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lunedì 24 dicembre 2012

Buon Natale

Ho trovato questo racconto su UomoMordeCane, blog di satira politicamente scorretto, scritto secondo me da un genio. Mi sembra un bell'augurio di Natale.


Non aveva gli occhi.

No, non che avesse perso la vista: proprio non aveva gli occhi. Era nato così.

E – la cosa più assurda era proprio questa – nessuno gliel’aveva detto! Né i genitori, che si erano guardati bene dal metter ansia nel loro unico adorato figlio. Né le persone con le quali man mano veniva a contatto nella vita.

Neppure la sua ragazza, con la quale si “vedeva” ormai da tre anni.

Nessuno.

Coincidenze, circostanze paradossali, situazioni non comprese nella loro reale portata, avevano fatto sì che P. non sapesse di avere questo handicap.

Dunque non ne soffriva.

Riferimenti alla vista, a situazioni che avrebbero potuto lasciar intendere qualcosa venivano prontamente riprese, edulcorate.

Parole come “vedere”, “occhi”, “guardare” erano bandite in quella tenuta.

Lui non sapeva cosa fossero, gli occhi. Non ne avvertiva la mancanza come ad un cane non mancano i tentacoli.

Era arrivato a trentotto anni così, senza occhi, senza sapere cosa fossero.

Non era mai andato a scuola – i genitori lo istruivano in casa – e mai si era allontanato dalla sua magnifica residenza, nella quale aveva davvero tutto: piscina, palestra, domestici, cani, un maneggio.

Non un campo da tennis però. Né televisione.

Il suo mondo si limitava a quello spazio. Ma lui non ne soffriva perchè non aveva coscienza che il mondo fosse più ampio della sua villa. Per lui i confini erano quelli, come per un etrusco le Colonne d’Ercole, come per noi l’universo: non ti stai troppo a far domande su cosa ci sia di là, perché ti hanno insegnato che non c’è alcun di là.

Aveva iniziato a passeggiare fino al muro che delimitava quell’immensa proprietà, a toccarne le pietre. E qualche volta provava ad allungare un braccio, saltare, per vedere se ci fosse qualcosa, ma il muro era alto, troppo alto. Allora camminava per tutto il perimetro: ultimamente era diventata una abitudine. Partiva sempre dallo stesso punto, una piccola crepa all’altezza delle ginocchia, e da lì iniziava il suo percorso che terminava ore dopo. Per tornare esattamente dove era partito.

Ormai conosceva perfettamente quel mondo. Piccolo.

I suoi genitori, preoccupati, si misero in contatto con una ragazza che doveva fingere di essere una nuova domestica ed innamorarsi di lui, così, per distrarlo. Ma – le favole vanno così – lei si innamorò davvero. E lui di lei.

Un giorno di ottobre, mentre lei guardava fuori dalla finestra, si lasciò scappare:

- Belle le foglie che cadono…

- Cosa?

- Niente.

- No, cosa hai detto sulle foglie che cadono?

- Niente, dicevo che sono belle, mi piace quando cadono

- Ma perché me lo dici ora che siamo in casa?

- Così, ricordavo

- Ho capito, ma cosa c’è di tanto bello in una foglia che cade da tornarti in mente adesso?

- Non so… è…

- Cosa?

- Ma… non saprei…

- A me una volta è caduta una foglia su una spalla mentre ero seduto sotto la quercia vicino al maneggio ma non è che mi abbia colpito… voglio dire, è una foglia che cade…

- Hai ragione.

Vai a spiegare i colori d’autunno, le sfumature di cielo, i riflessi sulle gocciole di pioggia sui rami.

La cosa sarebbe finita là se non fosse che, qualche giorno dopo:

- Ricordi quella cosa che mi hai detto, sulle foglie che cadono?

- Uh, cosa?

- Che le foglie che cadono sono belle…

- Sì…

- Stavo pensando che una volta mi avevi detto anche che l’autunno era la tua stagione preferita…

- Sì, lo è…

- Mi spieghi perché? Voglio dire, non è meglio l’estate, il caldo…

- Beh, sì, certo, però l’autunno ha un suo fascino…

- Fascino? Ma le stagioni non si distinguono solo per la temperatura e per tutto quello che questo comporta? Neve, caldo, foglie che cadono, erba che cresce…?

- Certo, ma anche perchè tutto questo porta una atmosfera diversa…

- Cioè?

- Non so come spiegarti, sarà l’aria, saranno i color…

- Cosa?

- Niente, l’aria…

- No, dopo l’aria dicevi? I color cosa?

- Niente, un lapsus!

- Ti trema la voce.

- No, ti sbagli.

- Cosa sono i color?

- Niente, niente… hai capito male.

