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martedì 22 novembre 2011

C'è il Cav, toccatevi i cabasisi

Che il clima sia cambiato lo si vede dai dettagli, che poi tanto dettagli non sono. Vi ricordate B quando ancora pochi mesi fa, già in piena crisi, cercava di spiegare a mister Obama che il problema dell'Italia era la magistratura politicizzata e il presidente degli Stati Uniti un po' lo guardava basito e un po' cervava con gli occhi un possibile appiglio, anche un testimone di Geova spacciatore di torri di guardia, pur di levarselo dai coglioni? O i sorrisi della Merkel e di Sarkozy? La penosa solitudine di B, evitato da tutti i leader dell'Ue come fosse un menagramo? Oppure, ancora, l'imbarazzante questua di un incontro - anche 5 minuti, 2, 1 -con Barroso e Van Rompuy a Strasburgo pur di evitare di andare a Milano dai giudici ad uno dei suoi tanti processi? Mario Monti oggi a Bruxelles ha incontrato proprio Barroso e Van Rompuy, presidenti di commissione e consiglio europeo. Giovedì sarà a Strasburgo per un vertice con il presidente francese e la cancelliera tedesca. Nulla di straordinario, ci sta: l'Italia deve dar conto all'europa di cosa sta facendo per non fallire e il premier va a riferire. Un po' meno ci sta la telefonata di Juncker, presidente dell'Eurogruppo e di Buzek, presidente del parlamento di Strasburgo, per esprimere fiducia al nuovo esecutivo. Ancora meno la telefonata di Obama, che non solo ha riferito a Monti dell'altrettanto piena fiducia del governo degli Stati Uniti ma lo ha invitato alla Casa Bianca, magari prima di Natale. Monti pare abbia ringraziato e chiesto di rinviare il faccia a faccia al nuovo anno, perchè adesso deve concentrarsi sulle misure economiche necessarie all'Italia. Ieri intanto anche Forrest Bossi ha declinato l'invito ad Arcore di B, ponendo fine alla consuetudine delle cene del lunedì. Come scrive Filippo Ceccarelli: "l'asse del Nord è irrimediabilmente consumata; e anche per quanto riguarda i simboli del potere è arrivato il momento di sparecchiare, non solo la tavola da pranzo".

giovedì 17 novembre 2011

God save....

Il governo dei professori, economisti e banchieri, che oggi chiede la fiducia al Senato, è probabilmente l’unica possibilità che abbiamo per uscire da una situazione disperata. E ha sicuramente ragione chi sottolinea che è bastata l’uscita di scena di B e del suo circo barnum per respirare un clima diverso, dove la riflessione e la sobrietà hanno preso il posto delle urla e degli insulti. Rimane però il dato sconfortante che a perdere in tutto ciò è stata la politica rappresentativa: commissariata per manifesta incapacità, invitata a farsi da parte (ma non dallo stipendio), pregata di non ostacolare il lavoro del manovratore e di adoperarsi perlomeno per far digerire ai propri iscritti ed elettori eventuali provvedimenti impopolari ma necessari per evitare il default. Il prof. Monti, chiamato al capezzale di un malato quasi terminale, ha scelto un esecutivo di professionisti, a giudizio unanime di altissimo profilo: quasi tutti cattolici, quasi tutti ricchi e, nota di merito, sconosciuti al pubblico televisivo. Un esecutivo che piace all’Europa. E piace alla Chiesa. Altra notizia, solo apparentemente di costume, di cui conosceremo il peso probabilmente tra qualche mese, così come tra qualche mese capiremo il senso del titolo del Manifesto. Ieri, giorno del trasloco di Berlusconi da Palazzo Chigi, si è conclusa la diaspora dc: tutti gli ex esponenti di quella che fu la balena bianca, confluiti poi nei vari poli, partiti, movimenti, assemblee condominiali, si sono ritrovati, tra baci e abbracci, in occasione della mostra sull'orgoglio democristiano. Si sono rivisti anche Forlani, De Mita, Colombo, Mancino. Staremo a vedere.

