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giovedì 26 novembre 2015

Culi, pedate e Anno Santo

Questa mattina noi intellettuali organici del treno stavamo discutendo di giubileo, argomento introdotto lateralmente da me, reduce da un impegno di lavoro a Roma e avendo condiviso con i miei sodali pendolari la presenza massiccia nella capitale di esercito, polizia e carabinieri in strada e a protezione di palazzi e monumenti. Commentando la decisione del Santo Padre di mantenere comunque l’istituzione dell’Anno Santo nonostante i pericoli e bla bla bla, uno dei miei amici ha fatto ricorso ad un modo di dire in dialetto bresciano, che non conoscevo ma che rende bene l’idea. La traduzione italiana è: anche lui (riferito al Pontefice) se le va a cercare. In lingua bresciana suona: Anche lù el va a miti ‘l cùl ‘ndoche ghè le pesade. Anche lui (il Papa) va a mettere il culo dove ci sono le pedate. Non fa una piega.

lunedì 2 novembre 2015

Il Sangue dei vinti

Sai papà cosa penso? Penso che tutte le guerre facciano schifo, perché sono la negazione della ragione. E che le guerre civili lo facciano, se possibile, ancora di più. Detto questo non è vero che i morti sono tutti uguali, solo perché qualcuno ha deciso di riscrivere la storia. Certo gli eccessi, tutti gli eccessi che sono venuti dopo, vanno condannati, ma è facile dirlo oggi, a 60 anni di distanza: bisognerebbe aver vissuto la paura, i lutti, le umiliazioni. La passione per i libri è stata una delle cose che ci ha tenuto legati negli anni, anche nei periodi più difficili. Da quando era in pensione mio padre leggeva tantissimo, soprattutto saggi e soprattutto di notte. E gli piaceva parlarne, discuterne di queste sue letture: Bocca, Biagi, Montanelli, Pansa, il preferito. “Il Sangue dei vinti” di Giampaolo Pansa l’aveva turbato. Leggilo, mi piacerebbe sapere cosa ne pensi. Il mio parere te lo dico dopo, ci devo un po’ riflettere. Ricordo di averlo aperto per la prima volta pochi giorni prima che la malattia entrasse a scandire le ore e i giorni della sua e della nostra esistenza. Poi Il Sangue dei vinti è rimasto lì, nella libreria. Non volevo arrivare all’ultima pagina. Non è bastato. Ho impiegato tre anni prima di avere il coraggio di ricominciare da capo.

Domani, 3 novembre, sono dieci anni che mio papà non c’è più. Non so dire cosa mi manchi maggiormente. Forse il tempo. Quello che non son stato capace di prendermi e quello che ci è stato rubato troppo presto.