- COSA SONO I COLOR?!

- … Colori…

- Colori?

Stettero tutta la notte a parlare dei colori, e poi delle luci, e dell’orizzonte.

Le nuvole poi, quante ore a descrivere le nuvole…

P. scoprì quel giorno di avere gli occhi.

Di lei.

giovedì 20 dicembre 2012

La santa unione immobiliare

Senza commento. Perchè vale il ragionamento del post precedente. L'articolo che propongo è del Manifesto, guarda caso l'unico, a quanto mi risulta, a parlare dell'argomento.


La Ue assolve Monti e il Vaticano

Chiusa la procedura d'infrazione contro l'Italia per gli aiuti di stato alla chiesa cattolica. La lobby vaticana piega anche il commissario europeo alla concorrenza Almunia, che assolve la Santa Sede per il mancato pagamento delle tasse sugli immobili e risparmia al governo Monti una mega multa. E' la «prima volta in assoluto» che Bruxelles non chiede il recupero di aiuti illegali

Anna Maria Merlo - 20.12.2012

Stato e chiesa uniti nella lotta, portano a casa una doppia vittoria a Bruxelles. Nessuno paga, né per le infrazioni passate relative al non pagamento dell'Ici, né per il futuro dell'Imu (a differenza dei cittadini). La Commissione europea ha chiuso la procedura di infrazione aperta contro l'Italia per «aiuti di stato illegali» alla chiesa cattolica negli anni 2006-2011 relativa alle esenzioni dell'Ici e ha accettato che la nuova tassa, l'Imu, «non implica aiuti di stato dal momento che le esenzioni si applicheranno solo agli immobili dove sono condotte attività non economiche».
L'esenzione dall'Ici, di cui ha goduto la chiesa cattolica per le sue attività «miste», era in effetti «incompatibile con le regole della Ue sugli aiuti di stato». Ma il commissario alla Concorrenza, lo spagnolo Joaquim Almunia, ha chiuso l'indagine e ha messo una pietra sopra al passato: l'Italia non pagherà nessuna multa a Bruxelles, perché l'operazione per chiarire il passato sarebbe «assolutamente impossibile». In pratica, non potendo stabilire ex post cosa non ha pagato la chiesa cattolica per l'Ici, l'Italia evita la multa, che avrebbe dovuto essere più o meno pari a quello che la stessa Italia ha perso per non aver fatto pagare l'Ici alla chiesa cattolica: all'incirca 3 miliardi di euro. L'Italia non paga la multa a Bruxelles e la chiesa cattolica non paga il dovuto allo stato. Per il futuro, Almunia si è fatto convincere sul fatto che «le entità non profit rivestono un importante ruolo sociale». Certo, quando operano sullo stesso mercato di «attori commerciali», bisognerebbe «essere sicuri che non godono di vantaggi non dovuti», ha precisato il commissario. Ma Almunia è arrivato alla conclusione che le nuove norme Imu «assicurano che non è questo il caso».
E' la prima volta «in assoluto» ha comunque precisato Almunia, che la Ue non chiede il recupero di aiuti di stato illegali. La Commissione è da sempre molto attenta a vegliare che degli aiuti pubblici non falsino la libera concorrenza. Bisogna tener presente che la «libera concorrenza non falsata» è la pietra miliare dell'attuale Unione europea. Era proprio stata la posizione centrale della libera concorrenza a far votare alla maggioranza dei francesi «no» al Trattato costituzionale nel 2005. E' in nome di questo principio che il trattato di Maastricht del '92 (art.6) proibisce gli aiuti di stato. L'articolo 87 precisa l'incompatibilità degli aiuti pubblici se interferiscono negli scambi tra stati membri e falsano la libera concorrenza. Ci sono delle esenzioni possibili, che vanno da piccoli aiuti (sotto i 100mila euro su tre anni), a quelli alle regioni arretrate, per la salvaguardia del patrimonio culturale oppure in caso di calamità naturali. Ma tutto è molto regolamentato. Molte società sono state condannate per aver ricevuto aiuti pubblici. In Francia, per esempio, è successo a Air France nel '96. France Telecom ha vinto in appello e ha evittao di pagare per il «regime di favore» ricevuto, dopo aver rischiato una mega-multa di più di un miliardo. Un caso interessante riguarda la società di ferry SeaFrance, che era controllata dalla Sncf, è fallita e i dipendenti l'hanno trasformata in una cooperativa (Scop). Ma una concorrente britannica si è rivolta a Bruxelles per denunciare il non rispetto della libera concorrenza da parte di una cooperativa francese, che gode di qualche vantaggio. La Francia ha dovuto pagare una multa nel 2008, in seguito a una condanna per non aver recuperato dai diretti interessati gli aiuti concessi per il riacquisto di industrie in difficoltà, che era comunque una decisione di politica sociale, per evitare nuova disoccupazione. Anche l'Italia è stata di recente condannata dalla Corte di giustizia europea, per tassi di interesse ridotti e esenzioni fiscali presso la Cassa di depositi e prestiti. Dei «favori» durati tre anni e che contemplavano una multa di 65.280 euro al giorno fino alla cancellazione (articolo 260). Attualmente, Ryanair fa fronte ad almeno 18 inchieste, perché la compagnia aerea low cost sarebbe stata favorita dagli enti locali che sovvenzionano gli aeroporti.
La chiesa cattolica non è però una cooperativa né una industria in crisi. Le cifre in ballo per il non pagamento dell'Ici sono colossali e non possono rientrare in nessuna delle esenzioni della Ue. Eppure, la manovra è andata in porto. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, ha parlato di «atto di giustizia», «di equità». Si vede che le vie del signore sono effettivamente infinite e passano per Bruxelles.



