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venerdì 19 dicembre 2008

Autovelox

L’autovelox è uno strumento vigliacco: non può definirsi istruttivo e forse nemmeno tanto dissuasivo. Di sicuro nell’eterno rincorrersi tra guardie e ladri introduce un elemento di parzialità che rende scorretto il gioco. Soprattutto quando ad adottarlo sono i Comuni, con l’unico scopo di fare cassa. Visto però che la multa non ti viene contestata subito, la tradizionale abitudine ad arrangiarsi degli italiani era riuscita perlomeno ad escogitare un metodo per evitare di perdere i punti della patente, altro gioco impari inventato per consentire ulteriori guadagni alle autoscuole con farseschi corsi di recupero. Pago perché mi tocca ma siccome tu Stato, Comune, ecc. ecc. non puoi provare che ero io alla guida, posso dichiarare che quel giorno al volante c’era questa mia anziana zia, il nonno, il papà, che loro tanto venti punti non riuscirebbero a mangiarseli nemmeno vivessero 300 anni. Qualcuno ne aveva addirittura fatto un business da centro anziani per arrotondare la pensione. Questo fino ad un anno e mezzo fa circa. Perché nel frattempo lo Stato ha messo a punto una contromossa. Ma non come ci si aspetterebbe da uno Stato coerente e irreprensibile: punizione esemplare a chi dichiara il falso, che è pur sempre un reato. Il legislatore ha colto il suggerimento truffaldino ed è andato oltre: ha reso lecito il falso ed ha alzato la posta.Io Stato non posso accertare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che a violare il codice della strada è stato il proprietario del veicolo, quindi insieme alla multa e al numero di punti decurtati mando al domicilio del presunto trasgressore un modulo in cui indicare le generalità del reo. Formalmente gli chiedo paternalisticamente di pentirsi e di autoaccusarsi, di fatto gli offro l’opportunità di dare la colpa al nonno e di tenersi i punti. Di più, se il tapino non ha sottomano nonni, vecchi zii o papà - e qui sta la furbata - gli lascio una ulteriore via d’uscita: se non mi spedisci il modulo nei tempi stabiliti, io Stato, non sapendo a chi togliere i punti, ti raddoppio la multa e amici come prima. Non fa una piega. In pratica un’associazione a delinquere.
Mi arriva a casa una multa perché una sera di maggio, intorno alla mezzanotte, tornando a casa da una città qualsiasi sono passato in un centro abitato, con limite ai 50, a ben 63 chilometri all’ora. 157 euro l’onere da versare nelle casse del comune e 2 punti in meno sulla patente. Più o meno 300 mila lire, e il riferimento al vecchio conio è fondamentale per capire la follia che abbiamo ormai raggiunto. Nella busta con il bollettino c’è anche il prestampato da spedire al comando dei vigili con le generalità dell’autista, allegando la fotocopia fronte retro della patente di guida. Logicamente non compilo nulla, pensando che valga il silenzio assenso: la macchina è intestata a me, mi è arrivata la contravvenzione, l’ho pagata, di malavoglia ma l'ho pagata, non mi importa nulla di restituire i due punti, tanto me ne rimangono comunque 20, visto che sono tra quelli che hanno beneficiato del regalo di due punti per non aver mai infranto le regole dall’introduzione della nuova norma. Errore. Dopo un paio di mesi dal pagamento dei 157 euro mi arriva la multa raddoppiata, oltre 300 euro inclusi gli oneri vari, 600 mila delle vecchie lire, che sommate alle 300 precedenti fa quasi un milione. Un milione di lire per aver superato di 13 chilometri il limite, di notte, su una strada dritta e completamente vacante. Chiamo il comando dei vigili e chiedo lumi. Chi mi risponde mi spiega gentilmente i cavilli della legge appena entrata in vigore e mi suggerisce di fare ricorso al giudice di pace, che non si sa mai. Scrivo dunque al giudice e in sostanza gli racconto la mia buona fede, certificata dal pagamento della multa, sottolineando che pretendere complessivamente un milione di lire per un’infrazione così minima è da cravattari. Non gli dico proprio così, il senso però è quello. Esattamente un anno dopo vengo chiamato all’udienza. Il giudice è un anziano pretore in pensione che vedendo le mie origini mi racconta dei suoi primi anni di lavoro tra le mie montagne e ricorda luoghi e particolari di cui mi chiede ancora l’esistenza o la trasformazione. Alla fine mi dice: lei ha ragione da vendere ma io non posso non applicare il codice. L’unica cosa che è nelle mie facoltà è di abbassarle la multa al minimo, vale a dire 250 euro, che con gli oneri arriva a 263, more or less. Ringrazio perché non posso fare altro e il vecchio pretore, forse in ricordo della gioventù, prima di congedarmi mi da un consiglio: mi raccomando, la prossima volta compili il modulo. Se però decide di non farlo per non perdere i punti, eviti almeno di pagare la prima contravvenzione, aspetti che le arrivi la multa raddoppiata e faccia ricorso: se le va bene se la cava con 250 euro. Siamo in Italia, bellezza.

