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giovedì 30 dicembre 2010

Fiat voluntas sua

Pomigliano avrebbe dovuto rappresentare l'eccezzione. Invece è arrivato Mirafiori. A chi anche a sinistra continua ad ammirare Marchionne e il suo maglioncino, l'invito è a leggere questa intervista a Sergio Cofferati, che non è quel che si dice un rivoluzionario.


• Loris Campetti


Tutte le ragioni della Fiom

Sergio Cofferati, europarlamentare del Pd con esperienze alle spalle che segnano, da segretario della Cgil a sindaco di Bologna, ci tiene a fare una premessa: «Io sono un riformista moderato, lo sai, e non sono diventato improvvisamente radicale». Lo so, e sono pronto a testimoniarlo in ogni sede, rispondo. «È ridicolo pensare che io abbia cambiato natura perché condivido le battaglie della Fiom per impedire il totale smantellamento delle relazioni industriali, praticato da Marchionne per colpire la Fiom, la Cgil e, soprattutto, i lavoratori e i loro diritti sanciti dalla Carta costituzionale e dallo Statuto».



Sulla vicenda di Pomigliano avevi espresso, proprio sul manifesto, un giudizio molto negativo. Come commenti l'accordo separato di Mirafiori?

Molto negativamente. È un «accordo» addirittura peggiore di quello di Pomigliano e conferma che nella fabbrica napoletana non si agì in uno stato di necessità, si voleva dare inzio a una strategia oggi confermata e aggravata a Mirafiori. Le newco vengono usate per azzerare i diritti individuali e collettivi sanciti da accordi pregressi. Si cancella il contratto nazionale, è ridicolo esaltare il valore del contratto aziendale, che da che mondo è mondo si chiama contratto di 2° livello, il 1° è il contratto nazionale. A Mirafiori si scavalca il modello Pomigliano cancellando il diritto a contrattare, e persino a essere rappresentato, al sindacato che non firma l'accordo. In quell'«accordo» si dice alla Fiom: o firmi o ti cancello. Il perché è chiaro: la si vuole espellere dalle fabbriche perché è l'unico sindacato che contratta, discutendo la strategia complessiva della Fiat.



Qualcuno disse, a sinistra e in Cgil, che Pomigliano era un unicum, irripetibile e la Fiom avrebbe dovuto far buon viso a cattiva sorte, poi tutto sarebbe tornato alla normalità...

Si può sbagliare valutazione, credere in buona fede che Pomigliano rappresentasse l'eccezione e non l'inizio di un nuovo sistema di relazioni che cancella persino il diritto di sciopero. Ma chi disse «bisogna fare di necessità virtù» oggi non riconosce la sua miopia e arriva a giustificare anche l'obbrobrio di Mirafiori.



Tu hai un'antica frequentazione e unità con Cisl e Uil, anche se in momenti straordinari hai fatto con la Cgil scelte solitarie. Come interpreti la loro firma a Mirafiori?

È autolesionismo. Come spiegano a una persona normale che 15 giorni dopo aver rifiutato di firmare l'estromissione di un sindacato giovedì hanno apposto la loro firma sotto il testo di Marchionne, che nel frattempo non era cambiato di una virgola? Fim e Uilm hanno rinunciato a svolgere un ruolo contrattuale, condannandosi alla subalternità e, alla lunga, alla scomparsa.



Dio acceca chi vuol perdere?

Penso che l'unico sindacato che manterrà una rappresentanza reale è la Fiom, chi firma testi come quello rinuncia a ogni ratio negoziale.



Cosa c'è dietro l'attacco alla Fiom?

Una strategia pericolosissima: si punta a recuperare margini di profitto ridimensionando i diritti individuali e collettivi e aumentando lo sfruttamento, tralasciando quel che l'azienda produce, o meglio non produce. Marchionne teorizza che il piano è roba sua e assegna agli enti locali un ruolo ancor più ancillare di quello attribuito ai sindacati, assegnando loro il solo compito di occuparsi delle gravi conseguenze sociali delle scelte aziendali. Anche per i sindacati parlo di un ruolo ancillare, perché la rappresentanza è considerata accettabile solo se non è conflittuale.