Stato e società

Non è tanto una questione di sigle, vecchie o nuove, retaggi peraltro di un Novecento e di una fantomatica seconda Repubblica che non riusciamo a scrollarci di dosso. E’ la visione, l’etica dello Stato, la sua laicità, con quello che ne consegue in termini di rapporti, non solo tra le istituzioni, ma tra le persone: la loro libertà, la prospettiva e la costruzione del futuro, che non può dipendere soltanto dai mercati e dalla finanza: dove la scuola, l’istruzione, la cultura, il merito, siano un’opportunità e un traino e non una voce di costo da tagliare. In quest’ottica è molto interessante la lettura dell’articolo di Barbara Spinelli pubblicato ieri da Repubblica.


(…) Monti non viene da un'impresa come Berlusconi, ma da un'università, la Bocconi, che non è mai riuscita veramente a selezionare classe dirigente. È giunta l'ora in cui l'Ateneo si riscatta, in cui rivive la tradizione dell'incivilimento? È fondata, la fede di Umberto Ambrosoli nel senso di responsabilità rinato in Lombardia? In apparenza sì, ma molti dubbi restano da chiarire. La continuazione del governo Monti è reclamata a viva voce dai vertici ecclesiastici (Bagnasco, Ruini).
Riceve il sostegno di Comunione e Liberazione, che furbamente s'è congedata da Berlusconi. È difficile che con lui tali vertici siano disturbati da leggi sulle questioni dette etiche, cruciali per l'incivilimento e la laicità dell'Italia: nuove regole sul fine vita, rispetto della legge sull'aborto, unione matrimoniale o semi-matrimoniale fra omosessuali. È difficile che Monti difenda la neutralità laica dello Stato, attaccata aspramente dall'arcivescovo di Milano Angelo Scola il 6 dicembre a Sant'Ambrogio. Tanto decisivo è l'imprimatur del Vaticano, e della Dc europea: un imprimatur ingombrante, troppo, ma di buon grado accolto dal Premier.
La laicità è forse la prova nodale per Monti, in un paese dove la Chiesa s'intromette nella politica pesantemente. Dove l'egemonia ecclesiastica non è esercitata dagli eredi del Concilio ma - lo spiega il teologo Massimo Faggioli commentando l'omelia di Scola - dai creazionisti anti-Obama del cattolicesimo americano (Huffington Post, 7 dicembre). Sembra enorme, il divario fra Berlusconi e Monti. Ma ancora non sappiamo bene la visione che Monti ha del mondo: se auspichi la riscoperta del senso dello Stato, o se sia un fautore della società senza Stato, senza politica, senza contrapposizione fra partiti. Di una società che tramite i suoi manager, o banchieri, o economisti, "educhi il Parlamento" e la politica, e li sorpassi, come lui stesso ha auspicato il 5 agosto nell'intervista a Spiegel, infastidito dalle tante, lente procedure della democrazia. (…)




