Translate

martedì 29 gennaio 2013

Ritirata

L'associazione telespettatori cattolici ha ritirato la denuncia contro Corrado Guzzanti per oltraggio alla religione (vedi post precedenti). Un successo raggiunto grazie anche alla petizione online a sostegno dell'artista promossa da Articolo 21 e Change.org, che in poco tempo ha raccolto 54 mila firme. Guzzanti ha voluto ringraziare tutte le persone che l'hanno appoggiato, quorum ego, attraverso una lettera al sito che replico qui sotto.

Un enorme grazie agli amici di Articolo21 e di Change.org, per aver promosso la petizione in mia difesa e a tutti quelli che l’hanno diffusa e firmata. Con l’occasione ringrazio anche molti giornalisti che hanno preso le mie parti scrivendo della querelle tragicomica di Padre Pizzarro. Ciò detto è probabile che abbiamo sopravvalutato tutti le minacce dell’Aiart, associazione che pretende di rappresentare i telespettatori cattolici, di cui né io, né voi, né i telespettatori cattolici avevamo mai sentito parlare.


Vorrei innanzitutto precisare, anche se è stato già fatto altrove, che La7 non stava mandando in onda un mio nuovo programma, ma la ripresa televisiva di uno spettacolo teatrale del 2010, già replicato su Sky decine di volte, e anche in chiaro sul canale del digitale terrestre “Cielo”, pubblicato in DVD, presente da tempo su youtube etc. L’Aiart poteva legittimamente non esserne a conoscenza, o essere stato appena fondato e voler recuperare il tempo perduto, ma non lo era neanche del fatto che i reati di opinione, insieme al vilipendio ecc. sono stati fortemente ridimensionati nel nostro ordinamento. Gli attuali limiti della satira, si parli di politica o di religione, si riducono sostanzialmente alla calunnia o all’insulto personale, per i quali la legge, come è noto, prevede il diritto di querela. Dunque paradossalmente avrei più speranze io di sfidare l’Aiart in tribunale per le parole offensive che mi rivolge nei suoi comunicati, senonché l’ultimo di ieri, in cui si dice soddisfatta delle mie scuse, estorte per gioco in una gag de “Le Iene”, mi ha riempito il cuore di tenerezza.

In merito all’offesa confesso di non capire esattamente cosa sia il “sentimento religioso” perché sfortunatamente non ne sono dotato. Ho sempre pensato che essere intimamente credenti non possa essere troppo diverso dall’essere intimamente liberali, o socialisti, o vegani. Si tratta di amare e riconoscersi in delle idee, in una visione della società e del mondo, e le idee non sono sacre e intoccabili solo perché noi crediamo così fortemente in esse; vivono nel dibattito pubblico, confrontandosi e dovendo convivere con idee diverse e a volte opposte. Spero di non offendere nessuno se affermo che l’esistenza di un creatore, l’inferno, il paradiso, l’immortalità dell’anima, il giorno del giudizio ecc. siano, fino a spettacolare prova contraria, soltanto delle idee, delle opinioni che si è liberissimi di sostenere purché non si tenti di imporle agli altri come un tabù inviolabile.

Che il sentimento religioso non possa reclamare una superiore legittimità, perché supportato, mi dicono, da pervasiva e speciale intuizione, appare evidente dal fatto che le credenze religiose sono tante, più di quelle da cucina dell’Ikea, e producono purtroppo affermazioni contrastanti. Un buddista e un cattolico, egualmente persuasi della loro fede, saranno certi di saperla molto lunga sull’origine e il senso dell’uomo e dell’universo, ma almeno uno di loro, al momento del trapasso, avrà una sorpresa. Ciò dovrebbe suggerire che convinzione “sentimentale” profonda e verità siano sostanzialmente due cose diverse.

Si obietterà, magari stavolta tra i denti, che l’unica fede valida sia la nostra (e raramente qualcuno insorge perché sia stata offeso il sentimento religioso di qualcun altro), eppure non tutti i credenti si offendono, alcuni addirittura ridono, e spero che L’Aiart non pensi che a persone di questo genere siano capitati in sorte una fede o un sentimento di serie B.

