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venerdì 20 dicembre 2013

Dal Vangelo secondo...

Uscendo per andare a scuola la mia signora mi dice: ti va se ci vediamo in duomo vecchio alle 3 e mezzo? C’è una mia allieva che canta. Va bene, dico. Alle 3 e 25 sono davanti all’entrata e la chiamo. Finisco la lezione e arrivo, tu entra pure. Mi levo il cappello, perché mi hanno insegnato così, e varco la soglia della splendida concattedrale romanica. Appena dentro una signora con fascia rossa al braccio e una pila di fogli in mano mi chiede: lei è un lettore del Vangelo? Minchia. La capacità della mente umana di elaborare concetti in frazioni infinitesime di secondo è impressionante. Nell’ordine ho pensato, dopo il minchia di cui sopra: adesso anche in chiesa interrogano e subito dopo: però oggi aveva detto che avrebbe spiegato, bieca giustificazione alla mia impreparazione ma che ho subito scartato, perché non avrebbe fatto onore ai miei quasi cinquant’anni e alla mia barba bianca. A togliermi dall’imbarazzo è arrivata, un secondo dopo, l’alternativa: o ascolta soltanto? A quel punto, per evitare una terza via (non al socialismo), e visto che in questa seconda dimensione mi sembrava di poterci stare comodo, ho risposto di getto: io o ascolta soltanto. Minchia. Forse era meglio: però oggi aveva detto che avrebbe spiegato. Anyway. La mia signora è arrivata a breve distanza e sarà stato il basco rosso o la faccia da profe comunista ma a lei non ha osato chiedere nulla, sperando forse che fosse il luogo a compiere il miracolo della conversione. Quindi, ignara di tutto, si è accomodata ad ascoltare quello che abbiamo scoperto essere un reading di 36 ore del Vangelo, intervallato dalla musica degli allievi del locale liceo musicale. Tutto molto bello, non vorrei essere frainteso. Anche perché i singoli evangelisti venivano introdotti e contestualizzati da una teologa che lasciava poi il compito di leggerne i brani a cittadini che si erano probabilmente iscritti a suo tempo. Che ne dici se ci andiamo a bere qualcosa di caldo? mi dice quella col basco rosso, guardando il programma. Il prossimo intervento musicale e tra un’ora. Va bene, dico. La signora con fascia e intatta pila di fogli ci vede andar via e abbassa gli occhi. Dopo poco però torniamo e siccome io so, a quel punto negli occhi le leggo un misto di stupore e di gioia, che ricambio, bastardo, con un sorriso e un eccoci di ritorno, che mi fa vergognare sin nel profondo, soprattutto quando sento quelli sotto il basco rosso che mi guardano interrogativi. Facciamoci un giro da Feltrinelli, propone ancora la mia di signora. L’organo e la tromba sono alle 7 e mezzo. Che detto così pare brutto e anche un po’ blasfemo, ma anche a utilizzare perifrasi, tipo lo strumento con le canne, non se ne esce, quindi la chiudo qui e chiedo venia. Da Feltrinelli ci stiamo per più di un’ora e quando torniamo entro in duomo come se scendessi dalla scaletta dell’aereo alzando la coppa del mondo, aspettandomi l’applauso e la standing ovation degli astanti. Non ci sono andato molto lontano. Alla solita donna all’entrata si era nel frattempo aggiunto un ragazzo e quando lui, diligente, fa per chiederci se siamo, oppure, lei lo interrompe, e sorridendomi complice dice: no, loro sono nostri affezionati. Da sotto il basco percepisco sempre più perplessità, ma in qualche modo dovevo pur riscattare io o ascolta soltanto del pomeriggio.



mercoledì 27 novembre 2013

La B. decadance

E’ in giorni come questi che uno dimostra veramente da che parte sta. In quali ideali crede. In quali colori. In giorni da dento o fuori non ci sono scusanti, lo spirito d’appartenenza, l’amore, la rabbia anche, per i tanti torti subiti, le ingiurie, le accuse più infamanti, devono darci ancora più forza per trasmetterla a chi affronta questa battaglia decisiva. Consapevoli, anzi, certi, che non sarà l’ultima. Sono milioni, siamo in milioni orgogliosi di quello che è stato fatto, delle vittorie, tante, e non solo in Italia, che ci hanno consentito di sventolare le nostre bandiere in tutte le piazze. In ogni caso, comunque andrà a finire, saremo sempre qui, pronti a ripartire, con gli stessi colori, gli stessi ideali, lo stesso amore. Forza Juve.

venerdì 8 novembre 2013

Berlusconi, tuo. Come le suore e la prinz verde

Le uscite fuori luogo (per non dire altro) di Berlusconi sono diventate ormai come le gaffe di Mike Bongiorno: dopo un po’ te l’aspetti. E poi perché stupirsi visto che i due protagonisti, parlandone da vivi, avrebbero potuto tranquillamente scambiarsi i ruoli in commedia, e magari, chissà, ne avrebbe guadagnato anche lo spettacolo?  La colpa grave, oltre all’accettazione passiva di questa situazione, dove non si distingue più chi è il politico e chi è il guitto, è la connivenza della stampa. La connivenza  di chi avrebbe il compito di smascherare questo gioco al massacro e invece lo alimenta per mantenersi in vita. Non è necessario che ogni scoreggia che fa Berlusconi, ma come lui chiunque altro, venga riportata dai giornali. Non è necessario che gli editorialisti si impegnino a commentare, o che vengano intervistati gli esponenti della comunità ebraica per stigmatizzare l’ultimo infelice paragone di B. tra i suoi figli e i perseguitati dei lager nazisti. Qual è stato il risultato? Per l’ennesima volta, anche adesso che sta per scomparire dalle istituzioni e che sta trattando la resa,  è stato ribadito il concetto che il personaggio è incommentabile (ma non lo sapevamo dal ’94?) e che sarebbe meglio ignorarlo. Nel frattempo però, quorum ego, si sta parlando ancora di lui. E con quale obiettivo? Che gli italiani si rendano conto con chi hanno a che fare? Visto come sono andate le cose non mi sembra una grande strategia. Chi legge i giornali che mettono alla berlina il cav sono già oltre. Gli altri sono quelli che ridono alle barzellette e gli invidiano le fighe (in questo caso la parte per il tutto è quanto mai opportuna). Che fare, dunque? Una soluzione ci sarebbe. Invece di fare da cassa di risonanza, nelle redazioni, quando arriva una dichiarazione o un video messaggio di Berlusconi, dovrebbero limitarsi a passarselo. Come si faceva con le suore o la Prinz verde. Tuo.