martedì 18 dicembre 2012

Job posting

SESSO: BOOM DI TERAPISTI "GUARDONI" PER COPPIE CON PROBLEMI
(AGI) - Londra, 17 dic. - Sono pagati per osservare e poi insegnare a fare bene l'amore. Sono i sex coach, gli "allenatori" del sesso, cioe' i terapisti che seguono le coppie che a trovare o ritrovare la loro intesa in camera da letto. Si tratta di una tendenza che si sta diffondendo a macchia d'olio, come hanno riportato diversi media britannici. Aniela McGuinness e suo marito Jourdan, entrambi 29 anni, non sono soddisfatti della loro vita sessuale ed e' per questo che si sono rivolti al sex coach Eric di New York che, seduto su una sedia in un angolo di una stanza d'albergo, ha dato alla coppia un set di giocattoli del sesso da usare durante i loro rapporti, come ha riportato il Daily Mail. "Naturalmente, ero nervosa all'inizio. Non ero sicura di essere in grado di rilassarmi facilmete", ha raccontato Aniela al magazine britannico Grazia. "Ma e' stata un'esperienza incredibile. Ho raggiunto - ha continuato - orgasmi come non ho mai avuto prima, anche con lui nella stessa stanza". A Londra il sex coach Mike Lousada sostiene di essere in grado di risvegliare la sessualita' delle donne con il sesso tantrico e con il massaggio inter-vaginale. A volte la terapia e' seguita virtualmente, con i coach che davanti al pc osservano i rapporti intimi delle coppie cercando di carpire le lacune e successivamente dare i consigli giusti. (AGI) Red/Pgi



mercoledì 12 dicembre 2012

Freddo

Ogni giorno il telegiornale ci dice che fa freddo, nevica e c'è ghiaccio sulle strade. Tanto che mi son quasi spaventato: cazzo, sembra quasi dicembre!

lunedì 12 novembre 2012

Beppeviola

“Sarei disposto ad avere 37 e 2 tutta la vita in cambio della seconda palla di servizio di McEnroe”

(Beppe Viola)

Questa sera alle 22.40 Rai Tre ricorda i 30 anni della scomparsa di Beppe Viola dedicandogli un ritratto speciale, confezionato con le testimonianze di chi gli fu amico. Da non perdere.
http://video.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/il-ritratto-di-beppe-viola-trailer/110270/108654?ref=search




lunedì 5 novembre 2012

Alla ricerca della sinistra

SENZA CONFINI

La sinistra italiana che conosciamo è morta. Non lo ammettiamo perché si apre un vuoto che la vita politica quotidiana non ammette. Possiamo sempre consolarci con elezioni parziali o con una manifestazione rumorosa.
Ma la sinistra rappresentativa, quercia rotta e margherita secca e ulivo senza tronco, è fuori scena. Non sono una opposizione e una alternativa e neppure una alternanza, per usare questo gergo. Hanno raggiunto un grado di subalternità e soggezione non solo alle politiche della destra ma al suo punto di vista e alla sua mentalità nel quadro internazionale e interno.
Non credo che lo facciano per opportunismo e che sia imputabile a singoli dirigenti. Dall’89 hanno perso la loro collocazione storica e i loro riferimenti e sono passati dall’altra parte. Con qualche sfumatura. Vogliono tornare al governo senza alcuna probabilità e pensano che questo dipenda dalle relazioni con i gruppi dominanti e con l’opinione maggioritaria moderata e di destra. Considerano il loro terzo di elettorato un intralcio più che l’unica risorsa disponibile.
Si sono gettati alle spalle la guerra con un voto parlamentare consensuale. Non la guerra irachena ma la guerra americana preventiva e permanente. Si fanno dell’Onu un riparo formale e non vedono lo scenario che si è aperto. Ciò vale anche per lo scenario italiano, dove il confronto è solo propagandistico. Non sono mille voci e una sola anima come dice un manifesto, l’anima non c’è da tempo e ora non c’è la faccia e una fisionomia politica credibile.
È una constatazione non una polemica.
Noi facciamo molto affidamento sui movimenti dove una presenza e uno spirito della sinistra si manifestano. Ma non sono anche su scala internazionale una potenza adeguata. Le nostre idee, i nostri comportamenti, le nostre parole, sono retrodatate rispetto alla dinamica delle cose, rispetto all’attualità e alle prospettive.
Non ci vuole una svolta ma un rivolgimento. Molto profondo. C’è un’umanità divisa in due, al di sopra o al di sotto delle istituzioni, divisa in due parti inconciliabili nel modo di sentire e di essere ma non ancora di agire. Niente di manicheo ma bisogna segnare un altro confine e stabilire una estraneità riguardo all’altra parte. Destra e sinistra sono formule superficiali e svanite che non segnano questo confine.
Anche la pace e la convivenza civile, nostre bandiere, non possono essere un’opzione tra le altre, ma un principio assoluto che implica una concezione del mondo e dell’esistenza quotidiana. Non una bandiera e un’idealità ma una pratica di vita. Se la parte di umanità oggi dominante tornasse allo stato di natura con tutte le sue protesi moderne farebbe dell’uccisione e della soggezione di sé e dell’altro la regola e la leva della storia. Noi dobbiamo abolire ogni contiguità con questo versante inconciliabile.
Una internazionale, un’altra parola antica che andrebbe anch’essa abolita ma a cui siamo affezionati. Non un’organizzazione formale ma una miriade di donne e uomini di cui non ha importanza la nazionalità, la razza, la fede, la formazione politica, religiosa. Individui ma non atomi, che si incontrano e riconoscono quasi d’istinto ed entrano in consonanza con naturalezza.
Nel nostro microcosmo ci chiamavamo compagni con questa spontaneità ma in un giro circoscritto e geloso. Ora è un’area senza confini. Non deve vincere domani ma operare ogni giorno e invadere il campo. Il suo scopo è reinventare la vita in un’era che ce ne sta privando in forme mai viste.