mercoledì 10 dicembre 2008

Rimborsi a ostacoli

Superata la mezzora di ritardo del treno, il passeggero ha diritto al rimborso di una percentuale del biglietto. Per ottenerla deve però compilare un modulo, allegare il biglietto in originale e imbucarlo in un’apposita cassetta in stazione. Il modulo è disponibile in biglietteria. Uno cioè arriva già in straritardo, magari deve correre ad un appuntamento, al lavoro, a comprare il pane, e per ottenere quanto dovuto dovrebbe affrontare il muro umano che c’è sempre davanti agli sportelli. Fanculo il rimborso e le FS. Infatti la stragrande maggioranza dell’utenza non presenta la richiesta e nostra signora ferrovia può sperperare quei milioni di euro risparmiati per pagare gli stipendi e le liquidazioni al trust di cervelli che ne è a capo. Una volta che non avevo nulla da fare ho messo su l’aria del pensionato milanese ed ho fatto la fila. Ho affrontato senza scompormi la faccia contrariata dell’impiegato, ho risposto esattamente alla sua domanda infingarda sul numero del treno in ritardo, ho compilato in bella grafia il foglio che lo stesso impiegato mi avrebbe sicuramente lanciato se non ci fosse stato il vetro divisorio, ho insalivato per bene la busta e, bastardo, invece di imbucarlo nella apposita cassetta, ho rifatto la fila e l’ho riconsegnato alla stesso medesimo, lui, impiegato: sa, visto che lei è così gentile, volevo essere sicuro che arrivasse a destinazione, gli ho detto chiamandolo con il nome riportato sul tesserino. Più o meno quattro mesi dopo ho trovato tra la posta una lettera delle FS con le solite scuse prestampate e una specie di assegno nominale con l’importo del rimborso - se non ricordo male la metà del costo del biglietto – convertibile in un altro biglietto. E se uno, putacaso, ha preso quel treno per sbaglio e non ne prenderà mai più in vita sua?
Anyway. Questa mattina un signore incontrato in treno mi ha parlato delle ferrovie spagnole. Le stazioni delle grandi città pare funzionino come un aeroporto. Il biglietto ti dà la possibilità di accedere solo ed esclusivamente al tuo binario, al quale arrivi dopo essere passato attraverso il metal detector. Rischi, dunque, ridotti al minimo e soprattutto nessuno che ti rompe i coglioni mentre sei in attesa. Ma il dato rilevante del racconto è che durante un viaggio Madrid Siviglia, città che distano più o meno quanto Milano e Roma, poco prima di entrare nella stazione d’arrivo il capotreno si è scusato per il ritardo accumulato dal treno: 6 minuti. Alla discesa il mio casuale compagno di viaggio e gli altri passeggeri sono stati accolti da alcuni steward che hanno distribuito a tutti un voucher per il rimborso totale e immediato del biglietto. In contanti.