lunedì 30 settembre 2013

La mossa della disperazione

La mossa di Berlusconi è talmente prevedibile e banale che si commenta da sola. Il presunto statista, e qualcuno anche a sinistra l’ha accreditato come tale, non ha fatto altro che dimostrare la sua coerenza politica, quella coerenza che ha contraddistinto questi 20 anni di buio della repubblica e di obnubilamento delle menti. L’interesse personale è l’unica linea guida che lo conduce, che lo ha spinto a fondare un partito (partito?), gestirlo come un'azienda e pensare di trasferire lo stesso schema nel governo del Paese. Qualcuno (anche a sinistra, ripeto) glielo ha permesso (perché non è stata fatta la legge sul conflitto di interessi o applicata quella in vigore sull’ineleggibilità?) e lui, forte di un consenso oggettivo, giustamente si è ritenuto legittimato a farlo. L’imposizione delle dimissioni di massa ai suoi parlamentari è però una tale enormità che può davvero sparigliare le carte. Per la prima volta, forse l’ultima, i ministri e i parlamentari del pdl hanno l’occasione, in nome davvero dell’interesse nazionale, di smarcarsi dalla follia megalomane dell’insonne di Arcore, dando credibilità e dignità al loro ruolo, a loro stessi e un orizzonte allo stesso centrodestra italiano. Ci credo poco, ma sperare non costa nulla.

giovedì 19 settembre 2013

Morto che parla

Dice bene Gramellini: "Dovrebbe farmi paura e invece non mi fa neanche pena. Solo tanta tristezza: per lui, per me, per noi che da vent’anni scandiamo il tempo delle nostre vite con i videomessaggi di un tizio che ha sostituito la politica con l’epica dei fatti suoi".

La Stampa




giovedì 12 settembre 2013

Il sommo Sallusti e l’ingorillimento del Pd

Da qualche settimana ho iniziato una corrispondenza quotidiana con un amico fraterno. Anzi, in verità è una cosa che gli ho quasi imposto: gli giro per posta elettronica il pdf della prima pagina de Il Giornale, soprattutto quando c’è il pregevole del maestro Sallusti, con un mio breve commento. Oddio, commento è una parola grossa. Più che altro sono considerazioni un po’ sopra le righe e irriverenti sul pensiero (?) e l’analisi (?) politica del direttore del gazzettino berlusconiano. Ammetto la mia debolezza: mi piace leggere Sallusti e anche tal Tramontano, quando ci delizia, tanto che il mio amico, che mi conosce da sempre e mi vuole bene, si è addirittura preoccupato di una mia possibile deriva destrorsa. No, solo che mi diverte vedere come il nostro riesce (?) a difendere l’indifendibile, a distorcere la realtà, a raccontarsi un’altra storia. Il mio amico non so quanto apprezzi questa corrispondenza. Ogni tanto però risponde alle mie provocazioni e lo fa sempre in modo serio, costringendomi a un pensiero più evoluto, per quanto mi è consentito dai neuroni disponibili. Questa mattina, per esempio, il sommo Sallusti discettava sempre sul priapo di Arcore e definiva genericamente gli altri dei figuranti della politica, parlava di avanspettacolo. Il mondo alla rovescia, insomma. El me amis su questa mia considerazione mi risponde quanto segue. “Mi dispiace contraddirti, ma Sallusti ha ragione. La storia della decadenza da senatore di Berlusconi loro l'hanno spettacolarizzata e noi non abbiamo trovato di meglio che farne parte, proprio come ballerine di avanspettacolo, con il risultato, ancora una volta, di farci male, ma di farcene tanto. Tutta la comunicazione sulla faccenda non fa altro che dipingere il berlusca come un derelitto e perseguitato. se in due giorni la giunta si fosse riunita e avesse votato, avremmo avuto per altri due giorni le lamentele e i pianti della destra, ma al terzo giorno tutto sarebbe stato dimenticato, e da almeno tre settimane staremmo parlando di altro. Invece, non riusciamo a stare senza berlusconi, questo purtroppo è il nostro mantra”. Minchia, ho pensato: ha ragione. E io che volevo solo cazzeggiare. Ho quindi risposto. Aggiungo una nota di pessimismo alla tua analisi, prendendo spunto dalla profezia di Jena sulla Stampa: “Se il partito lo richiede un vero bolscevico è disposto a credere che il nero sia bianco e il bianco nero”. Dare del bolscevico a questi mi rendo conto che è un'offesa (ai bolscevichi s’intende, che è tutto dire), ma siccome Jena molti di questi li conosce anche personalmente, sa che a qualcuno questo spirito di corpo può infondere una sorta di nostalgico ingorillimento, tipico dell'uomo di mezza età che crede di farcela con la ventenne, e poi si ritrova in terapia intensiva.



lunedì 5 agosto 2013

Ingiudicabile

Far cadere il governo significherebbe scavarsi la fossa definitivamente, quindi non è lo statista (quando mai?) quello che ha parlato ieri in via del Plebiscito ai pochi militanti in gita premio, ma il vecchio e bolso leader in caduta libera che cerca di portare a casa perlomeno lo 0 a 0, per usare metafore a lui tanto care.  Ma siccome alla piazza bisogna dire qualcosa, per dare un senso anche ai 40 gradi di caldo, ecco allora pronta la tesi semplice e da mandare a memoria: come si permettono dei magistrari che hanno solo passato un concorsino, dei semplici impiegati dello Stato, di giudicare e soprattutto condannare chi invece è stato votato da 10 (secondo lui) milioni di cittadini? In subordine, chi è stato votato sempre dai fantomatici 10 milioni di cittadini, ha diritto naturala alla grazia. Come scrive Curzio Maltese, un argomento che oltre Chiasso fa ridere. E il reato? Quale reato? Non se ne parla perché nel Truman Show di Silvio non conta. Essendo egli stesso il reato, è dunque oltre il reato. Quindi ingiudicabile.