Quello che avete appena letto è l’ultimo editoriale di Luigi Pintor, direttore del Manifesto, scritto pochi mesi prima della scomparsa. La morte di Luigi Pintor è stata sicuramente una grande perdita per il giornalismo e per la sinistra italiana. La dimostrazione è la tragica attualità di quello che diceva, ormai quasi 10 anni fa, esattamente il 25 aprile 2003

lunedì 29 ottobre 2012

Viale del tramonto

Beppe Grillo, con ironia e non senza malizia, ha detto che è resuscitato prima del terzo giorno. Battuta divertente di un comico in ascesa verso un altro comico in ambasce. A mio parere, più che di resurrezione si dovrebbe però parlare di spasmi post mortem di un uomo incattivito dalla vita, che non si rassegna al proprio declino: declino fisico, del corpo, un tempo ostentato anche in modo imbarazzante come garanzia di successo, e declino politico, certificato questa volta in modo clamoroso dal silenzio assordante dei suoi colonnelli, che - ecco la rabbia - non si sono spesi a sostenerlo contro - come ha detto?-  la magistratocrazia. Eppure, lui che è uomo di marketing, avrebbe dovuto saperlo sin dall'inizio, visto che sui presupposti del mercato ha costruito un primo partito, forza italia, poi un secondo partito, il pdl, ed era pronto a crearne un terzo, perchè l'ultimo brand non tirava più. Come si fa con una bibita o una merendina. Il brand Silvio Berlusconi ha perso appeal e i product manager si sono messi all'opera per trovare un sostituto. A onor del vero anche nel pdl c'è chi ha coscienza politica. Qualcuno se l'è costruita in questi anni, insieme ad un minimo di senso dello Stato. Di fronte quindi alla minaccia di B. di trascinare nel baratro l'intero paese e soprattutto dopo la dichiarazione di guerra alla Germania, si sono spostati di lato. Altri, i product manager di cui sopra, hanno fiutato l'aria e si stanno guardando intorno, pronti ad abiurare. A Silvio sono rimaste le evabraun delle libertà, Brambilla e Santanchè, e qualche macchietta patetica come la Biancofiore o Giovanardi. A noi rimangono invece le macerie di vent'anni paradossali da cui usciremo (forse) solo perchè, per fortuna, o purtroppo, siamo una nazione a responsabilità limitata e qualcuno a un certo punto ha deciso per noi che la ricreazione era finita.

mercoledì 24 ottobre 2012

Padroni in redazione

Salvarne uno, forse il più cattivo, Sallusti, per educarne cento: l’intero mondo della comunicazione, in tutte le sue forme, e della cultura, scrittori, intellettuali ecc. ecc. Oggi in un’aula del Senato, peraltro deserta, nel disinteresse generale, non è in discussione un privilegio di casta: si sta giocando una partita decisiva per la libertà di opinione e di pensiero. Se dovesse passare il ddl licenziato in commissione giustizia, qualcuno, il potere in generale, potrà disporre delle nostre parole e farne la narrazione che crede.


Fermiamo la legge bavaglio

di FRANCESCO MERLO
Era meglio per tutti, anche per Sallusti, tenerlo in galera. Era meglio per tutti, persino per noi, sopportarlo come un finto eroe e non ritrovarsi invece con un testo di legge che massacra anche il buon senso. La Commissione Rancore del Senato ha scelto insomma di liberare Sallusti e imprigionare la stampa. E dico che non mi interessa la corporazione, non difendo i salari o le pensioni di una categoria e neppure i suoi privilegi di casta.
Il testo che va in aula stamani al Senato non è infatti un sopruso contro noi giornalisti ma è quel bavaglio all'informazione che, perseguito come una chimera maligna negli anni del berlusconismo, solo ora sta per diventare legge nella complice distrazione dei tecnici. Certo, è un colpo di coda del regime che muore. Ma è a doppia firma. C'è la destra che fa il suo solito sporco lavoro, ma c'è la sinistra che mentre millanta nobiltà approfitta dell'inghippo liberticida per mettere a frutto il suo gruzzolo di vendette.