Mi conforta che questa associazione limiti la sua vigilanza ai nostri canali generalisti; al confronto di ciò che osa la satira in Inghilterra, in Francia o negli Stati Uniti, il mio Padre Pizzarro fa la figura del tenero Giacomo della Settimana Enigmistica. Ma il nostro è un paese “laico e democratico” dove un presidente del consiglio che nessuno di noi ha eletto, come primo atto ufficiale va a porgere i suoi omaggi al Papa. E il motivo per cui io e i miei colleghi scriviamo e recitiamo cose come “Padre Pizzarro” è che l’Italia sembra spesso uno stato teocratico “di fatto”. Solo pochi anni fa un ministro dell’istruzione avanzava, con un certo successo, la proposta di abolire Darwin dall’insegnamento scolastico per rispetto ai creazionisti, che ancora ci devono spiegare (come diceva un noto comico americano) perché Dio prima di creare l’essere a sua immagine e somiglianza si sia gingillato per milioni di anni coi dinosauri. Dunque non mi stupisce troppo che una minoranza di ferventi religiosi, invece di limitarsi a cambiare canale, si senta in diritto di chiedere una punizione legale, e questo rende, e temo renderà ancora, iniziative come la vostra necessarie a difendere e ribadire civilmente la libertà di tutti. In molti anni di televisione non credo di essermi guadagnato la fama del provocatore seriale, a caccia di polemiche per ottenere attenzioni e notorietà, né quella di un comico particolarmente violento o volgare. Ho sempre fatto il mio lavoro seguendo il mio “sentimento satirico”, parlando di tutto e di tutti nel modo più libero che mi è stato e che mi sono concesso. So inoltre cosa significhi sentirsi indignati. Le affermazioni fatte da esponenti di quel mondo, o da politici che, più o meno sinceramente, parlano e decidono in sua difesa, delle nostre scelte in materia di sessualità, diritti, vita e morte, mi hanno offeso numerose volte e continuano ad offendere il mio sentimento laico. Per questo ogni tanto Padre Pizzarro parla ed altri oltre a lui e dopo di lui parlano e parleranno.

Grazie ancora a tutti. Vi abbraccio.”

Corrado Guzzanti

venerdì 25 gennaio 2013

Poveri e nemmeno più belli

Dicono le cronache che questa mattina dal tinello di casa, a Mattino 5, ha annunciato che ha pronta una proposta shock per le famiglie. Nessuna anticipazione: per ridere (o più probabilmente per bestemmiare) dobbiamo attendere la vigilia delle elezioni. Credo che l’attesa non mi toglierà il sonno. L’unica proposta nelle sue corde che mi viene in mente potrebbe essere il ripristino dello ius primae noctis. Per fortuna non ho figlie. Tornando invece alle cose serie, in un paese normale, chi governa, o si candida a governare, avrebbe il dovere di occuparsi del paese reale. Che è quello raccontato di seguito.


COSI' SIAMO DIVENTATI POVERI

(…) Quasi la metà del paese non ha lavoro, lavora al nero, ha redditi sotto i mille euro. La media delle famiglie italiane guadagna meno di ventimila euro l’anno, con buona pace delle discussioni sulla patrimoniale per chi ha redditi sopra il milione o il milione e mezzo. (…)

L’ascensore sociale non è solo fermo, guasto, bloccato dal malaffare e dal malgoverno. Torna indietro. Non sale: scende. I figli hanno un destino peggiore dei padri, (…)

È il lavoro che manca. È l’unica cosa di cui parlare, la sola di cui una campagna elettorale dovrebbe occuparsi: offrire un progetto per restituire lavoro al Paese. Senza libertà materiale non c’è libertà politica né democrazia. Il resto sono chiacchiere.