sabato 3 agosto 2013

Sentenze


L’Italia è il Paese che amo

venerdì 19 luglio 2013

Volevo solo un panino, una coca e pisciare

Confesso di essere intollerante verso il marketing in tutte le sue declinazioni, dalla pubblicità televisiva (che non guardo) a quella radiofonica (che non ascolto), a qualsiasi tipo di promozione alimentare, cremale, profumale, fino ad arrivare al 3x2 delle professioni di fede. Un sabato mattina uno di questi dispensatori di verità mi ha preso alla sprovvista, nel senso che non sono riuscito nemmeno ad augurargli un attacco di emorriodi, e mi ha ricordato, via citofono, l’imminente fine del mondo e la necessità di avvicinarmi al Tempio per sperare nella salvezza. Siccome sono stato educato bene, ho gentilmente ringraziato per l’informazione sulla fine del mondo ma declinato l’invito ad approfondire l’argomento su da me, come mi aveva proposto. Al che il nostro, con tono risentito, ha manifestato tutto il suo stupore per la mia superficialità, per poi  definitivamente arrabbiarsi quando, sommessamente e cercando di recuperare, ho chiesto se per Tempio intendeva il Tempio Inca, dove la sera prima avevo mangiato un’ottima pizza al salamino piccante. Pronto, pronto… Non credo verrà più a suonare al mio campanello. Tornando alla pubblicità: non so se è una persecuzione personale o se il fenomeno è diffuso su tutta la rete autostradale. Succede che l’altro giorno mi fermo a un autogrill per mangiare un panino, che all’autogrill non si chiamano normalmente panini al prosciutto, alla coppa, al salame o alla mortadella, no si chiamano Fattoria, Icaro, Rustichella e cagate del genere, che prima di andare a fare lo scontrino sei costretto a farti largo davanti all’apposito bancone per identificare nomi e ingredienti.  Mi metto quindi ordinatamente in fila alla cassa e quando arriva il mio turno chiedo un piacentino, banale panino con la coppa, e una coca cola. Vuole fare il menù? Con un euro in più prende un dolce o la frutta, mi dice la cassiera gentilmente professionale. No, grazie. Non prende il dolce? Fa lei tra lo stupito e l’ammiccante: dai lo so che il dolce ti piace. No, sorrido ancora gentile. Nemmeno la frutta? In tono quasi di rimprovero. No, solo un piacentino e una coca. Caffè? No. Gratta e vinci? No. Sul gratta e vinci ammetto di aver vacillato: non ne ho mai comprato uno in vita mia ma ho sperato che gli spot fossero finiti, perché se a quel punto mi avesse offerto anche una corona del rosario l’avrei comprata pur di farla smettere. Nel frattempo la coda si era allungata paurosamente e iniziavo a sentire aumentare l’afrore di un paio di camionisti ucraini dietro di me. Volevo solo un panino e una coca, pisciare e magari sfogliare uno di quegli improbabili libri da autogrill: cento modi per scaccolarsi senza farsi notare. Invece no. Per fortuna in bagno nessuno ha indagato sul tipo di bisogno che mi accingevo a espletare elargendomi consigli (per gli acquisti) in merito.

martedì 16 luglio 2013

Oltre

Come non dare ragione a Norma Rangeri?


Dal Manifesto

Norma Rangeri
12.07.2013

Il Cavaliere riunisce il suo stato maggiore, incassa il coro pretoriano e si prepara allo show-down finale. Il governo non si discute. Si ricatta. Si tiene al guinzaglio Letta junior e intanto si mobilita la piazza contro una magistratura definita "associazione segreta". Finché non scenderà in campo Forza Italia, come nel '94, come un incubo che replica l'inizio della fine. Solo che adesso siamo già oltre la fine. E il cronoprogramma di Berlusconi prevede solo una via d'uscita, fiducioso, come è sempre avvenuto, di riuscire, con una sentenza favorevole o ribaltando il tavolo, a farla franca.

Di fronte alla falange berlusconiana c'è un Pd allo sbando, con un segretario che difende la scelta sciagurata di piegare il Parlamento alla battaglia contro la magistratura. Forse pensando di chiudere la stalla quando i buoi sono usciti da un pezzo. Il Pd in realtà lascia gestire a Berlusconi il proprio congresso e intanto scivola nel gorgo masochista in cui il gruppo dirigente ogni giorno affonda un po'. Lacerato da una guerra intestina senza quartiere, impegnato nell'eroica battaglia a chi affonda meglio il coltello nella piaga dell'avversario interno. Una rissa mediatica combattuta nel vuoto spinto della politica, mentre corre sotto traccia una riforma della Costituzione che dovrebbe regalarci l'elezione diretta di un presidente-caudillo, uomo forte al comando di un paese economicamente annientato da una destra che ha deciso chi saranno i sommersi e chi i salvati.

Chi mai avrebbe immaginato, nonostante peggiori presagi annunciati dal governo delle larghe intese, che il Pd potesse arrivare a sospendere i lavori del Parlamento perché la Cassazione aveva evitato la prescrizione di uno dei processi di Berlusconi? Neppure il più cinico osservatore della politica nazionale, nemmeno il più sconfortato militante rimasto a casa alle ultime elezioni avrebbe spinto la propria disillusione al punto di prevedere una fine così indecorosa di un gruppo dirigente già tramortito e umiliato da un governo sterilizzato nella provetta presidenziale.

Il deserto sociale in cui siamo sprofondati di fronte alla degenerazione estremista del berlusconismo, ai disastri del montismo, al fantasma di una sinistra che non c'è, rende persino difficile pensare di poter giocare la carta delle elezioni. Anche questa estrema riserva della democrazia sembra un'arma debole.



lunedì 8 luglio 2013

Questioni di merde

Attenti a dire che l’Italia è un paese di merda: da oggi si rischia una denuncia per vilipendio. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, chiamata a prendere in esame il caso di un signore, non importa chi, che aveva espresso il suo colorato giudizio (e non è una battuta) a causa di una multa. Il diritto di manifestare il proprio pensiero in qualsiasi modo (per esempio dire che l’Italia è un paese di merda, ndr), scrivono gli ermellini, “non può trascendere in offese grossolane e brutali prive di alcuna correlazione con una critica obiettiva". Per integrare il reato, previsto dall'articolo 291 del codice penale, "è sufficiente una manifestazione generica di vilipendio alla nazione, da intendersi come comunità avente la stessa origine territoriale, storia, lingua e cultura, effettuata pubblicamente". L’Italia è un paese di merda rientra dunque tra queste.

Il reato in esame (l’Italia è un paese di merda, ndr), spiega la Suprema Corte, "non consiste in atti di ostilità o di violenza o in manifestazioni di odio: basta l'offesa alla nazione, cioè un'espressione di ingiuria o di disprezzo che leda il prestigio o l'onore della collettività nazionale, a prescindere dai vari sentimenti nutriti dall'autore".
Ecco perché il comportamento dell'imputato, che "in luogo pubblico, ha inveito contro la nazione", (gridando, lo ricordo, l’Italia è un paese di merda) , "sia pure nel contesto di un'accesa discussione dopo la contestazione elevatagli dai carabinieri per aver condotto un'autovettura con un solo faro funzionante, integra il delitto di vilipendio previsto dall'articolo 291 del codice penale".
Questo, osservano sempre i giudici, "sia nel profilo materiale, per la grossolana brutalità delle parole pronunciate pubblicamente, tali da ledere oggettivamente il prestigio o l'onore della collettività nazionale, sia nel profilo psicologico, integrato dal dolo generico, ossia dalla coscienza e volontà di proferire, al cospetto dei verbalizzanti e dei numerosi cittadini presenti sulla pubblica via nel medesimo frangente, le menzionate espressioni di disprezzo, a prescindere dai veri sentimenti nutriti dall'autore e dal movente, nella specie di irata contrarietà per la contravvenzione subita, che abbia spinto l'agente a compiere l'atto di vilipendio": l’Italia è un paese di merda.

