: “La Chiesa sembra porsi di fronte allo Stato e alle forze politiche italiane come un altro Stato e un’altra forza politica; l’immagine stessa della Chiesa risulta appiattita sulle logiche dello scambio, impoverita di ogni slancio profetico, lontana dal compito di offrire ad una società inquieta e per tanti aspetti lacerata motivi di fiducia, di speranza, di coesione. Le responsabilità del laicato cattolico sono del tutto ignorate. La sorpresa e il disorientamento sono forti per tutti i cattolici che hanno assorbito la lezione del Concilio Vaticano II su una Chiesa popolo di Dio nella quale il ruolo della gerarchia non cancella ma anzi è al servizio di un laicato che ha proprie e specifiche responsabilità. Tra queste vi è proprio quella di tradurre nel concreto della vita politica e della legislazione di uno Stato democratico esigenze e valori di cui la coscienza cattolica è portatrice. E’ legittimo e doveroso per tutti i cittadini, e perciò anche per i cattolici, contribuire a far sì che le leggi dello Stato siano ispirate ai propri convincimenti ma questo diritto dovere non è la stessa cosa che esigere una piena identità tra i propri valori e la legge. E’ in questa complessa dinamica che si esprime la responsabilità dei cattolici nella vita politica. Urgente si è fatta l’esigenza della formazione del laicato cattolico alle responsabilità della democrazia. Perché mai l’Italia e i cattolici italiano debbono sempre essere trattati come il giardino della Chiesa?”.
Un’analisi dai toni pacati ma ferma nei contenuti, che non ha nulla a che fare con il pacatamente ossequioso e sussidiario. Confesso che per vissuto e convinzioni sarei più intransigente. Mi rendo conto però che il panorama esige percorsi più alti ed evoluti dei miei. Detto questo, lo spettacolo a cui assistiamo non è nemmeno lontano parente delle riflessioni di Scoppola. Prendiamo l’ultimo caso, il più emblematico perché non presenta equivoci etici o morali. Dalla santa bocca del Santo Padre escono pesanti critiche, fuori luogo e fuori contesto, sull’amministrazione della città di Roma e il sindaco Veltroni, che in un primo momento probabilmente deve aver pensato di trovarsi di fronte a Maurizio Crozza, incassa e mette il muso. Tocca quindi alle rispettive diplomazie lavorare sotto traccia per riparare lo strappo e la santa bocca torna a parlare per precisare quanto detto, come un Berlusconi qualsiasi. Il primo cittadino della capitale ha quindi potuto, pacatamente, tornare a sorridere. Mancava solo comparisse sullo schermo il giudice Santi Licheri: così è deciso, così è stabilito, l’udienza è tolta. Pubblicità.

mercoledì 9 gennaio 2008

Addio Lettera 22


Cambia l'esame di Stato per i giornalisti. La commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato in via definitiva una legge che stabilisce che per lo svolgimento della prova scritta di accesso alla professione é consentito l’uso del computer. Finisce un’epoca. Giusto così. Non solo l’obbligo di battere i testi sulla macchina per scrivere era diventato anacronistico, ma per i nuovi candidati era ormai quasi impossibile trovarne una disponibile. Solo un piccolo omaggio. La foto del maestro Montanelli che scrive con la mitica Olivetti lettera 22 poggiata sulle ginocchia nei corridoi del Corriere della Sera.