Continua a leggere



giovedì 24 gennaio 2013

Per chi ama i cani

Se ami davvero i cani e vuoi averne uno, devi essere disposto a prendertene cura, finchè morte non vi separi, merde comprese. Perché, se non lo sai te lo dico io, in modo che ti regoli in caso ti venisse la voglia di cui sopra, anche il cane caga e, ahimè, non solo non si fa il bidè dopo, ma non utilizza nemmeno la tazza. Si accuccia dove si trova, da una mia personale statistica pare che la preferenza vada ai marciapiedi, e produce quanto deve produrre en plein air. Dopodichè, sgravato dall’incombenza,  se ne va felice e contento, lasciando, non serve ripeterlo. Ecco, se è vero che ami i cani, mi dispiace ma devi entrare nell’ottica che non puoi far finta di nulla: guanto, paletta, giornale, quello che ti pare, ma devi provvedere. So che i veri problemi sono altri, il default, la disoccupazione, i bambini del biafra, la cui condizione mi veniva continuamente rinfacciata da piccolo quando non mangiavo il pollo, così come mi veniva prospettato lo spettro del  collegio ogniqualvolta non avevo voglia di fare i compiti. Ma sto divagando. Tornando a bomba, il senso è che è ormai impossibile passeggiare in città, liberi per esempio di ammirare i palazzi oltre il primo piano, là dove la visione laterale non ti permette più di controllare anche il marciapiede. E quando la curiosità vince sulla prudenza, o banalmente qualcuno ti chiama e ti giri d’istinto senza fermare la marcia, immancabile, una merda di cane - almeno si spera, perché a volte qualche dubbio viene – si uniforma come un calco al carrarmato delle tue scarpe.  Porcatroiadiquellavaccaputtana. Che fare? Beh, c’è poco da fare, a parte appellarsi al senso civico delle persone. Ma già mentre lo scrivo mi viene uno sbotto di riso: italiani e senso civico è un ossimoro. Visto poi che amare i cani è politically correct, è una partita che si può solo perdere. L’unica è puntare allo 0 a 0. Quando giro per strada assumo insintivamente la postura di Enrico Cuccia: testa bassa e grande attenzione a dove metto i piedi. E se qualcuno mi chiede come sono i palazzi a Brescia, rispondo: molto belli. Perlomeno fino all’ammezzato.

mercoledì 23 gennaio 2013

A taci maci

Una società off-shore custodisce un patrimonio immobiliare a Londra stimabile in circa 650 milioni di euro per conto della Santa Sede. Che si è costruita questo tesoretto esente dall'Imu grazie ai soldi che Mussolini diede al papato con i Patti Lateranensi. Non ci credete? Leggete qui.
E la prossima volta sulla casella dell'8 per mille passateci una ditata di merda.

Taci maci è un espressione siciliana utilizzata da Camilleri che significa sostanzialmente "di nascosto".

venerdì 18 gennaio 2013

Differenziali

La cosa più logica, e in questo i commercianti sono maestri, non è solo vendere al meglio la propria merce, una camicia per esempio, ma venderla come se quella camicia lì fosse la sola, l’unica: la madre di tutte le camice. Ho vissuto per anni, e tuttora ci vivono i miei famigliari, in una zona incantevole. In 100 chilometri si cambiano almeno 4 paesaggi e altrettanti climi: si passa dalla zona temperata del lago e delle colline che ci si specchiano, all’aria sempre più frizzante man mano si lascia la pianura e il fondovalle e si sale verso le montagne, dove si trovano alcune tra le più rinomate piste da sci dell’arco alpino, passando attraverso straordinarie testimonianze (prei)storiche e artistiche, ammirate da turisti fai da te di tutto il mondo. Qualsiasi commerciante, e torniamo a bomba, ma anche un alunno delle differenziali posto di fronte, mi sbilancio, ad una domanda a risposta aperta, non avrebbe avuto la minima esitazione a dire che sì, la cosa più logica sarebbe stato investire risorse per creare un polo turistico, visto che naturalisticamente la valle in questione si presta a soddisfare quasi tutte le esigenze vacanziere, se si esclude il mare, creando in questo modo business, posti di lavoro, un’economia insomma. Per decenni invece, almeno fin quando non han chiuso perché era più conveniente sfruttare la forza lavoro dell’est europa, la principale fonte di reddito di questo paradiso, che malgrado tutto nel cuor mi sta, sono state le grandi fabbriche, soprattutto tessili e siderurgiche. Strenuamente difese poi nel momento della crisi, anche contro ogni logica, da politiche quantomeno miopi, che si sono accontentate di ottenere dal governo il riconoscimento di area depressa e attingere così agli appositi fondi, piuttosto che mettere mano all'unico progetto sensato di riconversione.  E’ un po’ come avere in tasca il biglietto vincente della lotteria e chiedere l’elemosina.  Negli ultimi anni qualcosa è stato fatto, il minimo indispensabile, e comunque, guardando da lontano, senza un coordinamento capace di imporsi a localismi tribali, da sempre ostili ad una promozione integrata del comprensorio. Ne parlo in questi termini un po’ per affetto; un po’ perché mi dispiace vedere che buona parte di chi ci abita è costretto giornalmente a sacrifici enormi per lavorare nelle fabbriche e nei cantieri della Lombardia, quando tutti potrebbero essere perlomeno benestanti; un po’ perché fino a quando ci ho vissuto e anche un po’ dopo, insieme ad alcuni amici e colleghi, abbiamo provato a cambiare le cose ma siamo andati a sbattere contro un muro di gomma di ottusità. Tutto questo per dire che mi fa piacere leggere quanto scrive su questo argomento Massimo Gramellini sulla Stampa di ieri.