venerdì 5 dicembre 2008

Soci Eurostar

Visto che a novembre ho dovuto più volte fare il cambio di servizio, questo mese invece dell’abbonamento mensile Euro City ho fatto direttamente quello Eurostar. Più che altro il treno veloce mi serve al ritorno, all’andata continuo a prendere l’Euro City, prima di tutto perché parte17 minuti più tardi, ed al mattino per me si tratta di un tempo che fa la differenza. E poi perché ha carrozze con scompartimenti chiusi, spesso vuoti: l’ideale per leggere in tranquillità. Di solito quando scendo a Verona ho circa mezzora di tempo prima dell’arrivo della navetta aziendale: me ne vado quindi in sala d’aspetto e continuo la lettura. Sala d’aspetto di 2° classe. Questa mattina, forte del mio nuovo status, sono andato nella Sala Eurostar: ambiente elegante, poltrone azzurro cielo, televisione, giornali. Quello che ogni stazione dovrebbe mettere a disposizione di un viaggiatore. Essendo una Sala di lusso non ha le porte che si aprono automaticamente. C’è l’Eurostar campanello che consente all’Eurostar ragazza del front office di controllare e decidere se aprire o meno l’Eurostar porta. Ho capito subito che dovevo aver sbagliato qualcosa, perché quando le ho mostrato il mio abbonamento, come è di prassi nella sala di seconda classe per potersi sedere, lei mi ha guardato interdetta e con un Eurostar sorriso mi ha chiesto: come mai mi fa vedere il biglietto? Per certificarle il mio diritto ad usufruire dei vostri servigi, ho ingenuamente argomentato. Mi spiace, ha risposto lei, la Sala è solo per i soci Eurostar. La tessera soci, logicamente, è a pagamento. Non bastano cioè gli oltre mille euro l’anno che verso nelle casse delle FS per potermi baloccare mezzora al giorno nell’Eurostar sala. (2. continua)

giovedì 4 dicembre 2008

Democristiani

In Italia se vieni eletto in un partito e non ti ritrovi più nelle sue scelte programmatiche non prendi e te ne vai da un'altra parte, come sarebbe logico, legittimo e opportuno. No, in Italia se non stai bene in un partito, ne fondi uno tutto tuo, “autonomo ma che guarda”. L’ha fatto mesi fa Carlo Giovanardi, la cui berlusconità ai tempi della sua militanza nell’Udc era persino imbarazzante, dando vita ai Popolari liberali, per confluire un minuto dopo nella famiglia del Pdl. L’ha fatto oggi Francesco Pionati, ex notista politico, già vicedirettore del Tg1, orfano democristiano, fino a ieri portavoce dell’Udc. Rimproverato dai suoi per aver flirtato con il Cavaliere, Pionati ha preso cappello e ha messo in piedi l’Adc, Alleanza di centro per la libertà (libertà da cosa poi: come se ci fosse qualche partito per o della schiavitù da cui differenziarsi, mah). La nostra sarà una casa per traghettare i moderati nel centrodestra, ha tenuto a precisare l’ex pupillo di De Mita. Una sorta, forse, di camera di purificazione, in cui meditare e pentirsi dei propri trascorsi, rendendo meno traumatica l’adesione al regno del cavaliere. O forse, meglio - Giovanardi docet - una casa che consenta, anche con pochi inquilini, di sedere da subito al tavolo principale ma con un potere contrattuale sicuramente più forte di quello del singolo parlamentare che chiede asilo, partecipare alle elezioni con il proprio simbolo in liste bloccate e dividersi i finanziamenti previsti percentualmente per tutti quelli che scendono in campo, corrono per, ecc. ecc? “In politica – sostiene Pionati - non si può stare in modo ambiguo, bisogna fare scelte di campo precise e noi oggi la facciamo: nasce un movimento che ha l'obiettivo di riportare i moderati nel centrodestra, anche quelli che fino ad oggi hanno creduto in modo illusorio che fosse possibile creare un terzo polo. Noi guardiamo al Pdl, sosteniamo il governo e Berlusconi, mantenendo però un profilo autonomo che svilupperemo di volta in volta con gli alleati in base alle esigenze e alle diverse tappe elettorali. In questo sistema bipolare bisogna schierarsi”. Se ci fosse l’esame da democristiano, a Pionati bisognerebbe dare una cattedra honoris causa. Chi ha conosciuto e militato nella balena bianca non ce la fa a stare all’opposizione. Non soltanto lo ritiene innaturale: crede fermamente che sia immorale, come per Fonzie chiedere scusa. E siccome non può dettare le condizioni, visto che non ha né i numeri né i soldi, si offre “mantenendo”, guarda ma deciderà di volta in volta, dice per non dire. Nel frattempo Pionati ha già incontrato Berlusconi: “Ci siamo visti, gli abbiamo comunicato la nostra decisione che è quella di prendere una posizione chiara e coerente, assumendocene le responsabilità”. Più democristiano di così…