martedì 8 gennaio 2008

Rassegna stampa

E’ giusto che un nuovo partito, nel darsi delle regole di partecipazione e convivenza, pensi proprio a tutto. Scopriamo così da Repubblica di stamattina che la commissione etica del Pd ha inserito nella bozza del costruendo codice di comportamento l’invito al democratico chiamato ad incarichi di governo “a non modificare il mobilio del nuovo ufficio”. La sobrietà è importante e la norma che la sostiene è chiara: la scrivania conquistata non va cambiata, sperando anche di non perderla. Meno esplicita l’indicazione dell’eventuale laicità, da difendere sì, ma anche… I democristiani, pardon i democratici, dovranno impegnarsi nella “difesa del principio di laicità nel rispetto della libertà di coscienza”. L’eterno dilemma sull’opportunità di iscrizione anche ad altre associazioni viene risolto più o meno allo stesso modo: “I dirigenti e gli eletti comunicano la loro appartenenza ad associazioni massoniche”. Nessun accenno alla compatibilità tra le due tessere: si vedrà in seguito.
Nel frattempo il leader Veltroni, fedele al motto “i nemici di oggi possono essere gli amici di domani”, risponde a Giuliano Ferrara e si dice disponibile ad incontrarlo per parlare di aborto e varie amenità. E’ un mondo bellissimo. Peccato ci sia Napoli a rovinare i colori di questo bel quadretto. Anzi, no. Una soluzione alla spazzatura partenopea ci sarebbe e la propone un cittadino in una lettera, non si sa quanto goliardica, pubblicata sempre oggi da una free press: gettare i rifiuti nel termoutilizzatore naturale di cui dispone la città di San Gennaro: il Vesuvio. Una ventina d’anni fa un altro genio della lampada comparve a Portobello, fortunata trasmissione Rai condotta da Enzo Tortora, per suggerire come eliminare definitivamente la nebbia dalla pianura Padana: abbattere il monte Turchino. L’aria incanalata avrebbe spazzato le brume. Credo che l’idea non ebbe seguito per colpa della lobby ciclistica che non volle saperne di deviare lo storico percorso della Milano-Sanremo.

venerdì 4 gennaio 2008

L'aborto dell'elefantino

Giuliano Ferrara è un uomo indubbiamente intelligente, ama le provocazioni e gode alle reazioni, in maniera direttamente proporzionale al polverone che riesce ad alzare. Con tutta la buona volontà dubito che sia rimasto folgorato sulla via di Damasco. La moratoria sull’aborto è un’iniziativa politica con obiettivi ben precisi: dettare la linea ai conservatori scompaginando al contempo le carte in un Pd già arrancante di suo sulla legge elettorale e in attesa che i saggi incaricati di redigere la carta dei valori scrivano tutti i ‘ma anche’ necessari a non irritare nessuno dei possibili arruolabili: dal vecchio operaio ex comunista alla suora di clausura. Un partito che al momento appare più alla ricerca del quieto vivere che di un’identità politica, culturale ed etica: per costruirla bisognerebbe avere il coraggio di scegliere, o quantomeno una consapevolezza, talmente ovvia da sembrare banale: non si può piacere a tutti e avere avversari (anche nemici, perché no?) non è un peccato per cui è obbligatorio pentirsi e correre dal confessore. Ricercare un consenso dove non ci può essere, per storie e sensibilità diverse, è un delirio di onnipotenza o una volontà suicida. Costruirci le fondamenta di un partito è demenziale. La dimostrazione è che basta una qualsiasi provocazione, confezionata bene, e svacca tutto. E chi meglio di Ferrara conosce la materia (e i suoi polli)? La scelta dell'argomento (e i tempi) non è casuale: cosa c'è di meglio dell'aborto per mandare in fibrillazione tutti i teo-qualcosa dei diversi schieramenti? Basta gettare il sasso: al lavoro sporco ci pensano poi i pasdaran d’oltretevere che siedono in Parlamento e la solita grancassa mediatica, che invece di far ‘tana’ all'elefantino si nasconde dietro a quella merda che è diventato il diritto di cronaca. Personalmente non condivido questi modi: ritengo becero e pericoloso utilizzare un argomento così delicato per le donne - un dramma sempre e comunque quello dell’interruzione di una gravidanza, non dimentichiamocelo - per scopi di potere, o peggio ancora, per puro esibizionismo autoerotico.

Ferrara, il 'grande' malato

Ricevo da Carlo e volentieri pubblico (oltre a condividere)

Che Giuliano Ferrara sia un bischero è cosa nota a tutti. Che si diverta a provocare, spesso con arguzia e ironia, fa parte della vecchia scuola comunista cui appartiene ancora oggi. E non può certo nascondersi, data la mole, dietro ad un dito. Ma da qualche tempo arguzia e ironia, provocazione e intelligenza, hanno perso il sincrono.
Il punto di non ritorno è stata la ‘svolta’ clerical-conservatrice iniziata con l’avvicinamento alla chiesa cattolica (non nella fede - Ferrara fede non ne ha, a meno di svolte recentissime - ma ai valori, se così possiamo definirli, della chiesa apostolica e romana) e continuata con un drastico cambio di linea del suo giornale, divenuto oggi il battagliero organo (pagato con soldi pubblici) dei cosiddetti ‘teocon’. Insomma il peggio che l’Italia politica possa offrire agli italiani.
Al centro delle sue battaglie, dunque, la negazione delle conquiste in tema di diritti civili. Buona ultima, in questi giorni su tutti i giornali (che malauguratamente, perché poveri di idee e di spirito libero, offrono il fianco a queste sciocchezze), la ‘moratoria’ internazionale per combattere l’aborto, un seguito dalla tragica approvazione della legge 40 sulla procreazione assistita.

