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venerdì 30 gennaio 2009

Eluana

Per fortuna Eluana Englaro sopravvive inconsapevole e non sa che il suo nome e la sua disgraziata vicenda sono diventati il pretesto di una guerra di religione, indegna per i toni e i contenuti. Il livore che traspare nelle dichiarazioni di alcuni di questi prestati alla politica (e purtroppo chi sa quando restituiti) è di una violenza che imbarazza. Non si può giocare con le parole sulla pelle delle persone: omicidio, pena di morte, volontà di uccidere, dettate nelle note d’agenzia non hanno nulla a che fare con un dibattito serio, imprescindibile a questo punto, sul testamento biologico e sulla possibilità di ognuno, costituzionale peraltro, di rifiutare di essere sottoposto a qualsiasi terapia. Personalmente mi urta anche il ricorso allo strumento del sondaggio per stabilire se gli italiani sono favorevoli o meno a staccare la spina alla povera Eluana. A parte la palese volgarità di questo giochino perverso, la sua costruzione a tavolino, in funzione del risultato che si vuole ottenere, dimostra che non c’è alcuna volontà di arrivare ad una sintesi condivisa, ma solo di dividersi -interisti e milanisti, israeliani e palestinesi, padani e terroni, italiani ed extracomunitari – forse per potersi riconoscere, per non uscire da uno schema consolidato e rassicurante. Ancestrale. Eluana non esiste. Anzi, se vogliamo dirla tutta, fosse morta 17 anni fa o se suo padre fosse stato un buon cristiano e si fosse di conseguenza rassegnato alla condizione vegetale della figlia, le fazioni in lotta si sarebbero risparmiate tempo ed equilibrismi per non perdere i pezzi. Peccato, poteva essere l’occasione per uno scatto d’orgoglio. Né buoni, né cattivi. E nemmeno vincitori.

lunedì 19 gennaio 2009

Intoccabili

Annozero, è bufera su Santoro

Norma Rangeri

Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, telefona al presidente della Rai, Claudio Petruccioli, per dirgli che «è stato superato il livello di decenza». Il capo del governo, Silvio Berlusconi, si esibisce in una nuova versione del celebre “si contenga”. Il governo israeliano, attraverso l'ambasciatore Gideon Meir, scrive una lettera al presidente della Rai, protestando «la mancanza di professionalità, inadatta alla televisione pubblica italiana». Indecente non è il massacro di Gaza, ma un programma di Michele Santoro dedicato all'atroce carneficina. Uno stato estero, la terza carica della repubblica italiana, il presidente del consiglio sparano cannonate contro un Annozero sulla guerra dei bambini uccisi sotto gli occhi del mondo, in diretta tv, come è accaduto ieri, quando mentre era al telefono con un'emittente israeliana, Ezeldin Abu el Aish, ha visto atterrargli in casa una bomba e cinque sue figlie morirgli accanto. Sull'attenti la risposta di Petruccioli: «Santoro merita critiche severe». Del resto, per scatenare l'offensiva del partito filoisraeliano basta denunciare il carattere “punitivo” dell'offensiva, definendola «un massacro non una guerra», come ha fatto Massimo D'Alema, nel silenzio dei suoi compagni di partito. Quella dedicata alla strage degli innocenti di Gaza, non è stata una delle migliori serate di Annozero. Andamento confuso, atmosfera nervosa, interventi ripetitivi, protagonismi degni di miglior causa. Come la teatrale uscita di scena di Lucia Annunziata, ospite della strasmissione di Santoro. Più che alla «guerra dei bambini», l'ex presidente della Rai, sembrava interessata a discutere dell'impostazione del programma di cui era ospite. Rubando il mestiere a un Mastella qualsiasi, dopo aver ripetutamente accusato Santoro di “faziosità”, offesa dalla replica dell'amico e collega («non dire le fesserie che tutti dicono contro di noi, ma quali meriti pensi di acquisire?»), si è alzata e se ne è andata. Su un tappeto rosso di complimenti bipartisan, una valanga di dichiarazioni che per tutto il giorno hanno intasato le agenzie di stampa. La politica si era meritata la performance migliore nella sfuriata finale di un Santoro urlante contro la luna, contro la politica «che non fa un tubo, che è impotente». Mirando però al bersaglio sbagliato («Veltroni andasse a Gaza anziché in Africa»), visto che il leader del Pd, almeno per i bambini sterminati dalla fame, prova a fare qualcosa. E quale sarebbe la colpa? Aver fatto confrontare giovani palestinesi con giovani israeliani? Aver mostrato l'ospedale di Gaza? Non aver rappresentato in par condicio le ragioni degli uni e degli altri per mettere in primo piano «le cose che stanno accandendo per come stanno accadendo?». Sul punto Santoro ha ragione da vendere. Politicamente e giornalisticamente. Quando i morti sono uno a mille, quando i bambini uccisi sfiorano i quattrocento, il giornalista ha il dovere di titolare “la guerra dei bambini”. Per poi chiedere ai suoi interlocutori cosa si propone Israele con questa guerra e cosa si prevede per il dopo. La materia incandescente richiedeva però di scartare dal solito copione. Meno voci, più profondità, più governo delle emozioni, più informazione (quanti italiani sanno dov'è Gaza, cos'è la Cisgiordania, quale il reddito dei palestinesi...), più attenzione alla difficoltà di decodificare il tasso di manipolazione. Ma questi sono appunti e considerazioni che riguardano un gruppo redazionale. Se invece a insegnare come si fa giornalismo, come si declina l'attualità sono stati e governi, allora comandano solo gli elmetti.