Leggi tutto

Ddl diffamazione introduce il diritto all'oblio con multe da cinquemila a centomila euro


lunedì 22 ottobre 2012

Prigionieri di Monti

Quello che manca oggi nel dibattito politico a sinistra è una precisa dichiarazione d’intenti, un progetto per il governo del Paese che non solo vada oltre Monti ma che abbia il coraggio di rompere con ciò che Monti rappresenta: un “ modello economico socialmente regressivo” i cui atti costituiscono “dei presidi che investono il presente e il futuro: l'affermazione della centralità delle politiche di bilancio come risposta alla crisi attraverso la parità di bilancio in Costituzione; l'accettazione dei trattati europei e il fiscal compact; la demolizione di parti significative dello stato sociale (i provvedimenti pensionistici), dei diritti dei lavoratori (la menomazione dell'articolo 18 e la legge sul mercato del lavoro), la mutazione ulteriore del ruolo del sindacato con la soppressione (condivisa?) dell'autonomia contrattuale di quest'ultimo”. Con la solità lucidità d’analisi prova a mettere le cose in chiaro Fausto Bertinotti in un intervento su L'Huffington Post

Curioso omettere Monti dal documento per le primarie

Le elezioni si avvicinano e con il voto riaffiorano, nella sinistra, appena riverniciati, i suoi vizi più antichi. Siccome sembra aver ereditato dalla sua storia, non le virtù, ma soltanto i vizi, questi stessi diventano come dei tic così grandi da prendere il posto della fisionomia intera del suo protagonista.

Si comincia, va da sé, dalla demonizzazione della sconfitta. Dato lo schieramento elettorale che il centro sinistra (o progressista che sia) si dà e la sua piattaforma di massima, chi lo critica lo fa perché innamorato della sconfitta. La sconfitta è, del resto, solo e nient'altro che una condanna che può colpire il "popolo dei cancelli" nei 35 giorni di lotta alla Fiat, come i referendari per l'estensione dell'articolo 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori o come la Fiom che si oppone a Marchionne a Pomigliano. Funziona anche come monito per il futuro.

Forse, bisognerebbe essere Mao Tse-Tung per pensare che da una certa sconfitta può persino venire una lezione più carica di futuro che da una vittoria. O, almeno, bisognerebbe essere il vecchio Consiglio di fabbrica di Mirafiori. Dal marchio della vocazione alla sconfitta, si passa poi, per la scelta del male minore e per l'orrore per la testimonianza e si giunge alla conclusione che ciò che conta è la contesa per il governo e dunque il "voto utile". Ma utile a chi? Utile a che cosa?

Quando la sinistra politica corrispondeva a un'istanza di trasformazione, la questione del governo veniva indagata, in primo luogo, come possibilità di concorrere ad essa. Allora, per stabilire se ci si potesse e dovesse o no candidare a governare, venivano indagate la materialità delle condizioni oggettive, il rapporto di forza tra le classi e il favorevole o meno disporsi della soggettività e, infine, l'adeguatezza del sistema delle alleanze.

Il dibattito dei primi anni '60 in Italia ne fa testo, specie nell'elaborazione di chi fu definito riformista-rivoluzionario. Altri tempi, ma questione non derubricata a meno di cadere, come oggi, nella voragine della governamentalità. Eppure i fatti hanno, come si usa dire, la testa dura e neppure i tic più forti li possono scavalcare. C'è sul campo, in primo luogo, il governo Monti. Il documento per le primarie del Pd e dei suoi alleati non ne parla. Mi pare curioso che l'omissione venga considerata una buona cosa. Il governo Monti è una realtà che, a sua volta, ha modificato la realtà. Non è una parentesi che, crocianamente, possa chiudersi per esaurimento del compito.

Esso è, invece, un fattore costituente, interno a un più ampio processo che investe l'Europa. Nato e cresciuto su una soppressione della democrazia, cogeneratore di un modello economico socialmente regressivo, di cui con i suoi atti ha costituito dei presidi che investono il presente e il futuro: l'affermazione della centralità delle politiche di bilancio come risposta alla crisi attraverso la parità di bilancio in Costituzione; l'accettazione dei trattati europei e il fiscal compact; la demolizione di parti significative dello stato sociale (i provvedimenti pensionistici), dei diritti dei lavoratori (la menomazione dell'articolo 18 e la legge sul mercato del lavoro), la mutazione ulteriore del ruolo del sindacato con la soppressione (condivisa?) dell'autonomia contrattuale di quest'ultimo.