Non so se Ferrara crede davvero nelle battaglie che ingaggia. Ma la mia sensazione è che per lui queste battaglie siano terapeutiche. Questa sua ricerca estrema di polemica, che sembra rivolta all’esterno, in realtà è rivolta soprattutto verso se stesso: vuole cioè giocare a dimostrare di essere in grado di sostenere perfettamente e provocatoriamente una tesi contraria al sentire comune. Tanto bene da convincere anche nutriti gruppi di persone a seguirlo.
Una terapia che funziona, purtroppo, solo quando i temi dello scontro sono seri, magari riferiti a questioni etiche, in un Paese in cui la politica è già fortemente influenzata da una seccante e petulante presenza vaticana dal fastidioso accento tedesco.

Ecco dunque comparire l’idea della ‘moratoria’ contro l’aborto. Dopo 40 anni, una bella polemica sui diritti civili conquistati a fatica dagli italiani, lo fa stare meglio.
Peccato che questa volta la faccenda si stia facendo seria. E pericolosa, perché viscida, perché falsa. E perché da la sensazione di essere solo l’inizio di una arrogante cavalcata clericale destinata a colpire diritti di uomini e donne di questo martoriato Paese.
La follia dell’ultimo editoriale pubblicato il 3 gennaio è li da leggere. Si parla di ‘aborto di massa’, di eugenetica, di razzismo e sessismo…

“(…) Posso soltanto ripetere che nel quarantennio che ci divide dal 1968 il mondo è migliorato perché ha combattuto l’aborto clandestino e la pregiudiziale condanna di coscienza delle gestanti che non ce la fanno, anche con leggi di tutela dell’aborto in strutture pubbliche, ma è infinitamente peggiorato perché l’aborto di massa, che ha raggiunto e superato la cifra del miliardo, si è via via caratterizzato come aborto selettivo, come pianificazione familiare a sfondo eugenetico, razzista e sessista. Mancano all’appuntamento demografico duecento milioni di bambini, e solo in Asia. E’ aperta la via al designer baby, cioè alla fabbricazione del bambino oggetto”.

Ma poi ammette la sua malattia. Un po’ come il serial killer che lascia gli indizi agli investigatori:

“Non posso impedire ad alcuno, purtroppo nemmeno ad alcune persone che stimo, di pensare che queste idee siano una trouvaille propagandistica, un’arma di lotta politica o, peggio, un marchingegno per soddisfare ambizioni non confessate.(…). Non coltivo un rapporto di corridoio con il potere ecclesiastico, tutto il bene che penso della capacità di leggere questo tempo dei cristiani e delle loro chiese lo scrivo su questo giornale da anni, quando sia necessario con ironia e sempre con la massima disponibilità ad accogliere ogni tipo di dissenso. Sono felice e contento quando registro imbarazzi per ogni dove, e li rispetto e non polemizzo, e sono felice e contento quando registro adesioni sincere, logiche, argomentate in modo ineccepibilmente rispettoso della profonda, radicale laicità di tutta la questione, da grandi personalità cattoliche come il cardinale Camillo Ruini. Non sono teocon, parola buffa, non sono niente. Sono una persona, ho il compito di sollevare questioni pubbliche nell’ambito del mio mestiere, inteso come Beruf, come lavoro e vocazione, non come mestieraccio. E lo faccio senza esibizionismi, senza ricattare né giudicare alcuno. Lo faccio perché ci credo. Credo che mettere l’aborto, non fuorilegge, ma al di fuori della coscienza accettata di ciò che sono i diritti umani, sia cosa buona e giusta. Credo che si debba affermare in termini morali e spirituali, ma soprattutto di cultura della nostra esistenza, la libertà di nascere. Credo che si debba passare il 2008 a ripetere: “Fate l’amore, non l’aborto”. E a comportarsi di conseguenza nelle politiche pubbliche”.