Domanda. Se però, genericamente, parliamo di un luogo, Utopia, per dire, sotto scacco da 20 anni di un tycoon televisivo e dall’incapacità della politica di cancellarne le gesta; un paese capace di eleggere per due legislature e di pagare lo stipendio a un mentecatto del genere http://video.repubblica.it/politica/razzi-e-l-interrogazione-impossibile-sui-corridoi-ferroviari/132791/131310?ref=search ; un paese che non ha rispetto della propria cultura; che costringe persone alla soglia dei 50 anni e con 3 lauree al precariato scolastico; che ogni primo luglio le umilia a fare la fila sin dalle prime luci dell’alba all’ufficio collocamento per elemosinare la disoccupazione, ecc. ecc.: questo possiamo dirlo che è un paese di merda o no? Se poi questo paese è anche l’Italia, pazienza.

giovedì 9 maggio 2013

Tra color che son sospesi

E' quest'acqua qua....

L’Amaca 9 maggio

Michele Serra

Ai fautori delle larghe intese sfugge la folle anomalia italiana. Qui non si tratta di superare o smussare le differenze ideologiche tra destra e sinistra, compito improbo ma concepibile in tempi di emergenza sociale. Si tratta di fare finta che non gravino, sul leader di uno dei due schieramenti, processi e sentenze; di disinnescare uno scontro ventennale non sull’Imu o altre somme e sommette, ma sull’indipendenza della magistratura e sulla giudicabilità del potere politico. Così che ad ogni stormire di scartoffia, ad ogni refolo di tribunale, tutti tremano e sono costretti a sperare che una tregua o una distrazione o un caritatevole trucco possano rimandare a chissà quando il Giorno del Giudizio, che non varrà – capite la pazzia – solo per Lui, varrà per tutti, per il governo, per la legislatura, per la destra idolatra che se lo è scelto senza fiatare, per la sinistra imbelle che se lo è sciroppato fino a questa disperata partnership, per tutto lo sciagurato Paese che vive, da vent’anni, in ostaggio di un uomo che altrove (vedi Bernard Tapie in Francia) sarebbe stato rimesso al suo posto in un paio d’anni al massimo. Ieri era Nitto Palma, oggi una sentenza, domani un nuovo scontro al penultimo sangue tra avvocati, magistrati e parlamentari sempre inchiodati alla stessa croce. È politica, questa? O è la sua sospensione fino a nuovo ordine?

martedì 30 aprile 2013

Perdono

Spero che il brigadiere Giuseppe Giangrande possa tornare presto a una vita normale. Mi ha commosso la forza della figlia Martina, la sua caparbietà e la volontà di superare anche questa ennesima situazione drammatica, a poche settimane dalla perdita della madre. Ho trovato prive di senso, inutili, stucchevoli e offensive le domande che le sono state rivolte sul suo eventuale perdono a Luigi Preiti, lo sparatore. Non so se Martina è credente e quindi se mai si porrà la questione in termini di perdono o se, laicamente, vorrà un giorno valutarla in termini di giustizia, ammesso che ciò sia possibile. Premesso questo, ritengo che nell’un caso o nell’altro stiamo comunque parlando di un percorso intimo e personale che non deve essere messo in piazza, soprattutto a poche ore dai fatti. E questa, secondo me, è la volgarità della questione, che dovrebbe far vergognare chi ha fatto la domanda. Ma anche giornalisticamente, dico io, di fronte a una tragedia umana e personale, che implica, se vogliamo, un corollario di altre tragedie sociali e politiche, che cazzo te ne frega, se non per una pura soddisfazione onanistica, sapere se una donna visibilmente e comprensibilmente scossa per l’enormità che le è piovuta addosso perdonerà o meno chi ha sparato a suo padre?

lunedì 8 aprile 2013

Domande

Se fossi Bersani, al quale va tutta la mia solidarietà politica e umana:
1) mi guarderei le spalle
2) mi interrogherei su chi è il vero nemico del partito democratico: Berlusconi o D’Alema?

mercoledì 27 marzo 2013

Meglio sotto

Il pensiero come vedrete è semplice e non ha bisogno di parafrasi. Ma nello stesso tempo è indice di un disagio e di un’esasperazione che dovrebbe far riflettere i vertici dell’azienda in questione. La frase è visibile (almeno fino a ieri lo era) nel sottopassaggio di una stazione lombarda che frequanto quotidianamente e a scriverla, non credo di sbagliarmi, deve essere stato uno dei tanti pendolari che viaggiano verso il capoluogo: Meglio sotto che sopra un treno. Ferrovie di merda.

martedì 5 marzo 2013

La Gianluisa

Conversazione telefonica sentita oggi in treno. Logicamente ho sentito e riporto solo quello che veniva detto live, anche se l'interlocuzione dall'altro capo del cellulare è abbastanza intuibile.




- Ciao Gianluisa…
- si bene… .
- Senti, volevo chiamarti ieri ma sono rientrata alle 9 più morta che viva e adesso sono di nuovo in treno....
- no, sto andando a Vicenza….
- va bè, comunque…. volevo chiederti se anche la Lucy ha il saggio di ginnastica il 23….
- come? sì il 23 marzo…
- Non lo so, a Sofia han dato un cartoncino per questo saggio ma io non l’ho ancora restituito. Volevo capire un po’ da te, anche perché ultimamente Sofia non va volentieri a ginnastica...
- come dici? sì, secondo me perché lei le fa faticare troppo…
- Allora, siccome volevo premiarla, anche per motivarla un po’, ho pensato di portare lei e la Lucy a un soft lunch …
- Sofia voleva già invitarla la settimana scorsa…
- no, certo, certo, beh lei e la Lucy vanno d’accordo …
- come dici? Sì credo anch’io che un po’ si somiglino, come carattere…
- Facciamo così, senza chiedere a Bruno, a prenderle a scuola potrei andare io, poi la Lucy sta con noi un po’ e te la riporto nel tardo pomeriggio…
- pensavo domani se a te va bene…
- ah domani la Lucy ha scacchi….