martedì 15 gennaio 2013

Dall'altra parte

Alcune di loro fino a quel momento non avevano mai preso un treno, altre non sapevano nemmeno cosa fosse la lotta armata, le brigate rosse, la rivoluzione del proletariato. Altre ancora erano addirittura analfabete: hanno imparato a leggere su quei convogli, durante le lunghe ore di viaggio tra un carcere e l’altro, a volte alla ricerca dei figli, trasferiti senza preavviso, magari nottetempo, magari da un capo all’altro della penisola. Mamme, sorelle, fidanzate, compagne, mogli. Donne. Capaci, loro sì, di una rivoluzione – sociale, culturale, personale - per seguire il figlio, il fratello, l'uomo della loro vita, senza chiedergli e senza chiedersi perché. Gli uomini no. Gli uomini, i padri soprattutto, nella maggior parte dei casi hanno preferito chiuderesi in sé stessi, per vergogna, incapacità di reagire ad un evento certamente enorme: hanno cancellato, dimenticato, lasciato alle mogli tutto il peso, psicologico e fisico, di un figlio in carcere, l’umiliazione delle perquisizioni, anche intime, prima di entrare nella sala dei colloqui, con un vetro a dividere le colpe, ad attutire le voci, negare il conforto di un contatto, una carezza, un gesto d’affetto. Così per un tempo dilatato, infinito. “Dall’altra parte” è un bel libro, un libro sulla forza delle donne, sulla loro odissea al seguito di un parente arrestato per motivi politici, che prescinde dal giudizio storico sugli anni di piombo. Ogni testimonianza parla una lingua propria; a tutte sono comuni paure e vessazioni - l'articolo 90, la tortura, le perquisizioni vaginali, i colloqui attraverso i vetri, le denunce - ma anche i comitati di lotta e di appoggio ai detenuti. Le vicende individuali divengono esperienza collettiva di solidarietà, che per molte significa presa di coscienza di sé, della propria identità sociale e familiare. "Dall’altra parte", pubblicato da Feltrinelli, è stato scritto da Prospero Gallinari, uno dei fondatori delle Brigate Rosse, morto ieri a 62 anni per una crisi cardiaca e dalla storica Lidia Santilli.




venerdì 11 gennaio 2013

Diffamatori

Qualsiasi giornalista, anche un collaboratore occasionale di un giornale di provincia, sa che in ogni momento della sua carriera può incorrere in una querela per diffamazione: per una parola, una frase, un titolo, del quale peraltro non è mai responsabile, sono tante le cause che possono irritare la suscettibilità di chi è oggetto, diretto o indiretto, dell’articolo. La querela poi ha un suo iter: nella maggior parte dei casi si arriva alla prescrizione, in altri, pochi, a sentenza, a favore o contro, dipende. Si tratta però principalmente di cause civili, con richiesta di risarcimenti, più o meno onerosi. Chi fa un lavoro d’inchiesta, come Marco Travaglio, è facile che in 30 anni di carriera abbia sulle spalle decine di querele. Non per questo è un diffamatore professionista, come l’ha definito Berlusconi,  e soprattutto non sono equiparabili i reati a lui ascritti a quelli penali a cui è stato ed è chiamato a rispondere l’ex premier. Per questo il giochino da asilo andato in scena ieri sera a Servizio Pubblico è stato imbarazzante, oltre che un insulto all’intelligenza delle persone. Berlusconi aveva bisogno di parlare al suo pubblico, quello basic, di Retequattro, e probabilmente c’è riuscito. Devo dire che in alcuni momenti mi ha fatto anche un po’ pena, come i vecchi leoni bolsi e spelacchiati dei circhi di periferia, che fanno finta di ruggire e di dare zampate al domatore ma si vede che sono incontinenti e non vedono l’ora di tornare in gabbia a dormire. L’afflato è durato un attimo: è bastato ricordarsi degli ultimi 20 anni  e ogni seppur minima commiserazione è subito passata. La trasmissione, poi, non ha fatto altro che ribadire e certificare la miseria culturale e politica del paese e il declino di un uomo senza capacità di vergogna e riscatto. Un uomo qualunque, a tratti banale, bugiardo e un po' cialtrone, che svestito dei suoi panni e dei suoi miliardi puoi trovare in qualsiasi bar che pontifica sull'intero scibile umano, con particolare predilezione per tre argomenti: la figa, il calcio e le sue furbate. Quando sei in vena e non hai troppa fretta fai del volontariato e lo stai ad ascoltare. E magari gli paghi un bianchino.

