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martedì 29 settembre 2015

Mia bu du

Le regole delle biglie, o per meglio dire le intenzioni di gioco, venivano declinate rigorosamente in dialetto. Mia bu du era quella che mi piaceva di più. Non tanto per il significato in sé. Per il suono. Mia bu du significava in sostanza che al giocatore in quel momento chiamato a fare la propria mossa, veniva negata la possibilità, in caso fortuito di colpo multiplo sulle biglie in campo, di vincere e raccogliere tutto. La vincita doveva limitarsi alla sola prima biglia impattata. L’abilità nel gioco non consisteva soltanto nella mira e nella capacità quindi di ciccare le biglie degli avversari, ma nell’urlare, prima degli altri, la regola (o più regole, ancora meglio) per poter fare o per impedire una o più giocate. Il prefisso Mia era per così dire la negazione: mia, nel nostro dialetto, sta per non. Mia bu, letteralmente sta per “non buono” nel senso di incapace. In senso lato: ti nego la possibilità di. Le altre intenzioni di gioco erano, in ordine sparso: bu mos, con la variante mia, stava per: posso muovere, cioè posso tirare e tentare di ciccare la biglia più vicina. In caso di successo, la regola generale del gioco voleva che il fortunato avesse un’ulteriore possibilità di tiro, partendo dalla posizione conquistata colpendo la prima biglia e dirigendo lo sparo verso quella più vicina, oppure muoversi strategicamente in avvicinamento. Bu du l’abbiamo vista. Bu cicà ‘l tutto: mi arrogo il diritto di colpire qualsiasi ostacolo si trovi davanti alla biglia che ho mirato, e qualora questo ostacolo vada a incocciare a sua volta in questa biglia, sono in diritto di pretenderla come trofeo. Bu cicà ‘ndre e n’banda era fantastica, la più visionaria: vinco in qualsiasi modo colpisca la tua biglia, sia lateralmente (n’banda), sia, in caso, anche dietro (n’dre). Che di per sé è quasi impossibile, ma secondo me qui va notata la sottigliezza. Per evitare qualsiasi tipo di contestazione da parte tua, io ti dico da subito che qualsiasi parte della sfera colpisca, fosse pure anche la parte posteriore rispetto al mio punto di tiro, ho diritto di portarmela a casa. Una regola avantissima. Bu martelet non era molto applicata, perché richiedeva un’abilità di mira ancora maggiore e perché, per tacito consenso, non era ben vista. In pratica da posizione eretta dovevi colpire la biglia mirata. Di solito lo si faceva quando questa biglia era nascosta dietro un ostacolo e non era nelle immediata vicinanza da poter usufruire del bu cicà ‘l tutto. Bu portà scalina (o scaleta) era un tentativo di furbata che pagava nell’immediato ma isolava il giocatore per il resto della giornata, nel senso che nessuno poi voleva più giocare con lui. E in questo caso il branco era spietato: se ‘l giuga lu me giughe pieo’. Se gioca lui io non gioco più detto da uno dei leader era una condanna senza appello, perché il resto dei presenti si adeguava. In cosa consisteva, bu portà scalina o scaleta. Nell’avvicinarsi di una spanna con la propria biglia per colpire quella dell’avversario. In questi casi si scatenava la rissa e si arrivava anche alle mani. Io sono vissuto in un piccolo bronx, l’arte retorica non solo non faceva parte del nostro dna ma chi provava a metterla in pratica ne prendeva il doppio. Ogni tanto qualcuno provava ad introdurre altre regole estemporanee ma diciamo che quelle elencate sopra erano le principali. Il premio del gioco, l’ho accennato prima, era immediato e consisteva nel mettersi in tasca tutte le biglie colpite. Il giocatore o i giocatori perdenti avevano la possibilità di rientrare immediatamente con un’altra biglia, di ritirarsi, di riprendere in un momento successivo: le partite potevano durare ore, interi pomeriggi, con contendenti che andavano e venivano, giocatori che perdevano tutto, giocatori che a fine giornata si rifacevano parzialmente o totalmente, giocatori che si mettevano un limite di perdita e raggiunto il quale si ritiravano. Il gioco, per forza di cose, prevedeva un minimo di due giocatori, mentre non c’era un numero massimo. Claudio era forse il più bravo. Quando arrivava lui restavamo in pochi sul campo. La maggior parte rimetteva le biglie in tasca perché non voleva tornare a casa ripulito, o “pelato” come si diceva tra di noi: "el tà pelat", ti ha pelato.

(continua)