venerdì 1 marzo 2013

Prove di governo

Di Silvio Berlusconi si può dire e pensare tutto il male possibile ma non che non abbia l’istinto di sopravvivenza di un animale. Non a caso il giorno dopo il risultato elettorale è stato il primo a parlare. Tra i tanti travestimenti di cui ci ha ammansito, per l’occasione ha sfoderato iil meno credibile, quello dello statista, e in un video ha parlato di responsabilità, della necessità di formare un governo per il bene del paese, mettendosi a disposizione. Perché secondo voi? Perchè è capace a far di conto, conosce le possibili convergenze nei programmi di Pd e Movimento 5 Stelle – legge sul conflitto d’interesse, legge anti corruzione, tanto per fare due esempi che gli fanno venire l’orticaria – sa benissimo che un’eventuale alleanza tra le due forze, anche un’alleanza di scopo, limitata nel tempo, il tempo necessario a fare poche cose, compresa una nuova legge elettorale, tutto questo metterebbe la parola fine alla sua avventura politica e al suo salvacondotto sui processi. Su questa scorta, opportunistica se volete, proviamo a fare alcune ipotesi di scenario. Le alternative sono davvero poche e a parte le dichiarazioni di chiusura totale di Beppe Grillo, necessarie a tenere caldo il suo popolo, credo che anche per lui sia arrivato il momento di decidere. Decidere se buttare a mare un consenso enorme sfasciando tutto, o dettare l’agenda e votare la fiducia ad un governo con il Pd che abbia un mandato preciso. Per andare poi al voto ad incassare una rendita di posizione a quel punto forte anche della responsabilità dimostrata. Senza contare che già così otterrebbe il risultato di eliminare politicamente uno dei suoi due avversari, Berlusconi, sapendo peraltro che sarà sempre lui a staccare la spina a Bersani nel momento  in cui, tra un anno, un anno e mezzo, verranno sciolte le camere. Personalmente non mi sento di accusare Bersani di aver sbagliato la campagna elettorale. Il segretario del partito democratico ha detto cose di buon senso e di responsabilità, se poi gli italiani credono al più pilu per tutti non è certo colpa sua. Credo che faccia bene – come fa nell’intervista a Repubblica - a rivendicare il diritto dovere di provare ad assumersi l’incarico di premier e a chiedere la fiducia su un programma chiaro. Credo soprattutto che faccia bene a tenere il Pd lontano da qualsiasi ipotesi di governissimo, prospettata da altri maggiorenti del partito notoriamente portatori di sfiga.  Se fossi in Bersani proverei addirittura a sparigliare dicendo a Grillo: mettiamoci d’accordo sul programma e poi guidalo tu il governo.

sabato 23 febbraio 2013

Imbonitori, principi e sovranità popolare

Credo che alla fine vincerà il centrosinistra, ma non penso avrà una maggioranza sufficiente a governare. Credo che l'ipotesi di governo del PD con i centristi di Monti, già nelle cose da tempo, dipenderà dai consensi che questi ultimi riceveranno dalle urne. In ogni caso credo che si tratterà di un governo a tempo, destinato a fare le cose necessarie per uscire presto e definitivamente dalle macerie della seconda repubblica: dare stabilità ai mercati, rilanciare per quanto possibile l'economia, rivedere l'assetto di alcune istituzioni, cancellarne altre, stemperando di conseguenza tutti i populismi, fare una legge elettorale decente. Dopodichè, schieramenti più consoni ad una nazione europea e occidentale, andranno di nuovo a chiedere la legittimazione ai cittadini. Progressisti da una parte e conservatori dall'altra. Senza conflitti d'interesse. E senza ricatti. Credo che il Movimento 5 Stelle sia una conseguenza, anche se non solo, di 20 anni di berlusconismo. Come la Lega lo fu delle degenerazioni dei pentapartiti della prima repubblica. Con la differenza che i cosiddetti grillini, pur vivendo all'ombra e nel culto del capo, si presentano meglio, sono meno rozzi, forse più intelligenti, ma per questo più pericolosi. In ogni caso le urne li premieranno molto più di quanto ci si aspetti. Io spero solo che in Lombardia vinca Umberto Ambrosoli, perchè questo significherebbe la fine dell'alleanza pdl lega. La perdita della regione simbolo avrebbe conseguenze devastanti sul carroccio e non sono pochi quelli che all'interno, in fondo, se lo augurano, per regolare definitivamente i conti con l'attuale classe dirigente. Machiavelli nel Principe a un certo punto fa tutto un discorso sulla legittimità del principe, appunto, di utilizzare le leggi, la forza e la furbizia e chiude dicendo: "(...) Ma è necessario questa natura saperla ben colorire, ed essere gran simulatore e dissimulatore: e sono tanto semplici gli uomini, e tanto obbediscono alle necessità presenti, che colui che inganna troverrà sempre chi si lascerà ingannare (...)".Credo che abbia ragione chi ha detto che queste elezioni sono una prova di maturità per i cittadini. Spero che Machiavelli si sbagli e che gli imbonitori, i soliti peraltro, tornino una volta per tutte a fare quello che gli compete: le televendite.

lunedì 4 febbraio 2013

Rieccolo

Mio suocero era nato a Povegliano, nella bassa veronese, nel 1924. Ha quindi vissuto il ventennio, si è fatto un po’ di guerra - la classe del ‘24 è stata l’ultima ad essere arruolata – fino all’8 settembre, quando ha buttato le armi e se n’è tornato a casa a piedi, da Subiaco, nell’alta valle dell’Aniene. Tra i tanti racconti su quegli anni, ieri me n’è tornato alla mente uno: quello del comizio del podestà del suo paese che per magnificare la grandezza  e le capacità del fascismo promise ai compaesani: da qui passerà il mare e all’Alpo faremo il porto. Più o meno come la restituzione dell'Imu.

martedì 29 gennaio 2013

Ritirata

L'associazione telespettatori cattolici ha ritirato la denuncia contro Corrado Guzzanti per oltraggio alla religione (vedi post precedenti). Un successo raggiunto grazie anche alla petizione online a sostegno dell'artista promossa da Articolo 21 e Change.org, che in poco tempo ha raccolto 54 mila firme. Guzzanti ha voluto ringraziare tutte le persone che l'hanno appoggiato, quorum ego, attraverso una lettera al sito che replico qui sotto.

Un enorme grazie agli amici di Articolo21 e di Change.org, per aver promosso la petizione in mia difesa e a tutti quelli che l’hanno diffusa e firmata. Con l’occasione ringrazio anche molti giornalisti che hanno preso le mie parti scrivendo della querelle tragicomica di Padre Pizzarro. Ciò detto è probabile che abbiamo sopravvalutato tutti le minacce dell’Aiart, associazione che pretende di rappresentare i telespettatori cattolici, di cui né io, né voi, né i telespettatori cattolici avevamo mai sentito parlare.


