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martedì 29 giugno 2010

Bertoldo di Stato

Una volta i ministri venivano scelti per competenza o per appartenenza politica, mai per ricompensare un silenzio complice e per sfuggire alla giustizia. Ma Brancher, che non vuole dimettersi, non è un cialtrone, non è pittoresco e si capisce benissimo che la combriccola che lo vuole ministro a tutti i costi ha più ragioni di temerlo che di premiarlo. Con le tasche piene di segreti si è umiliato sino a diventare il Bertoldo di Stato e ha conquistato sul campo i suoi gradi di ministro. All'Impresentabilità.

domenica 27 giugno 2010

L'aldo

Nella società tribale dei longobardi, tra il servo e l'uomo libero esisteva una categoria intermedia: quella degli "aldi". L'"aldo" era in qualche modo simile al liberto romano, ma con una notevole differenza: il liberto era uno schiavo liberato; in quanto tale aveva l'obbligo non solo morale ma addirittura giuridico di restar fedele alla "gens" cui apparteneva il suo liberatore. L'"aldo" invece non era stato beneficiario d'una vera e propria liberazione: semplicemente non era più soggetto alle limitazioni dei servi, si poteva muovere liberamente sul territorio e poteva anche svolgere affari e negozi in proprio nome, ma doveva fedeltà e obbedienza assoluta al suo padrone, assisterlo, rappresentarlo e battersi per lui e soltanto per lui. La volontà del suo padrone era la sola sua legge.Queste cose pensavo quando Aldo Brancher è asceso nei giorni scorsi agli onori della cronaca. Chi meglio di lui raffigura l'"aldo" longobardo? Chi più di lui ha rappresentato il suo padrone ed ha stipulato negozi per lui? Negozi di alta politica (snodo di collegamento tra Berlusconi e la Lega) e negozi di sordidi affari (pagamenti in nero destinati a fini di corruzione di partiti, uomini politici, dirigenti amministrativi, imprenditori)?

venerdì 25 giugno 2010

Illegittimo impedimento

Deve organizzare il ministero che l’amico Silvio gli ha appena cucito addosso, l’Aldo. Per questo domani non si presenterà in aula a Milano dove deve rispondere di appropriazione indebita nel caso Antonveneta. Legittimo impedimento, sorry. Se ne riparla in autunno. Il 7 ottobre, la prima data utile fornita, per ora, dall’Aldo. La cosa oltremodo meschina è che la sua compagna, accusata di ricettazione, invece domani sarà in Tribunale. Sedotta e abbandonata. Persino i leghisti si sono indignati. Non per la signora Brancher, ma per la prima uscita pubblica del decentrato Aldo. Una storia della filibusta su cui è dovuto intervenire ancora una volta il presidente Napolitano: un dicastero senza portafoglio non ha alcun bisogno di essere organizzato, quindi il ministro può partecipare al processo. Ieri l’Italia è uscita dai mondiali, assolta per il TG1, una delle battute più belle degli ultimi anni. Molti commentatori, che non si sono risparmiati i soliti toni apocalittici, hanno parlato del punto più basso del calcio italiano. Una fortuna per Cesare Prandelli, il commissario tecnico che da domani subentrerà a Marcello Lippi: peggio di così non è possibile fare. Quando questa miserabile classe politica incontrerà la sua Slovacchia?