Se lo strappo di Mirafiori è così grave, come valuti le reazioni sottotono, i silenzi, quando non il consenso aperto a Marchionne che si registra tra le forze democratiche e nel tuo partito?

Trovo grave che persino la cancellazione dell'accordo del '93 sulle rappresentanze sindacali passi in silenzio, anche da parte di chi quell'accordo aveva giustamente voluto. Sono preoccupanti certe affermazioni e i silenzi nel Pd, c'è chi non si rende conto che la strategia della Fiat è regressiva. Ripeto, posso ammettere che qualcuno in buona fede abbia sottovalutato la portata dell'accordo di Pomigliano, ma su Mirafiori che lo conferma in peggio non può esserci accettazione in buona fede.



La nuova segretaria della Cgil, Susanna Camusso, critica la strategia di Marchionne ma non risparmia accuse alla Fiom annunciandone la sconfitta e promette un serrato confronto con la Confindustria.

Io nel mio lavoro in Cgil ho avuto sempre rapporti vitali con la Fiom, a volte anche dialettici. Ma ora non si può non capire che l'attacco di Marchionne è di una gravità inaudita, anche un cieco può vederlo. È come se Berlusconi decretasse che chi non è d'accordo con lui non ha diritto a presentarsi alle elezioni. In alcuni settori della Cgil si rischia di sottovalutare l'effetto della linea Marchionne. E chiedo: che senso ha discutere di regole con la Confindustria, proprio qualndo la Fiat decide di uscire da Federmeccanica e Confindustria? Non vedo alcuna sconfitta della Fiom, che ha un atteggiamento sindacalmente razionale e rigoroso e aumenta i consensi in tutte le fabbriche in cui si rinnovano le Rsu.



Dunque è sbagliato accusare la Fiom di rigidità?

Come si fa a dirlo? Io constato che quel che avviene nell'imprenditoria metalmeccanica non avviene tra i chimici. Mi si può contestare che nella chimica c'è una produzione ad alto valore aggiunto, e allora parliamo dei tessili: ne gli uni né gli altri hanno avanzato strategie che richiamino, sia pur lontanamente, i diktat di Marchionne.



L'accordo separato di Mirafiori è contestuale allo spettacolo indecente del governo e del parlamento rispetto alle proteste studentesche e allo schiaffo di Tremonti all'informazione democratica.

In ambiti diversi c'è lo stesso attacco, teso a ridurre gli spazi di democrazia ed è grave che non generi reazioni adeguate alla pericolosità del momento, per la sinistra e non solo.



Non trovi che ci sarebbero tutti gli ingredienti perché la Cgil proclami lo sciopero generale?

Le condizioni ci sono tutte, a partire dalla crescita della disoccupazione soprattutto giovanile e dai tagli allo stato sociale che sortiranno effetti drammatici nei prossimi mesi. Penso dunque che la Cgil potrebbe proporlo a Cisl e Uil; qualora la risposta fosse negativa, lo sciopero generale potrebbe essere promosso comunque dalla Cgil, nella logica prosecuzione delle iniziative di questi mesi.