martedì 2 dicembre 2008

Partiti cristiani e filosofi hegeliani

Magdi Cristiano Allam, vice direttore del Corriere, dopo essersi cristianizzato, fonda un partito. Il Partito Cristiano, appunto, che per prima cosa mette i suoi bei paletti: no all'aborto, no al divorzio, no ai matrimoni gay, no alla ricerca sugli embrioni umani, no all'eutanasia. Sì invece alla famiglia naturale, costituita da un uomo e una donna in grado di procreare, sì alla vita dal concepimento alla morte naturale, sì al rispetto dell'autorità morale e all'inviolabilità delle regole etiche universali. In definitiva, sì a un nuovo modello di stato etico, basato su “fede, religione, libertà, verità, valori”.
“Nasciamo nella consapevolezza che la nostra Europa - ha detto Allam - è in preda ad una deriva etica che si alimenta in una concezione materialista e consumistica della vita”. E ancora: “Nel quadro politico italiano, da destra a sinistra, c'é una preoccupante anarchia dei valori che noi vogliamo colmare. Per questo nasce il nostro partito, laico e autonomo”. Oggi nella sua Amaca Michele Serra lo prende giustamente per il culo. “Alleluia, adesso abbiamo anche il Partito Cristiano di Cristiano Allam. E’ un po’ allitterante, mi fa venire in mente una vecchia canzoncina sciocca che diceva più o meno “Sono Gigi del Lago Maggiore, residente sul Lago Maggiore”. A me ha invece fatto venire in mente il filofoso Alessandro Passerin d’Entrèves, residente nel castello di Entrèves, in via Entrèves a Entrèves. Non c’entra nulla, ma il solo fatto di essermelo ricordato a suo tempo mi consentì di portare a casa un 30 in filosofia morale. Per onestà nei confronti del professor Livio Sichirollo, grande studioso di Hegel, non fu certo quella sola risposta a garantirmi il voto: diciamo però che mise il docente in una buona predisposizione d’animo nei miei confronti, visto che l’aneddoto l’aveva raccontato una mattina a lezione e i tre prima di me non avevano saputo rispondere.

lunedì 1 dicembre 2008

Storie di ordinaria ferrovia

Ho un abbonamento mensile Euro City per il tragitto Brescia –Verona, costo 86 euro. Tenuto conto che l’importo di un biglietto singolo è di 9 euro è un bel risparmio, anche se non si utilizza il treno tutti i giorni. L’abbonamento consente inoltre di salire su qualsiasi convoglio di categoria inferiore lungo la stessa tratta. Se si intende usufruire del servizio di un treno Eurostar, l’unico superiore all’Euro City, è necessario acquistare un supplemento. Fin qui nulla da dire: la regola ha una sua logica, a patto però che l’intero sistema funzioni. Un esempio pratico. Poniamo il caso che per un’urgenza una persona qualsiasi, io, debba per forza prendere un Eurostar e che abbia i tempi stretti: poniamo dieci minuti all’arrivo del treno, considerando l’uscita dal lavoro e l’entrata in stazione. Cosa succede a quel punto. Verificato che le Ferrovie dello Stato non consentono l’acquisto del supplemento online e che nemmeno le biglietterie automatiche prevedono la vendita del supplemento slegato dal biglietto, la persona in questione, sempre io, ha due scelte. Salire sull’Eurostar senza aver pagato il pedaggio aggiuntivo, sottoponendosi a multe da cravattari o fare la fila alla biglietteria, ammesso che ci sia più di uno sportello aperto, il tempo sia sufficiente ecc. ecc.. Verifichiamo l’ipotesi sportelli in funzione e coda umana. Breve divagazione ma illuminante sul perché di queste storture, solo apparentemente senza senso. Dicevo all’inizio che il prezzo del biglietto online Euro City Brescia – Verona è di 9 euro. Per l’Eurostar FS chiede 11,90 euro. Una differenza quindi di 2,90 euro, l’equivalente, a logica, del supplemento. Torniamo alla nostra persona, cioè io, che arriva alla biglietteria, spiega di avere un abbonamento mensile Euro City e di avere bisogno di un supplemento Eurostar. L’impiegato chiede di verificare l’abbonamento e spiega che deve fare un cambio servizio. Va bene, faccia il cambio servizio. Il costo, senza la prenotazione del posto, è di 6 euro, 8 con prenotazione. Attenzione: cambio servizio, non supplemento. Qui sta la furbata. Cambio servizio non vuol dire nulla, ma consente di raddoppiare il prezzo ipotetico del supplemento. Ecco perchè ogni tanto in stazione dagli altoparlanti avvertono di stare attenti ai borseggiatori. (1. continua)