giovedì 24 giugno 2010

La resa dei conti

Un risultato che supera le aspettative. E' contento dell’esito del referendum di Pomigliano il ministro del welfare Sacconi e parlando al Corriere non nasconde l’esultanza: "i sostenitori dell'accordo hanno vinto, la Fiom ha perso". Nell’euforia del 64% di sì, che non ha entusiasmato la Fiat, Sacconi si fa prendere la mano e svela le vere ragioni della soddisfazione governativa. “Il contratto nazionale – chiosa - sarà sempre più una cornice leggera per assicurare i livelli essenziali di salario e tutele ma è a livello aziendale e territoriale che si giocherà il futuro delle nuove relazioni industriali". Con buona pace del sindacato, perlomeno quello non allineato: “la CGIL é come quell'automobilista che imbocca l'autostrada contromano e si chiede perché tutti gli altri vanno nella direzione opposta”. Se fossi al posto di Sacconi non sarei così felice, e del resto la stessa Fiat ha incassato tiepidamente il voto dei lavoratori e sta ancora riflettendo sul da farsi. Che un operaio su 3 non condivida l’accordo non è una cosa da sottovalutare, se valgono le regole della condivisione, soprattutto quando in ballo c’è un progetto ambizioso. Ha ragione Ezio Mauro quando scrive che: “L'unica strada ragionevole, a questo punto, è l'apertura di un confronto che abbia alla base il risultato non equivoco del referendum, e cioè l'accettazione di un piano che è passato al vaglio del voto. Tenendo conto che ci sono modifiche possibili, capaci di salvare le ragioni imprenditoriali di produttività, di efficienza e di garanzia dell'investimento e di includere nell'intesa quel terzo di lavoratori che ha seguito la Fiom nel suo no". Certo sarebbe stato bello che la politica avesse giocato un ruolo diverso, meno subalterno e ideologico, visto anche quanto lo Stato ha fatto per Torino: rottamazioni, ammortizzatori sociali ecc. ecc.. Lo sanno tutti che neanche Marchionne può chiudere Pomigliano se il governo non vuole: si trattava di trovare un compromesso alle giuste esigenze di competitività dell’azienda e i diritti acquisiti dei lavoratori. Se la politica non vuole mediare è perché mira ad altro. Scrive ancora Mauro. “Purtroppo, in questa vicenda il governo ha giocato il ruolo peggiore, gregario e velleitario insieme, all'insegna della pura ideologia: che resiste soltanto in Italia, tra i Paesi europei, e che certo non è uno strumento di risoluzione dei conflitti. I ministri interessati, si sono gettati sull'osso di Pomigliano per un puro ideologismo, cercando riparo nella forza della Fiat per usarla là dove vorrebbero arrivare ma non possono, da soli, e cioè al regolamento finale dei conti con la Fiom e poi con la Cgil. Spaventa vedere un pezzo di governo impegnato nel cuore di una vertenza di portata nazionale esclusivamente per regolare i conti del Novecento, che non è capace di chiudere per via politica, vista la sua mancanza di disegno, di autonomia, di autorità. E' questo intervento autoritario e parassitario che ha dato un segno di "classe" all'affare Pomigliano, stupefacente negli anni Duemila. Quei ministri che urlavano al nuovo ordine quando credevano di avere una valanga di voti (altrui) in tasca, ieri mattina erano preoccupati di rimanere con il cerino in mano, se la Fiat si ritirava, e battevano in ritirata, come qualche leader sindacale".

mercoledì 23 giugno 2010

Venti di sud est (asiatico)

(…) I 10 minuti in meno di pausa - su 40 - la mezz'ora di mensa spostata a fine turno, e sopprimibile, lo straordinario triplicato - da 40 a 120 ore - e una turnazione che impedisce di programmare la vita, sono già un costo carissimo. Aggiungervi le limitazioni allo sciopero e il ricatto sui primi tre giorni di malattia è una provocazione o un errore, di chi vuole usare Polonia e Cina per insediare un dispotismo asiatico in fabbrica qui, quando la speranza è che l'anelito alla dignità e alla libertà in fabbrica faccia saltare il dispotismo in Cina (…)

Pomigliano d.c.

