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martedì 18 dicembre 2007

Giovanardi Carlo (3)

Gliele ha cantate, eccome che gliele ha cantate. Prima di tutto al presidente Casini. “Tutti sanno che nel '94 eri capolista di Forza Italia. Nel '98, quando rimanemmo in 8 parlamentari, fu Forza Italia a portarci alcuni deputati per fare il gruppo. Infine, nel 2001, avevamo zero seggi, avendo raccolto il 3,2 per cento e tu sei diventato Presidente della Camera e io ministro”. Poi l’affondo. Sabato il Pierferdi lo aveva accusato di tenere il sedere nell'Udc e il cuore con Berlusconi: “E' molto peggio – ha replicato Giovanardi Carlo - stare col cuore lontano da Berlusconi e col sedere sulle sue poltrone”. Toma castagna. Quindi l’accorato appello a favore del Pdl e, finalmente, anche un moto d’orgoglio. “Oggi c'é la possibilità che nasca una grande costola italiana del Ppe. A me - aggiunge Giovanardi, provato dallo sforzo di esprimere un pensiero non teleguidato (ogni riferimento a persone o cose è casuale) - non interessa né Berlusconi né Casini (l’ha detto! Ha nominato il nome di dio invano e senza genuflettersi!). Mi interessa se riusciamo a fare tutti insieme un partito come quello di Aznar, della Merkel, del 30 per cento”.
Il Giova è scatenato e ne ha anche per gli altri dissidenti, Tabacci e Baccini, che mirano a creare la 'Cosa Bianca'. “La vedo simile al partito di La Malfa – dice sprezzante - quel Pri che era votato da Agnelli, da Ronchey, da alcuni maitres a pensair, che però non andava oltre il 5-6 per cento. Entrare in un partito che vuole scegliere le alleanze dopo le elezioni non é nel mio orizzonte politico”. E la chiusa è proprio una dedica al suo orizzonte politico, perché al Giovanardi, abituato ad essere maggioranza relativa, già fare la minoranza lo indispone, fare la minoranza che conta un cazzo lo deprime oltremisura. “Tutti parlano di andare oltre l'Udc verso il Ppe. Io penso che quella forza politica potrà essere quella annunciata da Berlusconi, quando nascerà, se ci sarà il concorso di tutti noi”. Per il momento, comunque, il Giova non lascia il partito: sia mai che il predellino non sia abbastanza resistente. Alla fine, alla conta, con lui stanno una quarantina di dirigenti, poco più dell’11%. Casini non infierisce più di tanto. Cesa, da segretario, è più esplicito: “Non consentirò mai doppie tessere e doppie appartenenze. Chi se ne vuole andare, può farlo, ci dispiacerà molto ma è libero di aderire a nuovi progetti. Certamente - ironizza - non vedo nessuna fila davanti all'ufficio tesseramento del partito di Berlusconi. Sia chiaro - prosegue - che noi in quella casa non ci andremo mai, perché non è la nostra. E' un partito demagogico e privo di regole, la cui unica certezza è la leadership di Berlusconi e la capitolazione degli alleati”. Ronconi, vicepresidente dei deputati centristi, usa il bastone e la carota. “A Giovanardi, sconfitto, va l'onore delle armi perché è uscito allo scoperto, ha manifestato le sue idee, non condivisibili ma legittime. Ora deve dare seguito alla sua linearità di impegno: rappresentare la minoranza nel partito, seguendo le indicazioni della maggioranza e lavorando per far guadagnare consensi alle sue. Non sarebbe accettabile invece il ruolo di 'agente all'Avana’ che semmai sarebbe meglio impersonato da chi dissente ma non appare”.

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