mercoledì 22 dicembre 2010

La notte mundial

La sera della finale del Mundial '82 ero a Marina di Massa. La partita l'ho vista in una delle tante tv accese nelle verande del campeggio dove ero accampato con il mio amico di sempre: accampato, è proprio il caso di dirlo, nell'unica piazzola rimasta libera - e non era un caso, visto che confinava con le cucine - in una canadese militare presa a prestito, con un solo materassino che si sgonfiava durante la notte, un unico sacco a pelo e la barba di una settimana. Ricordo ancora adesso la sindone di terra e sassi che mi si stampava sulla schiena, sia che dormissi sul materassino, sia nel sacco a pelo, che all'inizio, da buoni amici, ci scambiavamo, nella vana speranza di trovare conforto nell'uno o nell'altro almeno per una notte: un rito del tutto inutile che abbiamo comunque perpetrato sino alla fine del soggiorno, perchè i patti vanno rispettati fino in fondo. Di quella sera dell'11 luglio 1982 ricordo ancora la ragazzina bionda tedesca vicino a me: ricordo soprattutto le tette, che fecero vacillare pericolosamente il mio amor patrio di fronte al dilemma se tifare apertamente per la nazionale di ZoffGentileCabriniOrialiCollovatiScireaContiTardelliRossiBergomiGraziani, allenatore il signor Enzo Bearzot, o se, per dovere di ospitalità, gentilezza, galanteria,sentimenti nobili che contrastavano con il mio aspetto e l'indecoroso abbigliamento, o più prosaicamente per le tette, avrei dovuto limitarmi ad assistere alla disfida e gioire dentro, sperando in un dopo partita di festeggiamenti, a prescindere dal risultato. Anche perchè la biondina dimostrava di essere tutt'altro che insensibile ai sorrisi, e la mia fantasia si era già apparecchiata un bel finale sulla spiaggia. Quando Cabrini ha sbagliato il rigore avrei ululato, ma lei mi ha piantato addosso i suoi occhi teutonici ed io ho fatto una faccia falsa come giuda iscariota, che diceva e non diceva, e comunque non faceva trasparire troppo scoramento per l'occasione mancata, come invece tutti quei beceri compatrioti davanti allo schermo. Ad accorgersi della nostra liaison, probabilmente richiamata dall'urlo dei miei ormoni di diciottenne, è stata la madre, che guardando verso di me ha detto qualcosa in crucco al marito: un uomo con un peso specifico importante, così come la pancia, che si è messo subito tra noi nella rappresentazione,anche politica, del muro di Berlino. Non avendo mezzi per contrappormi alla storia, al gol di Pablito Rossi ho perso i freni inibitori e incurante del muro, della pancia, e rendendo omaggio alle tette della biondina, ho gridato quanto e più di Tardelli, che di lì a poco ci avrebbe regalato una delle più belle immagini di gioia della storia del calcio. La terza rete di Spillo Altobelli, con il presidente Pertini che si alza in piedi e dice: adesso non ci raggiungono più, ha dato il via all'apoteosi. Il muro di Berlino si è sgretolato con qualche anno d'anticipo. Andandosene, si era purtroppo trascinato via anche la figlia. Ci siamo guardati un'ultima volta e sono sicuro che entrambi abbiamo pensato: mondiali di merda. Ma è durato poco. Nando Martellini ha liberato il suo triplice campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo, ed è stata subito festa, per tutta la notte.

martedì 21 dicembre 2010

lunedì 20 dicembre 2010

Dopo il Daspo, il Gaspo

Dopo il Daspo, il Gaspo. La proposta di arresti preventivi per evitare disordini alle manifestazioni è fascistissima ma non stupisce più di tanto. Soprattutto non va derubricata a barzelletta, dando credito alla rappresentazione che la satira fa del suo autore. Certo verrebbe da dire che è nei momenti di particolare debolezza psichica - da tasso alcolico, o da spalle al muro sommersi dai problemi - che si perdono i freni inibitori e che la verità del pensiero viene a galla. E il pensiero del capogruppo dei senatori del partito che vorrebbe essere liberale e guardare ai moderati è quello lì e non un altro. Vale la pena però stare con gli occhi aperti, perché le dichiarazioni del sottosegretario Mantovano (Daspo) e dei ministro Maroni e Alfano a cui hanno fatto seguito quelle ancor più becere di Maurizio Gasparri, sono prodromi di un disegno nemmeno troppo nascosto: “Il governo, politicamente debole, sordo alle difficoltà del Paese, lontano da una società che umilia, vuole rilanciare se stesso inventando una nuova emergenza. Addirittura un'emergenza "terrorismo". Secondo una leadership politica che fa vanto di essere stata fascista (La Russa, Gasparri, Alemanno), "terrorismo" sarebbero le manifestazioni di protesta contro la "riforma Gelmini" e potenziali "terroristi" chi vi partecipa” (Giuseppe D’avanzo, Repubblica).


