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lunedì 22 maggio 2017

Uomini

L'avevo già visto altre volte in stazione. Un omino vestito dignitosamente, un po' in disparte rispetto agli altri disperati che di solito condividono le loro solitudini. Ricordo che gli avevo anche offerto un panino. Son due giorni che non mangio. E io a chi mi dice che ha fame non so resistere. È la mia debolezza. Stamattina ero intento a scrivere un messaggio in attesa del treno e mi sono accorto della sua presenza solo nel momento in cui mi ha detto buongiorno. Buongiorno. Posso? Certo. Non è che potrebbe pagarmi un panino, non mangio da ieri.  Quegli occhi tristi me li ricordavo. Stavolta a colpirmi è stata la bontà di quegli occhi. Gli ho dato le monete che avevo in tasca, sufficienti per il panino. Ha sorriso. Mi ha chiesto dove andavo di bello. A Milano. Beh allora non va molto lontano. Vado per lavoro, ho sorriso a mia volta. Io il lavoro non ce l'ho. Sono uscito dal carcere, nessuno mi da più una mano. Ma vado avanti. Cosa vuole che faccia? Di sicuro non rubo. In carcere non ci voglio tornare. Chiedo un panino, sempre con gentilezza, come a lei. Sono rimasto ad ascoltarlo: non aveva un tono di rimprovero per come stava andando la sua vita. Aveva solo voglia di un contatto umano. Mi spiace solamente non poter aiutare le mie figlie. Sono all'Università, a Perugia. La più grande l'anno prossimo si laurea. È una bella soddisfazione, gli ho detto. Magari le sue figlie potranno aiutare lei presto. Dovrebbe essere il contrario. Però abbiamo un buon rapporto. Ci sentiamo. Le chiamo. Anche loro mi chiamano. Poi ha abbassato gli occhi. Coraggio. Grazie ancora, vado a mangiare il panino.