giovedì 10 gennaio 2013

Per Corrado Guzzanti

L'associazione dei genitori cattolici ha denunciato Corrado Guzzanti per vilipendio della religione e ha chiesto la chiusura del programma: 4 spetttacoli teatrali che La 7 ha in palinsensto a cadenza settimanale a partire dalla scorsa. Il giornale Articolo 21 ha lanciato una petizione online per far ritirare la denuncia. Di pancia mi verrebbe da dire e consigliare ai genitori cattolici di preoccuparsi dei preti che gli inculano i figli, ma non lo dico. Mi limito a invitare a rivedere Guzzanti per reiterare il reato.

mercoledì 9 gennaio 2013

Twittatevi il culo

Il giorno delle dimissioni forzate di Berlusconi e l’incarico dato dal prof. Monti per formare un governo di tecnici in grado di evitare il default, era stato letto – almeno io l’avevo fatto – come un punto di non ritorno, o meglio: che la certificata inadempienza e l'incapacità dimostrata avrebbe obbligato la politica a una rivoluzione catartica - di uomini, contenuti e metodi - per poter poi tornare con una certa credibilità a proporsi per gestire la cosa pubblica. L’apertura della campagna elettorale, la composizione delle liste, i nomi dei candidati - quelli di sempre, chi decide perlomeno: tutti gli altri sono specchietti per le allodole, peones destinati a votare su indicazione del partito - le loro promesse da piazzisti e le ricette salvifiche che ti viene da dire: ma da adesso in poi? Non potevi farlo prima? Perché ora dovrei crederti?, tutto ciò, insomma, sta dimostrando che non è cambiato nulla e che la forbice tra questa classe politica e il paese reale si è ulteriormente allargata. A dire il vero qualcosa è cambiato: twitter è il nuovo giocattolo utilizzato dal candidato per parlarsi addosso, mandare messaggi a colleghi e avversari: dire sostanzialmente cazzate. La sintesi la fa, perfettamente come al solito, Massimo Gramellini sulla Stampa di oggi. E non è una bella sensazione.



La vita è altrove

MASSIMO GRAMELLINI

Riporto volentieri il pensiero del lettore Marco Pz. La campagna elettorale appena incominciata è già inguardabile, illeggibile, inascoltabile. Tonnellate di discussioni su poltrone, alleanze e schieramenti. E poi twitter, il nuovo giocattolo, il salotto vip in versione tascabile dove i potenti spettegolano tra loro di poltrone, alleanze e schieramenti. Non uno, dicasi uno, che indichi una visione del mondo, una direzione di marcia. Non una parola, dicasi una, su agricoltura, urbanistica, filiere a chilometro zero, turismo, cultura, protezione del territorio, trasporti, scuola, ospedali. Non un progetto, dicasi uno, che tenga insieme le voci di quell’elenco e magari vi aggiunga gli asili nido e l’assistenza a malati e anziani. La vita vera. Quella di cui parlano a cena, e non su twitter, le persone vere. Cosa hanno realizzato i candidati nel corso della carriera sui temi che riguardano «noi» e non «loro»? Cosa pensano della Cina, della Russia, delle guerre in corso nel mondo, di tutto ciò che succede in un raggio maggiore di dieci centimetri dal loro ombelico? Nel silenzio degli interessati, l’unico programma elettorale lo stanno scrivendo, giorno per giorno, le famiglie, le associazioni di volontariato e le aziende che mandano avanti la baracca e, non ricevendo nulla dalla politica, si accontenterebbero che la politica smettesse di intralciarle con la burocrazia.

Difficile dare torto a Marco Pz: da decenni (penso all’economia sommersa) l’Italia va avanti, o almeno non troppo indietro, nonostante la politica. E’ la sua salvezza. Purtroppo è anche la sua dannazione.