Finirà anche questa volta, scrive Giorgio Bocca. E se lo dice lui bisogna crederci. Finirà anche questo riflettersi della maggioranza nello specchio del premier, che “ha fatto degli italiani suoi complici, che riconoscono nei suoi difetti i loro difetti, la loro furbizia, il loro gallismo, i loro piaceri plebei, la loro voglia di harem, il loro squadrismo”. Il problema è che il prezzo da pagare si alza ogni giorno di più, soprattutto se alle rivendicazioni di una piazza esasperata dalla prospettiva del nulla si risponde con provvedimenti di ordine pubblico. Stiamo attenti e speriamo che mercoledì gli studenti riescano a isolare gli infiltrati alla loro manifestazione, che sicuramente ci saranno: ricordiamoci di Genova 2001, di chi fu la responsabilità dei disordini e della morte annunciata di Carlo Giuliani. Sempre D’Avanzo su Repubblica: “Oggi vale la pena soltanto rinnovare una preoccupazione che sarà opportuno che sia condivisa nelle prossime ore. Contro un movimento di giovani che rifiuta un progetto di ordine sociale, che si oppone a un'eterna precarietà, alla caduta di ogni garanzia di eguaglianza e chiede opportunità e futuro, il governo decide di rafforzare se stesso preparando il peggio. Evoca un "diritto di polizia" e un uso della violenza. Accende la rabbia. Eccita gli animi meno consapevoli. Cinicamente fa di conto: nuovi disordini gli fanno gioco, debole come è. È questa la funesta trappola che, a partire da oggi, i "movimenti" dovranno aggirare con lucidità e intelligenza”.

venerdì 17 dicembre 2010

Bersani, dì qualcosa di sinistra!

La deriva politica, economica e sociale imporrebbe una presa di distanza netta dal berlusconismo, anche o soprattutto in funzione della costruzione di un’alternativa culturale diversa. E’ nei momenti di grande crisi, secondo me, che si deve dare un’indicazione precisa ai cittadini e non cercare accomodamenti  innaturali, anche se temporanei per superare una fase delicata. La storia recente ci ha insegnato che sono i partiti o i movimenti con una connotazione chiara ad ottenere il consenso: alleanze solo di potere o contro il nemico comune del momento non portano lontano, oltre ad allontanare l’elettorato da una rappresentanza ormai non più tale nemmeno nelle urne. L’apertura al terzo polo del segretario del Pd Bersani, nell’intervista rilasciata oggi a Repubblica, è l’ennesima occasione persa di dire qualcosa di sinistra. Che magari non porterà al governo del paese, ma probabilmente aiuterebbe molti a ritrovare un senso di appartenenza e una collocazione. E non è solo una questione ideologica, che comunque sarebbe più che sufficiente. La dimostrazione dell’impraticabilità e dei possibili danni di una coalizione anomala arriva dalle dichiarazioni al Corriere della Sera del deputato Udc  Enzo Carra, peraltro eletto nelle liste del Pd. "Se ci mettiamo a discutere di temi etici io non vado avanti, ma neanche altri. Su questioni come testamento biologico o eutanasia Pezzotta e io, la Binetti e Casini, ci troveremmo distanti da Fini o La Malfa (...) Nessuno deve avere la password del tema etico, perché non è questo il terreno dove stiamo entrando. Se facessimo un partito, le tensioni sarebbero inevitabili (,,,) Non voglio entrare nelle convinzioni etiche e civili di Fini. Dobbiamo fare insieme un tratto di strada importante, mi fa piacere trovarli e che loro trovino me, ma non è una promessa di matrimonio (...) Il coordinamento parlamentare ha una certissima utilità: è il tentativo di mettere assieme un centinaio di parlamentari che facciano un'opposizione responsabile e pronta al confronto (...) Il terreno di confronto è legislativo, non ce ne può essere uno politico. E' un passaggio solennemente tattico”. E il Pd intende perdere ancora tempo a dialogare con questa gente?