Vorrei innanzitutto precisare, anche se è stato già fatto altrove, che La7 non stava mandando in onda un mio nuovo programma, ma la ripresa televisiva di uno spettacolo teatrale del 2010, già replicato su Sky decine di volte, e anche in chiaro sul canale del digitale terrestre “Cielo”, pubblicato in DVD, presente da tempo su youtube etc. L’Aiart poteva legittimamente non esserne a conoscenza, o essere stato appena fondato e voler recuperare il tempo perduto, ma non lo era neanche del fatto che i reati di opinione, insieme al vilipendio ecc. sono stati fortemente ridimensionati nel nostro ordinamento. Gli attuali limiti della satira, si parli di politica o di religione, si riducono sostanzialmente alla calunnia o all’insulto personale, per i quali la legge, come è noto, prevede il diritto di querela. Dunque paradossalmente avrei più speranze io di sfidare l’Aiart in tribunale per le parole offensive che mi rivolge nei suoi comunicati, senonché l’ultimo di ieri, in cui si dice soddisfatta delle mie scuse, estorte per gioco in una gag de “Le Iene”, mi ha riempito il cuore di tenerezza.

In merito all’offesa confesso di non capire esattamente cosa sia il “sentimento religioso” perché sfortunatamente non ne sono dotato. Ho sempre pensato che essere intimamente credenti non possa essere troppo diverso dall’essere intimamente liberali, o socialisti, o vegani. Si tratta di amare e riconoscersi in delle idee, in una visione della società e del mondo, e le idee non sono sacre e intoccabili solo perché noi crediamo così fortemente in esse; vivono nel dibattito pubblico, confrontandosi e dovendo convivere con idee diverse e a volte opposte. Spero di non offendere nessuno se affermo che l’esistenza di un creatore, l’inferno, il paradiso, l’immortalità dell’anima, il giorno del giudizio ecc. siano, fino a spettacolare prova contraria, soltanto delle idee, delle opinioni che si è liberissimi di sostenere purché non si tenti di imporle agli altri come un tabù inviolabile.

Che il sentimento religioso non possa reclamare una superiore legittimità, perché supportato, mi dicono, da pervasiva e speciale intuizione, appare evidente dal fatto che le credenze religiose sono tante, più di quelle da cucina dell’Ikea, e producono purtroppo affermazioni contrastanti. Un buddista e un cattolico, egualmente persuasi della loro fede, saranno certi di saperla molto lunga sull’origine e il senso dell’uomo e dell’universo, ma almeno uno di loro, al momento del trapasso, avrà una sorpresa. Ciò dovrebbe suggerire che convinzione “sentimentale” profonda e verità siano sostanzialmente due cose diverse.

Si obietterà, magari stavolta tra i denti, che l’unica fede valida sia la nostra (e raramente qualcuno insorge perché sia stata offeso il sentimento religioso di qualcun altro), eppure non tutti i credenti si offendono, alcuni addirittura ridono, e spero che L’Aiart non pensi che a persone di questo genere siano capitati in sorte una fede o un sentimento di serie B.

Mi conforta che questa associazione limiti la sua vigilanza ai nostri canali generalisti; al confronto di ciò che osa la satira in Inghilterra, in Francia o negli Stati Uniti, il mio Padre Pizzarro fa la figura del tenero Giacomo della Settimana Enigmistica. Ma il nostro è un paese “laico e democratico” dove un presidente del consiglio che nessuno di noi ha eletto, come primo atto ufficiale va a porgere i suoi omaggi al Papa. E il motivo per cui io e i miei colleghi scriviamo e recitiamo cose come “Padre Pizzarro” è che l’Italia sembra spesso uno stato teocratico “di fatto”. Solo pochi anni fa un ministro dell’istruzione avanzava, con un certo successo, la proposta di abolire Darwin dall’insegnamento scolastico per rispetto ai creazionisti, che ancora ci devono spiegare (come diceva un noto comico americano) perché Dio prima di creare l’essere a sua immagine e somiglianza si sia gingillato per milioni di anni coi dinosauri. Dunque non mi stupisce troppo che una minoranza di ferventi religiosi, invece di limitarsi a cambiare canale, si senta in diritto di chiedere una punizione legale, e questo rende, e temo renderà ancora, iniziative come la vostra necessarie a difendere e ribadire civilmente la libertà di tutti. In molti anni di televisione non credo di essermi guadagnato la fama del provocatore seriale, a caccia di polemiche per ottenere attenzioni e notorietà, né quella di un comico particolarmente violento o volgare. Ho sempre fatto il mio lavoro seguendo il mio “sentimento satirico”, parlando di tutto e di tutti nel modo più libero che mi è stato e che mi sono concesso. So inoltre cosa significhi sentirsi indignati. Le affermazioni fatte da esponenti di quel mondo, o da politici che, più o meno sinceramente, parlano e decidono in sua difesa, delle nostre scelte in materia di sessualità, diritti, vita e morte, mi hanno offeso numerose volte e continuano ad offendere il mio sentimento laico. Per questo ogni tanto Padre Pizzarro parla ed altri oltre a lui e dopo di lui parlano e parleranno.

Grazie ancora a tutti. Vi abbraccio.”

Corrado Guzzanti

venerdì 25 gennaio 2013

Poveri e nemmeno più belli

Dicono le cronache che questa mattina dal tinello di casa, a Mattino 5, ha annunciato che ha pronta una proposta shock per le famiglie. Nessuna anticipazione: per ridere (o più probabilmente per bestemmiare) dobbiamo attendere la vigilia delle elezioni. Credo che l’attesa non mi toglierà il sonno. L’unica proposta nelle sue corde che mi viene in mente potrebbe essere il ripristino dello ius primae noctis. Per fortuna non ho figlie. Tornando invece alle cose serie, in un paese normale, chi governa, o si candida a governare, avrebbe il dovere di occuparsi del paese reale. Che è quello raccontato di seguito.


COSI' SIAMO DIVENTATI POVERI

(…) Quasi la metà del paese non ha lavoro, lavora al nero, ha redditi sotto i mille euro. La media delle famiglie italiane guadagna meno di ventimila euro l’anno, con buona pace delle discussioni sulla patrimoniale per chi ha redditi sopra il milione o il milione e mezzo. (…)

L’ascensore sociale non è solo fermo, guasto, bloccato dal malaffare e dal malgoverno. Torna indietro. Non sale: scende. I figli hanno un destino peggiore dei padri, (…)

È il lavoro che manca. È l’unica cosa di cui parlare, la sola di cui una campagna elettorale dovrebbe occuparsi: offrire un progetto per restituire lavoro al Paese. Senza libertà materiale non c’è libertà politica né democrazia. Il resto sono chiacchiere.

