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venerdì 20 dicembre 2013

Dal Vangelo secondo...

Uscendo per andare a scuola la mia signora mi dice: ti va se ci vediamo in duomo vecchio alle 3 e mezzo? C’è una mia allieva che canta. Va bene, dico. Alle 3 e 25 sono davanti all’entrata e la chiamo. Finisco la lezione e arrivo, tu entra pure. Mi levo il cappello, perché mi hanno insegnato così, e varco la soglia della splendida concattedrale romanica. Appena dentro una signora con fascia rossa al braccio e una pila di fogli in mano mi chiede: lei è un lettore del Vangelo? Minchia. La capacità della mente umana di elaborare concetti in frazioni infinitesime di secondo è impressionante. Nell’ordine ho pensato, dopo il minchia di cui sopra: adesso anche in chiesa interrogano e subito dopo: però oggi aveva detto che avrebbe spiegato, bieca giustificazione alla mia impreparazione ma che ho subito scartato, perché non avrebbe fatto onore ai miei quasi cinquant’anni e alla mia barba bianca. A togliermi dall’imbarazzo è arrivata, un secondo dopo, l’alternativa: o ascolta soltanto? A quel punto, per evitare una terza via (non al socialismo), e visto che in questa seconda dimensione mi sembrava di poterci stare comodo, ho risposto di getto: io o ascolta soltanto. Minchia. Forse era meglio: però oggi aveva detto che avrebbe spiegato. Anyway. La mia signora è arrivata a breve distanza e sarà stato il basco rosso o la faccia da profe comunista ma a lei non ha osato chiedere nulla, sperando forse che fosse il luogo a compiere il miracolo della conversione. Quindi, ignara di tutto, si è accomodata ad ascoltare quello che abbiamo scoperto essere un reading di 36 ore del Vangelo, intervallato dalla musica degli allievi del locale liceo musicale. Tutto molto bello, non vorrei essere frainteso. Anche perché i singoli evangelisti venivano introdotti e contestualizzati da una teologa che lasciava poi il compito di leggerne i brani a cittadini che si erano probabilmente iscritti a suo tempo. Che ne dici se ci andiamo a bere qualcosa di caldo? mi dice quella col basco rosso, guardando il programma. Il prossimo intervento musicale e tra un’ora. Va bene, dico. La signora con fascia e intatta pila di fogli ci vede andar via e abbassa gli occhi. Dopo poco però torniamo e siccome io so, a quel punto negli occhi le leggo un misto di stupore e di gioia, che ricambio, bastardo, con un sorriso e un eccoci di ritorno, che mi fa vergognare sin nel profondo, soprattutto quando sento quelli sotto il basco rosso che mi guardano interrogativi. Facciamoci un giro da Feltrinelli, propone ancora la mia di signora. L’organo e la tromba sono alle 7 e mezzo. Che detto così pare brutto e anche un po’ blasfemo, ma anche a utilizzare perifrasi, tipo lo strumento con le canne, non se ne esce, quindi la chiudo qui e chiedo venia. Da Feltrinelli ci stiamo per più di un’ora e quando torniamo entro in duomo come se scendessi dalla scaletta dell’aereo alzando la coppa del mondo, aspettandomi l’applauso e la standing ovation degli astanti. Non ci sono andato molto lontano. Alla solita donna all’entrata si era nel frattempo aggiunto un ragazzo e quando lui, diligente, fa per chiederci se siamo, oppure, lei lo interrompe, e sorridendomi complice dice: no, loro sono nostri affezionati. Da sotto il basco percepisco sempre più perplessità, ma in qualche modo dovevo pur riscattare io o ascolta soltanto del pomeriggio.