(…) Molte imprese in difficoltà, specialmente nel Nordest, nelle Marche, in Puglia e in tutto il Mezzogiorno, metteranno i loro dipendenti di fronte allo stesso dilemma che riguarda per ora i 5000 dipendenti Fiat di Pomigliano. Dichiareranno che in caso di risposta negativa saranno costrette a de-localizzare la produzione in siti più convenienti. Pomigliano cioè è l'apripista d'un movimento generale e non sarà né la Fiom né Bonanni che potrà fermarlo (…)

lunedì 21 giugno 2010

Ministerolandia

A mettere le cose a posto ci ha pensato Umberto Bossi dal pratone di Pontida. C’è un solo ministro per il federalismo e sono io. Poi ha aggiunto che al massimo potrebbe chiedere una mano a Roberto Calderoli. Con buona pace di Aldo Brancher, il neo ministro per l’attuazione del federalismo. Si occuperà di decentramento, ha detto Bossi, che è importante, ma è un’altra cosa. Fuori dal politicamente (quasi) corretto significa: caro cavaliere, salva pure i tuoi scherani dai processi inventandoti dicasteri, ma chi decide su questo argomento è la Lega, anzi sono io, Bossi Umberto da Cassano Magnago, Varese. Che va pure bene, per carità: il problema è che, a conti fatti, un nuovo ministero farlocco, pare ci costerà almeno un milione di euro. E questo per rimanere sul prosaico, perché se ci dovessimo inoltrare in disquisizioni etiche o di opportunità politica, vista la crisi, il ricatto di Pomigliano, la manovra economica, i condoni riesumati per raccattare qualche soldo, non ne usciremmo più. Sarebbe forse stato meglio lasciare Brancher ai suoi giudici. In ogni caso questa legislatura del fare, nata per semplificare e per combattere le inefficienze e i fannulloni, presenta almeno tre ministeri se non inutili un filino discutibili: il ministero per l’attuazione del programma, il ministero per la semplificazione, il ministero per l’attuazione del federalismo. E intanto il cav, che si è incartato sul decreto intercettazioni, non molla l’interim dello sviluppo economico. Che è anche il dicastero, lo ricordo, delle comunicazioni e delle frequenze tv. Il fatto che sia Berlusconi a guidarlo è un ulteriore disdoro al nostro Paese, tanto più che un titolare a tutti gli effetti sarebbe quantomai necessario in una fase così delicata di crisi industriale.

venerdì 18 giugno 2010

Intercettati in tempo

Ogni giorno si scopre di esser scesi di un nuovo gradino verso un peggio che sembra non arrivare mai.

Oggetto: I: VIOLENZA SESSUALE "LIEVE" AI MINORI: ECCO I NOMI DEI SENATORI FIRMATARI

Si erano inventati un emendamento proprio carino.

Zitti zitti, nel disegno di legge sulle intercettazioni avevano infilato l'emendamento 1.707,
quello che introduceva il termine di "Violenza sessuale di lieve entità" nei confronti di minori.
Firmatari, alcuni senatori di Pdl e Lega che proponevano l'abolizione dell'obbligo di arresto in flagranza nei casi di violenza sessuale nei confronti di minori, se - appunto - di "minore entità".
Senza peraltro specificare come si svolgesse, in pratica, una violenza sessuale "di lieve entità" nei confronti di un bambino.
Dopo la denuncia del Partito Democratico, nel Centrodestra c'è stato il fuggi-fuggi, il "ma non lo sapevo", il "non avevo capito", il "non pensavo che fosse proprio così" uniti all'inevitabile berlusconiano
"ci avete frainteso".
Poi, finalmente, un deputato del Pd ha scoperto i firmatari dell'emendamento 1707.
Annotateli bene:

sen. Maurizio Gasparri (Pdl),
sen. Federico Bricolo (Lega Nord Padania),
sen. Gaetano Quagliariello (Pdl),
sen. Roberto Centaro (Pdl),
sen. Filippo Berselli (Pdl),
sen. Sandro Mazzatorta (Lega Nord Padania) e il
sen. Sergio Divina (Lega Nord Padania).

