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giovedì 13 dicembre 2007

Sotto tir(o)

Il blocco degli autotrasportatori imporrebbe una riflessione più approfondita. Le lunghe code davanti ai distributori di benzina, gli scaffali dei supermercati vuoti, le tonnellate di derrate alimentari mandate al macero, la moria di animali per mancanza di mangime sono solo la conseguenza dello stop, non il problema. Pesante e insopportabile quanto si vuole, ma solamente la conseguenza. Il primo dato che emerge, lo sappiamo già, è la supremazia assoluta nel nostro Paese del trasporto su gomma rispetto a tutte le possibili alternative, comprese quelle marittime e fluviali, vista la geografia dell’Italia. Il secondo viene da sé: una corporazione con un potere così ampio, quasi assoluto, non solo è in grado: si sente in diritto di tenere in ostaggio una nazione. Come dice il prof. Mario Morcellini, preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione della Sapienza di Roma, oggi l’album delle rivendicazioni corporative indica il rischio dell’individualismo e la deriva dello spirito di coesione. La protesta degli autotrasportatori è inquietante perché non c’è una riflessione adeguata sulle forme di lotta contro l’interesse pubblico, così come una percezione chiara del danno all’idea di società, evidente nelle performance comunicative del corporativismo. Se le singole categorie difendono esclusivamente il proprio ‘particulare’ – dice Morcellini - già questo è un documento interessante dei cambiamenti sociali. Ma è soprattutto un segno eloquente dei nostri tempi: estremismo nei confronti della mediazione politica; liquidazione di qualunque analogia con le tradizioni di lotta del mondo sindacale e del suo sforzo per coniugare rivendicazione e compatibilità, determinando la sensazione di una totale indifferenza per l’immagine sedimentata dai media e dal sentimento comune. E quando le categorie si comportano come individui – conclude Morcellini - il codice etico di soggetti collettivi rischia di sfumare nel codice penale.

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