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giovedì 24 gennaio 2013

Per chi ama i cani

Se ami davvero i cani e vuoi averne uno, devi essere disposto a prendertene cura, finchè morte non vi separi, merde comprese. Perché, se non lo sai te lo dico io, in modo che ti regoli in caso ti venisse la voglia di cui sopra, anche il cane caga e, ahimè, non solo non si fa il bidè dopo, ma non utilizza nemmeno la tazza. Si accuccia dove si trova, da una mia personale statistica pare che la preferenza vada ai marciapiedi, e produce quanto deve produrre en plein air. Dopodichè, sgravato dall’incombenza,  se ne va felice e contento, lasciando, non serve ripeterlo. Ecco, se è vero che ami i cani, mi dispiace ma devi entrare nell’ottica che non puoi far finta di nulla: guanto, paletta, giornale, quello che ti pare, ma devi provvedere. So che i veri problemi sono altri, il default, la disoccupazione, i bambini del biafra, la cui condizione mi veniva continuamente rinfacciata da piccolo quando non mangiavo il pollo, così come mi veniva prospettato lo spettro del  collegio ogniqualvolta non avevo voglia di fare i compiti. Ma sto divagando. Tornando a bomba, il senso è che è ormai impossibile passeggiare in città, liberi per esempio di ammirare i palazzi oltre il primo piano, là dove la visione laterale non ti permette più di controllare anche il marciapiede. E quando la curiosità vince sulla prudenza, o banalmente qualcuno ti chiama e ti giri d’istinto senza fermare la marcia, immancabile, una merda di cane - almeno si spera, perché a volte qualche dubbio viene – si uniforma come un calco al carrarmato delle tue scarpe.  Porcatroiadiquellavaccaputtana. Che fare? Beh, c’è poco da fare, a parte appellarsi al senso civico delle persone. Ma già mentre lo scrivo mi viene uno sbotto di riso: italiani e senso civico è un ossimoro. Visto poi che amare i cani è politically correct, è una partita che si può solo perdere. L’unica è puntare allo 0 a 0. Quando giro per strada assumo insintivamente la postura di Enrico Cuccia: testa bassa e grande attenzione a dove metto i piedi. E se qualcuno mi chiede come sono i palazzi a Brescia, rispondo: molto belli. Perlomeno fino all’ammezzato.

mercoledì 23 gennaio 2013

A taci maci

Una società off-shore custodisce un patrimonio immobiliare a Londra stimabile in circa 650 milioni di euro per conto della Santa Sede. Che si è costruita questo tesoretto esente dall'Imu grazie ai soldi che Mussolini diede al papato con i Patti Lateranensi. Non ci credete? Leggete qui.
E la prossima volta sulla casella dell'8 per mille passateci una ditata di merda.

Taci maci è un espressione siciliana utilizzata da Camilleri che significa sostanzialmente "di nascosto".

venerdì 18 gennaio 2013

Differenziali

La cosa più logica, e in questo i commercianti sono maestri, non è solo vendere al meglio la propria merce, una camicia per esempio, ma venderla come se quella camicia lì fosse la sola, l’unica: la madre di tutte le camice. Ho vissuto per anni, e tuttora ci vivono i miei famigliari, in una zona incantevole. In 100 chilometri si cambiano almeno 4 paesaggi e altrettanti climi: si passa dalla zona temperata del lago e delle colline che ci si specchiano, all’aria sempre più frizzante man mano si lascia la pianura e il fondovalle e si sale verso le montagne, dove si trovano alcune tra le più rinomate piste da sci dell’arco alpino, passando attraverso straordinarie testimonianze (prei)storiche e artistiche, ammirate da turisti fai da te di tutto il mondo. Qualsiasi commerciante, e torniamo a bomba, ma anche un alunno delle differenziali posto di fronte, mi sbilancio, ad una domanda a risposta aperta, non avrebbe avuto la minima esitazione a dire che sì, la cosa più logica sarebbe stato investire risorse per creare un polo turistico, visto che naturalisticamente la valle in questione si presta a soddisfare quasi tutte le esigenze vacanziere, se si esclude il mare, creando in questo modo business, posti di lavoro, un’economia insomma. Per decenni invece, almeno fin quando non han chiuso perché era più conveniente sfruttare la forza lavoro dell’est europa, la principale fonte di reddito di questo paradiso, che malgrado tutto nel cuor mi sta, sono state le grandi fabbriche, soprattutto tessili e siderurgiche. Strenuamente difese poi nel momento della crisi, anche contro ogni logica, da politiche quantomeno miopi, che si sono accontentate di ottenere dal governo il riconoscimento di area depressa e attingere così agli appositi fondi, piuttosto che mettere mano all'unico progetto sensato di riconversione.  E’ un po’ come avere in tasca il biglietto vincente della lotteria e chiedere l’elemosina.  Negli ultimi anni qualcosa è stato fatto, il minimo indispensabile, e comunque, guardando da lontano, senza un coordinamento capace di imporsi a localismi tribali, da sempre ostili ad una promozione integrata del comprensorio. Ne parlo in questi termini un po’ per affetto; un po’ perché mi dispiace vedere che buona parte di chi ci abita è costretto giornalmente a sacrifici enormi per lavorare nelle fabbriche e nei cantieri della Lombardia, quando tutti potrebbero essere perlomeno benestanti; un po’ perché fino a quando ci ho vissuto e anche un po’ dopo, insieme ad alcuni amici e colleghi, abbiamo provato a cambiare le cose ma siamo andati a sbattere contro un muro di gomma di ottusità. Tutto questo per dire che mi fa piacere leggere quanto scrive su questo argomento Massimo Gramellini sulla Stampa di ieri.

martedì 15 gennaio 2013

Dall'altra parte

Alcune di loro fino a quel momento non avevano mai preso un treno, altre non sapevano nemmeno cosa fosse la lotta armata, le brigate rosse, la rivoluzione del proletariato. Altre ancora erano addirittura analfabete: hanno imparato a leggere su quei convogli, durante le lunghe ore di viaggio tra un carcere e l’altro, a volte alla ricerca dei figli, trasferiti senza preavviso, magari nottetempo, magari da un capo all’altro della penisola. Mamme, sorelle, fidanzate, compagne, mogli. Donne. Capaci, loro sì, di una rivoluzione – sociale, culturale, personale - per seguire il figlio, il fratello, l'uomo della loro vita, senza chiedergli e senza chiedersi perché. Gli uomini no. Gli uomini, i padri soprattutto, nella maggior parte dei casi hanno preferito chiuderesi in sé stessi, per vergogna, incapacità di reagire ad un evento certamente enorme: hanno cancellato, dimenticato, lasciato alle mogli tutto il peso, psicologico e fisico, di un figlio in carcere, l’umiliazione delle perquisizioni, anche intime, prima di entrare nella sala dei colloqui, con un vetro a dividere le colpe, ad attutire le voci, negare il conforto di un contatto, una carezza, un gesto d’affetto. Così per un tempo dilatato, infinito. “Dall’altra parte” è un bel libro, un libro sulla forza delle donne, sulla loro odissea al seguito di un parente arrestato per motivi politici, che prescinde dal giudizio storico sugli anni di piombo. Ogni testimonianza parla una lingua propria; a tutte sono comuni paure e vessazioni - l'articolo 90, la tortura, le perquisizioni vaginali, i colloqui attraverso i vetri, le denunce - ma anche i comitati di lotta e di appoggio ai detenuti. Le vicende individuali divengono esperienza collettiva di solidarietà, che per molte significa presa di coscienza di sé, della propria identità sociale e familiare. "Dall’altra parte", pubblicato da Feltrinelli, è stato scritto da Prospero Gallinari, uno dei fondatori delle Brigate Rosse, morto ieri a 62 anni per una crisi cardiaca e dalla storica Lidia Santilli.