martedì 14 dicembre 2010

Fiducia

Adesso si tratta di capire se i nuovi arrivi nella squadra di mister B sono in prestito, in comproprietà con diritto di riscatto o a titolo definitivo. Di sicuro hanno avuto un adeguamento consistente del contratto, peraltro non giustificato dalla caratura dei personaggi - nemmeno panchinari di lusso, detto in tutta sincerità - e questo alla lunga può essere destabilizzante nello spogliatoio, creare malumori. Soprattutto se mister B deciderà di dare a questi nuovi arrivi delle chances in più, non rispettando le gerarchie interne. Ma la notizia che mi ha lasciato l'amaro in bocca è un'altra. Questa mattina l'onorevole Giulia Bongiorno, in dolce attesa, è stata accompagnata nell'aula di Montecitorio in carrozzina. Al suo arrivo molte deputate sono andate a salutarla e, presumo, a farle gli auguri per la gravidanza. Molte ma non le ministre e le sottosegretarie del pdl, sedute a due passi, Nemmeno suor Roccella, che battezzerebbe anche le polluzioni notturne degli adolescenti, ha alzato lo sguardo verso la presidente finiana della commissione giustizia.

In un paese normale

Succede che il solito interregionale stamattina è ingiustificatamente in orario e proprio per questo, improvvisamente e senza apparente motivo, si ferma 10 minuti nelle campagne tra Peschiera e Verona. Succede che un signore chiede al capotreno se riuscirà a prendere la coincidenza per Bologna e questo gli dice che no, purtroppo il treno non farà in tempo a raggiungere la stazione di scambio, ma che una volta a Verona potrà rivolgersi al servizio clienti e con un supplemento di 8 euro gli sostituiranno il biglietto e potrà salire sul convoglio successivo. In un paese normale il capotreno in questione si sarebbe scusato con il signore per il disagio, gli avrebbe assicurato la massima assistenza del servizio clienti e gli avrebbe garantito non solo un nuovo biglietto ma l'upgrade gratuito per una classe superiore di viaggio. In un paese normale.

lunedì 6 dicembre 2010

Domande

Quando sono nati, ormai diversi anni fa, i magazine allegati ai quotidiani erano più che altro un ricettacolo di pubblicità: un peso morto da lasciare all’edicola o, in alternativa, una buona ragione per acquistare quel giorno un altro quotidiano. Nel corso del tempo c’è stata un’evoluzione editoriale e, pur mantenendo una consistente quota parte di pubblicità, anche questi giornali si sono arricchiti di articoli e rubriche che ne giustificano il ritiro dall’edicolante. Prendiamo D di Repubblica, per esempio. Soprattutto da quando è diretto da Cristina Guarinelli, non mancano spunti intelligenti e proposte di lettura. A me piace la rubrica delle Domande con cui si apre la rivista, ispirata da una frase di Yves Montand e Barbra Streisand tratta dal film L’amica delle 5 e mezza: “Credo che le risposte rendano saggi, ma le domande rendano umani”. Domande che, come si legge, nascono da personaggi pubblici e non, che con la loro straordinaria fantasia creativa ispirano di volta in volta la pagina. Qualche esempio particolarmente felice:



1) Dimettersi è reato?

2) Il PDF, in fondo, qualche possibilità ce l’avrebbe?

3) Il damone è una drag queen?

4) Dopo le medicine che cominciano con la Z c’è solo la magia?

5) L’abbassa-lingua usato dall’otorino è il primo tradimento?

6) Quando vi fate una tazza di tè è perché è successo qualcosa o vorreste che non succedesse niente? Detto in altro modo: il tè è la vostra aspirazione al nulla? Controprova: qualcuno ha mai fatto qualcosa di rivoluzionario dopo aver bevuto una tazza di tè?