Per la cronaca, il sen. Bricolo era colui che proponeva il "carcere per chi rimuove un crocifisso da un edificio pubblico" (ma non per chi palpeggia o mette un dito dentro ad una bambina);
il sen. Berselli è colui che ha dichiarato "di essere stato iniziato al sesso da una prostituta" (e da qui si capisce molto...);
il sen. Mazzatorta ha cercato di introdurre nel nostro ordinamento vari "emendamenti per impedire i matrimoni misti";
mentre il sen Divina è divenuto celebre per aver pubblicamente detto che "i trentini sono come cani ringhiosi e che capiscono solo la logica del bastone" (citazione di una frase di Mussolini).

mercoledì 16 giugno 2010

Fausto

FIAT: BERTINOTTI, FIOM E' SOLA, DOVE E' LA SINISTRA?
(ANSA) - ROMA, 16 GIU - "La Fiom è sola? Sì, è vero. Ma accade perché tutta la sinistra, sia moderata sia radicale, è morta. Dov'é finita la sinistra dei post-it, quella di 'Repubblica' dei girotondi, quella che protesta contro il ddl intercettazioni? A Pomigliano non la vedo". Dopo un lungo silenzio l'ex segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti parla in un'intervista a 'Il Riformista'. "Sono davvero emozionato - dice - dalla rigorosa e coerente linea a difesa dei diritti dei lavoratori della Fiom e lo sono a maggior ragione di fronte al fatto che tutti i grandi giornali, tutti i grandi partiti, tanta parte di quell'intellettualità e di quei mondi che s'indignano, giustamente, contro le leggi bavaglio, oggi è complice della Fiat. Il carico d'ipocrisia dei media e della politica, di fronte a una vicenda che punta - attraverso la Fiat - a ridisegnare le relazioni industriali e la Costituzione materiale del Paese, è enorme". "Fiat e altri, governo in testa -conclude Bertinotti- vogliono completare l'opera iniziata davanti ai cancelli di Mirafiori nel 1980: fabbriche senza sindacati e lavoratori senza diritti". (ANSA).

venerdì 11 giugno 2010

Non vedo, non sento, non so

(…) la legge che il Parlamento s'accinge a varare non supera il vaglio del diritto, soprattutto per quanto riguarda quello che a me pare il vizio macroscopico, che macroscopicamente tradisce una mentalità illiberale, o meglio autoritaria, di chi l'ha impostata, presumibilmente senza nemmeno rendersene conto (poiché altrimenti, pronunciando ogni giorno parole di libertà, certamente avrebbe evitato...). In ogni regime libero, l'informazione è un delicatissimo sistema di diritti e di doveri, in cui l'interesse dei cittadini a essere informati e il connesso diritto-dovere dei giornalisti di fare cronaca, onesta e completa, dei fatti di rilevanza pubblica incontra i soli limiti che derivano dal rispetto dell'onore e della riservatezza delle persone. Sono le persone offese che, ricorrendo al giudice, in un rapporto per così dire, paritario con il giornalista o il giornale, possono chiedere la riparazione del loro diritto violato. Il potere politico, governo o parlamento, non c'entrano per niente. Non possono prendere provvedimenti o stabilire per legge quel che i giornali, gli organi d'informazione in genere, possono o non possono pubblicare. Possono certo stabilire casi di segretezza o di riservatezza, per proteggere l'interesse al buon andamento di funzioni pubbliche (ad esempio, trattative diplomatiche, operazioni dei servizi di sicurezza, svolgimento di indagini giudiziarie, ecc.) e, a questo fine, possono prevedere sanzioni a carico dei funzionari infedeli che violano il segreto e la riservatezza. Ma non possono estendere il divieto e la sanzione agli organi dell'informazione i quali, quale che sia stato il modo, siano venuti in possesso di informazioni rilevanti e le abbiano portate alla conoscenza della pubblica opinione. In breve: il potere politico può proteggersi, ma non può farlo imbavagliando un potere - il potere dell'informazione - che ha la sua ragion d'essere nel controllo del potere (…)