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sabato 30 gennaio 2016

Le parole sono importanti

Le parole sono importanti e bisognerebbe pensare a quello che si dice, al dolore che si può procurare con i propri pregiudizi, gli egoismi, le chiusure becere al dialogo, al confronto delle idee, semplicemente perché ci si arroga il diritto di accomodarsi sempre dalla parte del giusto, per potere o religione. Ricopio Michele Serra perchè quello che scrive sull'argomento mi sembra meraviglioso.


"Per avere definito "feccia" Carlo Giuliani, il ragazzo di Genova ucciso da un suo coetaneo in divisa mentre lanciava un estintore contro un gippone dei carabinieri, un ex senatore di Alleanza nazionale è stato condannato a congruo risarcimento. È una buona notizia. Delle proprie parole bisogna essere responsabili: specie di quelle che versano acido sul dolore altrui. Giuliani non era un criminale né un rifiuto della società (come il termine "feccia" vuole intendere). Era un ragazzo incazzato per l'andazzo delle cose, e incazzarsi per l'andazzo delle cose è sovente una qualità tipica dell'essere un ragazzo. Se in tanti hanno chinato il capo di fronte alla sua morte, è perché in tanti non hanno dimenticato di avere avuto vent'anni. Perfino un adulto di estrema destra, come la persona condannata ieri, dovrebbe essere nelle condizioni (umane ben prima che politiche) di capirlo. Né feccia né eroe, Giuliani è stato spesso trattato come un farabutto che se l'è cercata o come un modello da emulare. Credo che siano entrambe distorsioni puerili che fanno torto alla sua vita e alla sua morte. Non si lanciano estintori contro i gipponi; non si spara ai manifestanti. Si tratta di due torti (il secondo più grave del primo) ma sono stati trattati come due ragioni per pura cecità politica. Se si dovesse piangere solo per gli eroi, avremmo gli occhi quasi sempre asciutti".

mercoledì 13 gennaio 2016

Mia bu du (2)


Claudio era il più bravo. Infatti arrivava sempre con soltanto una biglia in tasca. E se malauguratamente capitava che la perdesse se ne faceva prestare un’altra da uno di noi e immancabilmente iniziava la raccolta. In verità capitava raramente, non solo che perdesse ma anche che qualcuno fosse disposto a confrontarsi con lui. Inutile dire che io non mi tiravo mai indietro: vedere giocare Claudio, che era un po’ più grande di me e di tutti i miei sodali delle biglie (o cicche, nell’idioma autoctono) era uno spettacolo. In ogni caso delle biglie perse mi sarei rifatto in seguito con i miei pari. Poi, vuoi mettere vincere una biglia a Claudio: diventavi l’eroe di giornata e quella biglia, che era stata nelle mani del campione del me paes, era un trofeo da esibire e da utilizzare nelle partite successive, per sfruttarne la magia. Ognuno di noi aveva una biglia preferita, con la quale giocava: in caso di perdita consegnava all’avversario una di quelle di scorta che teneva in tasca. Ogni tanto qualcuno arrivava con la marmorina, la regina delle biglie: bianca, con sfumature di colore, che logicamente non veniva mai messa in palio dal proprietario, almeno fino a quando rimaneva a secco. Solo allora, a fronte di minimo 10 ciccate, in caso logicamente di partita testa a testa, la mitica marmorina poteva passare di mano. La mia biglia portafortuna aveva sfumature arancioni e me la son sempre tenuta, anche perché non faceva gola a nessuno. Il campo di gioco preferito era ai margini del piazzale della grande fabbrica dove lavoravano tutti i nostri genitori, poco prima del canale che scorreva a fianco della parete sud del cotonifico e degli orti, a disposizione dei residenti nelle case operaie, dove sempre i nostri genitori coltivavano la verdura e allevavano galline e conigli. Approfittando di una riasfaltatura avevamo scavato una piccola buca che, come dicevo nella puntata precedente, rappresentava il cuore del gioco, l’abbrivio di tutto, in un certo senso metafora della vita, ma all’epoca non arrivavo a tanto. E fortunatamente questo potrebbe rappresentare un’attenuante. Quella era la buca per antonomasia. A cicche si giocava lì. Il campo principale, il Maracanà, il Bernabeu delle biglie era il piazzale dell’Olcese. Lì venivano i bambini da tutte le contrade, persino dall’estremo Nord, dalla località Prada, terra di nessuno tra i paesi di Cogno e di Cividate. Arrivavano in bici e comunque giocavano sempre fuori casa. I padroni del campo eravamo noi delle case operaie. E Claudio era uno dei nostri.

(Continua)

venerdì 8 gennaio 2016

Libri letti nel 2015

Libri che ho letto nel 2015 e che mi sento di consigliare. Di alcuni ho anche scritto una breve recensione in post precedenti.


Gabriele Polo: Il mese più lungo
Gianluca Morozzi: L'età dell'oro; L'amore ai tempi del telefono fisso
Giorgio Fontana: Per legge superiore
Antonio Manzini: Non è stagione; Era di maggio
Alessia Gazzola: Una lunga estate crudele
Stefano Benni: Le beatrici
Pierre Lemaitre: Irene; Alex; Camille
Alessandro Robecchi: Dove sei stanotte
Marco Missiroli: Atti osceni in luogo privato
Paula Hawkins: La ragazza del treno
Diego De Silva: Voglia di guardare; La donna di scorta
Andrea Camilleri: La giostra degli scambi; La relazione
Roberto Banzato: Non connesso
Massimo Carlotto: La banda degli amanti; Per tutto l'oro del mondo
Piergiorgio Pulixi: Il canto degli innocenti; L'appuntamento
Alicia Gimenez-Bartlet: Sei casi per Petra Delicado
Massimo Lugli: Nel mondo di mezzo
Carlo Lucarelli: PPP - Pasolini, un segreto italiano
Paolo Nori: Mi compro una Gilera
Sasha Arango: La verità e altre bugie
Aldo Cazzullo: La guerra dei nostri nonni

venerdì 1 gennaio 2016

Poeti

L'ha scritto Tiziano Terzani, grande giornalista e scrittore, e Gianni Mura, anche lui un maestro, l'ha opportunamente ricordato ieri su Repubblica. Mi sembra il miglior augurio di buon anno.
"Mi piaceva l'idea che i problemi dell'umanità potessero essere risolti da una congiura di poeti: un piccolo gruppo si prepara a prendere le redini del mondo perché solo dei poeti ormai, solo della gente che lascia il cuore volare, che lascia libera la propria fantasia senza la pesantezza del quotidiano, è capace di pensare diversamente. Ed è questo di cui oggi avremmo bisogno: pensare diversamente".