lunedì 14 novembre 2011

Adieu

Giusto per ristabilire un po’ di verità. Non è vero che le dimissioni sono stato un atto generoso : B. non aveva alternative, stretto dalla morsa dell’Europa, del Quirinale, senza più una maggioranza e soprattutto con le sue aziende a rischio per la crisi economica. Così come non è vero che non gli è mai venuta meno la fiducia del Parlamento. Il Rendiconto generale dello Stato, un atto fondamentale senza la cui approvazione non si può approvare né la legge di Bilancio né la Finanziaria, è passato solo perché le opposizioni e i transfughi del pdl si sono astenuti. Il risultato della conta ha detto che la compagine governativa contava alla Camera di 308 voti contro 321, otto quindi in meno della maggioranza assoluta. La caduta di questo governo è avvenuta quindi in Parlamento ed è stato un evento politico a determinarla. B sapeva altrettanto bene che la strada delle elezioni anticipate, chieste dalla Lega e dai falchi della sua coalizione, non era percorribile. Prima di tutto per il bene delle sue aziende. Due mesi minimo di vuoto avrebbero dato modo agli speculatori di mangiarsi il Paese - lo stesso che il grande statista dice di amare, dove ha le sue radici, le sue speranze, i suoi orizzonti e amenità varie ricordo del videomessaggio della discesa in campo - facendolo passare alla storia come il premier del default. In secondo luogo andare al voto con l’attuale legge elettorale avrebbe significato una sicura paralisi istituzionale per l’impossibilità di avere una maggioranza al Senato.

L’indignazione per le manifestazioni di giubilo della piazza, stigmatizzate con sdegno da B e dal segretario del pdl Alfano, è del tutto fuori luogo. Avrebbero fatto più bella figura a starsene zitti e a chiedersi il perché di una festa popolare, che di solito si vede solamente alla caduta dei dittatori, Saddam e Gheddafi gli ultimi della lista. Anche George Bush tempo fa si stupì che da un sondaggio l’America fosse risultata il paese più odiato del mondo. Andare a fare la guerra in giro per il mondo di solito non ti fa proprio ben volere. Lo stesso il nostro: portare un paese sull’orlo del baratro, negando peraltro pervicacemente la crisi, l’ultima volta pochi giorni fa (ristoranti e aerei sono sempre pieni: commento da bar e non da primo ministro responsabile), non aiuta di certo ad accreditarti fiducia.

Quello che mi sembra scontato è che qualcuno, e non certamente il centro sinistra, ha deciso che era arrivato il momento del game over, della fine politica del cavaliere e del suo sodale in camicia verde. Entrambi (forse) proveranno a rialzare la testa, ma credo che saranno più che altro spasmi post mortem. Anche se non aveva alternative, il cavaliere avrà sicuramente trattato la resa ed è presumibile che, anche per età (e per pietà), non lo vedremo più candidato premier. Con lui finisce quindi questa farsa della seconda repubblica e in questi mesi assisteremo allo smottamento del truman show, con la scomparsa di tutta la pletora di segretari personali, avvocati, troie e vario circo barnum che si è portato in Parlamento. Forrest Bossi si illude invece di uscire dall’angolo resettando anni di servilismo, incompreso persino dalla base, ritirandosi in padania e sparando a zero contro un governo che, si spera, risolverà i danni fatti anche dal suo partito. La fronda interna lo costringerà presumibilmente a ritirarsi a Gemonio e a godersi la pensione. Il suo allontanamento è forse l’unica possibilità per la lega di non scomparire. Personalmente credo che il redde rationem sia arrivato anche per l’opposizione. Come si fa a dare credibilità ad una classe dirigente che in 20 anni non è stata in grado di archiviare Berlusconi e il berlusconismo con le ragioni della politica, ma l’ha addirittura alimentato e risollevato quando sembrava morto? Per chiudere: era necessario arrivare fino a questo punto? Sì, era necessario, perché l’Italia e gli italiani non sono in grado di avere un sussulto di dignità, fino a quando eventi eccezionali esterni non li costringono, o meglio, li guidano, a voltare pagina.

mercoledì 9 novembre 2011

The end, maybe

La voglia di festeggiare è, umanamente, irrefrenabile. Un po’ come l’orso Baloo quando sente la musica. Poi fai due calcoli e pensi: con B. – l’abbiamo imparato in questi anni – meglio non cantare vittoria troppo presto. Del resto le dimissioni le ha solo annunciate, primo caso al mondo di persona che riesce a non dimettersi anche quando si dimette. Chi lo conosce bene lo sa. Non a caso Il Futurista, quotidiano online vicino al presidente della Camera Fini, scrive:  “Al Caimano mai lasciare tempo, spazio e soldi. L’esperienza insegna”. Gli ex amici arrivano addirittura a chiedersi, evidentemente con cognizione di causa: “Non è che la legge di stabilità in realtà nasconda il compromesso finale, il famoso salvacondotto per Silvio Berlusconi?”. Il timore è cioè quello di un inserimento “di emendamenti ad personam finalizzati a tutelare il patrimonio di Silvio”. Il conflitto d’interessi, ancora una volta. “Bisogna vigilare – ammonisce il Futurista -  Berlusconi sta trattando la sua resa, ovvero la sua personale tutela. Anche un anno fa quel tempo supplementare che fu concesso dalle opposizioni proprio per votare la legge finanziaria, permise a Berlusconi l’acquisto dei responsabili”. Non è ancora finita.