Questo editoriale chiude una straordinaria stagione del Foglio. Per sempre. Ed è proprio l’ultima frase a far venire i brividi. Perché in sordina propone la creazione di uno stato etico, religioso, confessionale, sulla falsariga degli stati islamici da lui tanto amati.

Non me la sento di entrare nel merito dell’argomento perché non vorrei essere una goccia della medicina di Giuliano Ferrara.
Vorrei solo capire perché in Italia si vuole cambiare ciò che funziona e non risolvere i problemi enormi che sono davanti agli occhi di tutti, a partire da una Regione come la Campania che produce più rifiuti della Lombardia ma non vuole smaltirli. Un Paese che soffre di carenza energetica, che non ha più infrastrutture competitive, che non consente di averle, che ha una scuola pubblica sull’orlo del baratro, e strutture sanitarie pubbliche devastate. Un Paese che non fa più ricerca, che non compete più, in cui non esiste la certezza del reddito (ma che calcola le tasse in base a quello) e del diritto. Ma vi pare che le paranoie di Giuliano Ferrara meritino ascolto?

Vorrei però anche ricordare a tutti coloro che chiedono una revisione della 194 che prima di questa straordinaria conquista di civiltà, moltissime donne, cattoliche e non, pur di abortire finivano nelle mani delle mammane o di criminali che mettevano a repentaglio la loro vita e la loro salute.
Questa legge non obbliga le donne cattoliche, cristiane, musulmane e di qualunque altro credo religioso ad abortire (una donna che considera l’aborto un infanticidio può semplicemente partorire, magari ‘con dolore’) ma consente però a tutte le altre, cattoliche e non, che ritengono – a torto o a ragione – di non sentirsela di portare a termine una gravidanza, di non rischiare la vita e la salute come avveniva in passato.
Non c’è nulla di civile nel tentativo di privare le donne italiane di un diritto sancito da una legge approvata a grande maggioranza dal Parlamento e rimasta legge dopo una sonora sconfitta referendaria proposta proprio da coloro che oggi, sotto diversi nomi, ritentano una guerra di religione che non promette nulla di buono per la libertà di questo paese. A maggior ragione considerando che le identiche interruzioni di gravidanza sono possibili in tutti i civilissimi Paesi europei confinanti con l’Italia, che ha solo la sfortuna di ospitare il Vaticano.

giovedì 3 gennaio 2008

La famiglia

“Chi minaccia la famiglia, quella fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna, minaccia anche la pace”. Affermazione forte, che dice sostanzialmente due cose:
1) La famiglia, ma solo quella costituita da un maschio e una femmina (sin dalla nascita, s’intende) che ha contratto regolare matrimonio promettendosi il per sempre davanti a dio, ha, per una sorta di diritto acquisito, la titolarità della pace.
2) Di conseguenza, qualsiasi altro tipo di unione cova in sé, più o meno inconsapevolmente, una cattiveria pronta a manifestarsi in ogni momento, minacciando il vivere sociale e soprattutto la famiglia di cui sopra (quella fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna), unica coltivatrice e dispensatrice di pace.
Considerazioni.
1) Sarebbe troppo facile ricordare le giornaliere violenze famigliari, aberranti in quanto tali e quindi nemmeno classificabili in ordine di gravità. Pensiamo soltanto a quando una famiglia con sacramenti regolari è chiamata a discutere un argomento come l’eredità, sia che si tratti di patrimoni ingenti che di risibili proprietà: più che un’immagine di armonia e pace, rimanda quella di un grande Risiko.
2) C’è una parte d’Italia dove famiglie di solidità granitica, basate sul matrimonio tra un uomo e una donna, si combattono da e per decenni, in alcuni casi sino allo sterminio. Faida, si chiama, ed è l’antenata della guerra.
3) C’è una parola molto bella nel vocabolario italiano ed è rispetto. Rispettare l’altro da sé in quanto individuo, nella sua diversità e complessità, senza giudizi morali o magnanime tolleranze, che implicitamente sottintendono una pur minima superiorità, è forse l’unico principio da cui far discendere la pace. L’affermazione iniziale si fonda su un principio a negare: negare tutto ciò che non è postulato. Escludere a prescindere non è un buon approccio, perlomeno se lo scopo ultimo è, come si dice, la pace. Credo comunque che il disegno sia molto più complesso e che l'obiettivo sia politico. Ma questa è un'altra storia. O forse è sempre la stessa storia.