venerdì 11 gennaio 2013

Diffamatori

Qualsiasi giornalista, anche un collaboratore occasionale di un giornale di provincia, sa che in ogni momento della sua carriera può incorrere in una querela per diffamazione: per una parola, una frase, un titolo, del quale peraltro non è mai responsabile, sono tante le cause che possono irritare la suscettibilità di chi è oggetto, diretto o indiretto, dell’articolo. La querela poi ha un suo iter: nella maggior parte dei casi si arriva alla prescrizione, in altri, pochi, a sentenza, a favore o contro, dipende. Si tratta però principalmente di cause civili, con richiesta di risarcimenti, più o meno onerosi. Chi fa un lavoro d’inchiesta, come Marco Travaglio, è facile che in 30 anni di carriera abbia sulle spalle decine di querele. Non per questo è un diffamatore professionista, come l’ha definito Berlusconi,  e soprattutto non sono equiparabili i reati a lui ascritti a quelli penali a cui è stato ed è chiamato a rispondere l’ex premier. Per questo il giochino da asilo andato in scena ieri sera a Servizio Pubblico è stato imbarazzante, oltre che un insulto all’intelligenza delle persone. Berlusconi aveva bisogno di parlare al suo pubblico, quello basic, di Retequattro, e probabilmente c’è riuscito. Devo dire che in alcuni momenti mi ha fatto anche un po’ pena, come i vecchi leoni bolsi e spelacchiati dei circhi di periferia, che fanno finta di ruggire e di dare zampate al domatore ma si vede che sono incontinenti e non vedono l’ora di tornare in gabbia a dormire. L’afflato è durato un attimo: è bastato ricordarsi degli ultimi 20 anni  e ogni seppur minima commiserazione è subito passata. La trasmissione, poi, non ha fatto altro che ribadire e certificare la miseria culturale e politica del paese e il declino di un uomo senza capacità di vergogna e riscatto. Un uomo qualunque, a tratti banale, bugiardo e un po' cialtrone, che svestito dei suoi panni e dei suoi miliardi puoi trovare in qualsiasi bar che pontifica sull'intero scibile umano, con particolare predilezione per tre argomenti: la figa, il calcio e le sue furbate. Quando sei in vena e non hai troppa fretta fai del volontariato e lo stai ad ascoltare. E magari gli paghi un bianchino.

giovedì 10 gennaio 2013

Per Corrado Guzzanti

L'associazione dei genitori cattolici ha denunciato Corrado Guzzanti per vilipendio della religione e ha chiesto la chiusura del programma: 4 spetttacoli teatrali che La 7 ha in palinsensto a cadenza settimanale a partire dalla scorsa. Il giornale Articolo 21 ha lanciato una petizione online per far ritirare la denuncia. Di pancia mi verrebbe da dire e consigliare ai genitori cattolici di preoccuparsi dei preti che gli inculano i figli, ma non lo dico. Mi limito a invitare a rivedere Guzzanti per reiterare il reato.

mercoledì 9 gennaio 2013

Twittatevi il culo

Il giorno delle dimissioni forzate di Berlusconi e l’incarico dato dal prof. Monti per formare un governo di tecnici in grado di evitare il default, era stato letto – almeno io l’avevo fatto – come un punto di non ritorno, o meglio: che la certificata inadempienza e l'incapacità dimostrata avrebbe obbligato la politica a una rivoluzione catartica - di uomini, contenuti e metodi - per poter poi tornare con una certa credibilità a proporsi per gestire la cosa pubblica. L’apertura della campagna elettorale, la composizione delle liste, i nomi dei candidati - quelli di sempre, chi decide perlomeno: tutti gli altri sono specchietti per le allodole, peones destinati a votare su indicazione del partito - le loro promesse da piazzisti e le ricette salvifiche che ti viene da dire: ma da adesso in poi? Non potevi farlo prima? Perché ora dovrei crederti?, tutto ciò, insomma, sta dimostrando che non è cambiato nulla e che la forbice tra questa classe politica e il paese reale si è ulteriormente allargata. A dire il vero qualcosa è cambiato: twitter è il nuovo giocattolo utilizzato dal candidato per parlarsi addosso, mandare messaggi a colleghi e avversari: dire sostanzialmente cazzate. La sintesi la fa, perfettamente come al solito, Massimo Gramellini sulla Stampa di oggi. E non è una bella sensazione.



La vita è altrove

MASSIMO GRAMELLINI

Riporto volentieri il pensiero del lettore Marco Pz. La campagna elettorale appena incominciata è già inguardabile, illeggibile, inascoltabile. Tonnellate di discussioni su poltrone, alleanze e schieramenti. E poi twitter, il nuovo giocattolo, il salotto vip in versione tascabile dove i potenti spettegolano tra loro di poltrone, alleanze e schieramenti. Non uno, dicasi uno, che indichi una visione del mondo, una direzione di marcia. Non una parola, dicasi una, su agricoltura, urbanistica, filiere a chilometro zero, turismo, cultura, protezione del territorio, trasporti, scuola, ospedali. Non un progetto, dicasi uno, che tenga insieme le voci di quell’elenco e magari vi aggiunga gli asili nido e l’assistenza a malati e anziani. La vita vera. Quella di cui parlano a cena, e non su twitter, le persone vere. Cosa hanno realizzato i candidati nel corso della carriera sui temi che riguardano «noi» e non «loro»? Cosa pensano della Cina, della Russia, delle guerre in corso nel mondo, di tutto ciò che succede in un raggio maggiore di dieci centimetri dal loro ombelico? Nel silenzio degli interessati, l’unico programma elettorale lo stanno scrivendo, giorno per giorno, le famiglie, le associazioni di volontariato e le aziende che mandano avanti la baracca e, non ricevendo nulla dalla politica, si accontenterebbero che la politica smettesse di intralciarle con la burocrazia.

Difficile dare torto a Marco Pz: da decenni (penso all’economia sommersa) l’Italia va avanti, o almeno non troppo indietro, nonostante la politica. E’ la sua salvezza. Purtroppo è anche la sua dannazione.