7) Quando vi trovate per caso da soli nelle cucine degli altri, perché è così sexi aprire il frigorifero e perlustrare i vari scomparti, come se steste guardando per la prima volta un cavolfiore o una bottiglia di champagne? E’ perché sono cibi che non vi conoscono?

8) Un giorno spiegheranno che l’apparato sessuale è soltanto il primo di una lunga serie di social network?

venerdì 3 dicembre 2010

Telecamere spente

Quando si parla di un’Italia diversa, anche nel dolore, nella compostezza dei sentimenti, si fa riferimento a quella che non va in scena a Brembate, nel senso che respinge con garbo ma senza appello la violenza mediatica dei talk show e per la risoluzione di questo enigma si affida, in silenzio, alle forze dell’ordine. Mi permetto di copiare in proposito quanto scrive oggi il vicedirettore della Stampa Massimo Gramellini.


Quanto mi piace l'Italia di Yara, la ragazzina scomparsa una settimana fa. Mi piace il suo cellulare con solo dieci numeri in rubrica: un mondo piccolo di affetti seminati in profondità, perché voler bene richiede tempo e troppi amici significa nessun amico. Mi piace la sobrietà dei suoi genitori che non fanno appelli, non si affacciano ai talk show e respingono la fiaccolata proposta dal parroco: il dolore è una cosa seria, metterlo in piazza non significa condividerlo, ma svenderlo. E mi piace il contegno del suo paese, Brembate, dove nessuno rompe la consegna del silenzio. Ogni tanto spunta un microfono sotto qualche naso infreddolito, ma la reazione è sempre un diniego, un passo che accelera.


E' una storia priva di emozioni e gonfia di sentimenti, quindi poco televisiva e molto viva. Il parallelo con il circo di Avetrana sembra inevitabile, ma non è il caso di farne l'ennesima puntata di un derby Nord-Sud. Il nonno-padre-marito delle vittime di Erba era lombardo eppure il giorno dopo stava già in televisione a perdonare tutti come se il perdono fosse un vino novello che gorgoglia dall'uva pestata anziché un barolo da lasciar riposare per anni affinché sgorghi saporito e sincero. Nessuno si sarebbe appassionato ai mondi cavernosi dello zio e della cugina di Sarah Scazzi se la televisione non li avesse resi popolari prima che si accertassero le loro responsabilità. A quel punto è stato come se la polizia avesse arrestato due vip.


A Brembate va in scena un'altra storia, un'altra Italia a cui ci stringiamo in silenzio come piace a lei.


Massimo Gramellini

giovedì 2 dicembre 2010

Cattiverie

Alla fine il direttore di Rai tre e gli autori di Vieni via con me hanno resistito alle pressioni dei gruppi pro life. Una replica al racconto di Mina Welby e Beppino Englaro avrebbe significato ammettere l’esistenza di una cultura della morte contro una della vita. Non era così e bastava essere intellettualmente onesti per capirlo. Ma ammetterlo avrebbe significato anche uscire da una logica di contrapposizioni e comprendere la bellezza di una scrittura che ha rotto gli schemi di una televisione cencelliana, sempre attenta a non disturbare o, peggio, ad autocensurarsi in nome del quieto vivere. Come era prevedibile ci hanno poi pensato l’Arena e Porta a Porta a ricondurre tutto nell’alveo della normalità: conosciuta, riconoscibile, e proprio per questo sufficientemente sedativa. Non è bastato. Non è bastato il contromegafono attraverso il quale puntualizzare qual è la verità, l'unica possibile, peraltro nemmeno messa in discussione. L’affronto doveva essere sanzionato, perché la logica perversa degli integralismi prevede che ad un'azione considerata indegna faccia seguito una punizione esemplare. A renderla pubblica ci ha pensato il sottosegretario alla salute Eugenia Roccella. Il 9 febbraio – ha annunciato - sarà istituita la Giornata nazionale degli stati vegetativi. Il 9 febbraio è la data della morte di Eluana Englaro. Per me questa si chiama cattiveria.