Se non ne parli, non è che tutto ciò evapori. Semplicemente e drammaticamente hai accettato che il tuo programma di governo non si ponga il problema di bonificare il terreno economico e sociale da questo impianto di controriforme, con cui ti appresti a convivere, sfuggendo al quesito su quanto di ciò di cui parli come oltrepassamento del montismo sia compatibile con questo stesso impianto, la cui vocazione dominante è iscritta nella potente vittoria ideologica del nuovo capitalismo e nel pratico rovesciamento della lotta di classe (ora agita dal capitale contro il lavoro, oltre che dalla ridicola proclamazione della scomparsa del conflitto tra l'impresa e il lavoro).

Il montismo è una prigione: o ti proponi di romperla, e già così è difficile che tu possa riuscirci, o essa, inevitabilmente, ti ingabbia. L'Europa reale è l'elemento sovraordinatore di queste politiche. Non è il caso di tornare ad analizzare la disastrosa linea di condotta dettata dalla troika ai paesi europei e assunta dai suoi governi come una nuova ortodossia. Se ne discosta ormai il Fondo Monetario Internazionale che denuncia l'impraticabilità del perseguimento degli stessi obiettivi dichiarati in materia di deficit e di debito mentre esplode la disoccupazione di massa. E' una linea criticata da tempo da ampi settori di studiosi dell'economia. E' una linea che provoca una drammatica crisi sociale e l'esplosione di conflitti (purtroppo non messi a valore da nessuna grande organizzazione sociale o politica, tranne eccezioni, in Italia leggi Fiom).

Eppure, malgrado tutto ciò, l'Europa reale prosegue sulla linea di austerità, perché la scena attuale della competitività delle merci (mercati) considererebbe incompatibile con essa il modello sociale e il contratto europeo. I governi si sono rivelati del tutto impermeabili a ogni ordine di critica, perché parte organica della costruzione dell'Europa reale oligarchica e definita dalle forze motrici del capitalismo finanziario. Chi scommetteva sul mutamento del colore politico dei governi come possibilità di cambiamento di questa politica è smentito dai fatti. Francia di Hollande compresa. Regge sempre il compromesso a guida tedesca.

Come ne esci? Con la collaborazione con le "forze del centro liberale"? Ma l'Europa reale non è solo il modello economico sociale imposto dall'ascesa del capitalismo finanziario globalizzato e dalle risposte date dal suo governo reale alla crisi. E' un'Europa postdemocratica, nella quale la democrazia rappresentativa, sia al centro della sua costruzione che nei paesi membri, è mutilata. Bobbio diceva che la democrazia senza la democrazia economica smette di essere democrazia. Nel Continente la democrazia economica è sostituita dal comando dell'impresa e del mercato e quella rappresentatività è ridotta a simulacro. Le assemblee elettive sono casse di risonanza degli esecutivi. A loro volta il concerto intergovernamentale che ha diretto le politiche europee è guidato dalla troika. La cessione di sovranità è verso una sovranità senza popolo: un'oligarchia tecnocratica ha sostituito la democrazia.

In questo quadro la domanda di 'più Europa' (in se giusta e necessaria) si rovescia in una sua maggiore integrazione all'insegna della 'condizionalità', cioè dell'imposizione alle politiche nazionali di una ferrea compatibilità con le politiche di bilancio e con i parametri di competitività adottati centralmente. Il vincolo esterno riduce il vincolo interno (i bisogni e i diritti sociali) a pura variabile dipendente. Per noi, in Italia, è il ribaltamento della democrazia concepita dalla Costituzione repubblicana.

Se le forze del centrosinistra che si candidano a governare ignorano tutto questo, come accade nel documento per le primarie con cui viene scelto il leader, se cioè ignorano le forze avverse e la loro organizzazione si condannano in realtà alla continuità delle politiche in atto, almeno nel loro nucleo portante (parità di bilancio, fiscal compact, logica dei trattati). Se ignori il governo reale, non perciò esso scompare e, allora, il governo formale, quand'anche fosse il tuo, sarebbe irretito nelle sue potenti maglie. E come dicono quelli di Occupy Wall Street gli elettori si troverebbero a scegliere tra la Cola Cola e la Pespi Cola. Ci sono situazioni e momenti in cui il governo, per le forze di sinistra, si rivela un miraggio, quando lo raggiungi esso è scomparso nella realtà. La traversata nel deserto, che certo è assai difficile, richiederebbe allora di sfuggire al miraggio e cercare nuove piste.



lunedì 15 ottobre 2012

Trent'anni senza Beppe

Il 17 ottobre 1982, a soli 43 anni, moriva Beppe Viola, uno dei più grandi giornalisti italiani. E’ morto di domenica, in redazione, mentre stava montando il servizio filmato della partita Inter Napoli. L'ho saputo dal telegiornale e ricordo la sensazione, come se fosse scomparso uno di famiglia. Cosa pensavo di lui l’ho scritto già in un post del 2007. Per non dimenticare e non dimenticarlo propongo il ricordo di Gianni Mura pubblicato oggi da Repubblica