sabato 17 gennaio 2009

Le parole che non ti posso dire

In Italia ci sono argomenti di cui non è possibile nemmeno discutere, perché si è investiti preventivamente da una selva di insulti bipartisan. Il papa. La fede in generale, o per meglio dire l’unica religione possibile. Gli ebrei. Penso che nessun paese al mondo, laico peraltro, dia così tanto spazio alle esternazioni del pontefice. E per chi osa dissentire è pronto il vade retro di un qualche Messori o Binetti di turno. Che dire poi della religione? E’ bastato annunciare una campagna pubblicitaria sugli autobus di Genova, promossa dall’unione degli atei, agnostici e razionalisti, per scatenare la qualsiasi. La Cisl di categoria, che conta il maggior numero di iscritti in città, ha annunciato addirittura che appoggerà una eventuale obiezione di coscienza da parte degli autisti. Filosoficamente, scientificamente, razionalmente, speculativamente, le ragioni dell’esistenza o meno di un dio sono altrettanto valide, ma tant’è. Un muro di gomma. La guerra israelo palestinese non si risolverà mai, per una serie di ragioni - politiche, economiche, commerciali, di alleanze, di equilibri - e perché comunque non è così semplice cancellare un popolo, nemmeno se si approfitta di un’impunità a prescindere, accentuata e incoraggiata dalla momentanea vacanza della casa bianca. In una guerra non si dovrebbe parteggiare per l’una o l’altra fazione in lotta: non è una partita di calcio. Le diplomazie mondiali hanno il dovere di impegnarsi per arrivare al più presto ad un cessate il fuoco, per garantire la popolazione civile e avviare un processo di pace. Nel caso specifico, però, se qualcuno, senza per forza voler sostenere Hamas, osa dire che forse c’è una qualche sproporzione nella reazione israeliana ai razzi palestinesi, tra il numero delle vittime, le forze in campo, rischia di essere accusato di lesa maestà. Rauss. Senza parlare di altri temi sensibili, come il diritto ad una morte dignitosa o lo stato civile dell’embrione: qualsiasi rivolo dialettico è destinato inesorabilmente a infrangersi contro le genuflessioni obbligatorie di questo paese, costituzionalmente laico.

mercoledì 14 gennaio 2009

Cervelli che non fuggono

Vorrei sapere perché non è più possibile salire su un treno interregionale con un abbonamento eurostar. Mi piacerebbe conoscere il genio che ha elaborato questa modifica del regolamento e farmi raccontare lungo quali praterie del pensiero si è inoltrato per arrivarci. Vorrei sapere la qualifica e l’importo dello stipendio. Poi lo picchierei.