C'era una volta il sorriso di Beppe Viola

martedì 25 settembre 2012

Polveri(ni)

Questo è un paese che non si indigna più. Impermeabile a qualsiasi scandalo: ai Franco Fiorito ma anche alle Minetti, che in virtù del fatto di sapere (e di avere anche le prove, non come Pasolini) non si dimette dall'incarico di consigliere regionale a più di 10 mila euro al mese. In un paese normale, nella tanto vituperata prima repubblica, i Fiorito e le Minetti non avrebbero mai varcato le porte di un palazzo istituzionale, se non per rifare la carta d'identità o per lasciare le proprie generalità. Ma nel folle Truman Show nel quale viviamo da 20 anni, dove ai parlamentari vengono comprate case a loro insaputa e i partiti assumono famigli e fidanzate dei notabili sempre a loro insaputa (anche degli stessi famigli e delle fidanzate) abbiamo visto pure questo. E purtroppo mi sa che... to be continued.


L’Amaca di Michele Serra di giovedì 20 settembre

Io questo Franco Fiorito lo conosco. E lo conoscete anche voi. Lo abbiamo visto dietro il bancone di un bar. Alla guida di un autobus. Alla cassa di una pescheria. In coda all'ufficio postale. È un normotipo popolare italiano.Franco Fiorito, "er federale de Anagni", è uno di noi. La parola "casta" è perlomeno fuorviante. Lascia intendere che esista un ceto parassitario alieno alla brava gente che lavora, quasi una cricca di invasori. Purtroppo non è così. Tra casta e popolo c'è osmosi, e un continuo, costante passaggio di consegne. Fiorito non nasce ricco e non nasce potente. Fiorito è un prodotto della democrazia. Molti italiani che oggi sbraitano contro la casta, ove ne facessero parte, sarebbero identici a Franco Fiorito, per il semplice fatto che sono identici a Franco Fiorito anche adesso. Non si cambia un paese se non cambia il suo popolo, non migliora un paese se non migliorano le persone, la loro cultura, le loro ambizioni. Il mito della "democrazia diretta" non mi cattura perché non tiene conto di un micidiale dettaglio: se a decidere direttamente chi dovrà rappresentarli sono i Franco Fiorito, eleggeranno in eterno Franco Fiorito

lunedì 24 settembre 2012

L'invalido. E sua moglie

Non ricordo come si chiamasse. Forse non l’ho mai nemmeno saputo. Per noi bambini era semplicemente la moglie dell’invalido, come l’invalido era semplicemente l’invalido, il primo uomo che ho visto in sedia a rotelle, credo per un incidente di lavoro. Abitavano a ridosso del campo a sei dell’oratorio dove passavo tutti i miei pomeriggi pre e post compiti scolastici e per noi ragazzini erano l’uomo nero delle favole. Ogni volta che il pallone finiva nel loro giardino ci veniva restituito bucato o il più delle volte veniva semplicemente sequestrato. Mi son sempre chiesto che fine facessero tutti quei palloni! In verità il vero uomo nero era l’invalido perché a volte la signora, di nascosto dall’invalido o quando lui riposava, il pallone ce lo rimandava intatto. Ognuno di noi nella vita ha incontrato il proprio invalido. Questo aneddoto, di quasi 40 anni fa, mi è tornato alla mente nei giorni scorsi assistendo dalla finestra di casa mia ad un episodio che ha visto come protagonisti, due bambini, una bambina, un pallone e un’anziana signora, quest’ultima nelle vesti dell’invalido e di sua moglie. Il quartiere dove abito è un quartiere storico di Brescia, tornato a vivere dopo anni di degrado e abitato da un’alta percentuale di popolazione straniera. Come accadeva 40 anni fa, i ragazzini giocano liberi per strada, con quell’incoscienza che avevo io, che avevamo noi che al campo non potevamo andare, perché c’erano i più grandi, e la palestra manco sapevamo cos’era. Vederlo mi ha riportato indietro nel tempo. La porta disegnata dall’apertura di un garage, il portiere a cercar di parare e l’attaccante a cercar di segnare. Una musica la palla che sbatte contro la saracinesca. Mi stavo cullando in questo amarcord quando un urlo dalla finestra di fronte mi ha frantumato tutta una serie di cartoline dall’infanzia. E non solo. Anche quei bambini avevano incontrato il loro invalido. Non me la voglio prendere con la signora in questione, perché a una certa età si diventa intolleranti, perché capisco che il rumore di un pallone che sbatte su una saracinesca può dare fastidio ecc. ecc. Capisco meno e faccio fatica a giustificare invece il tono razzista con cui ha concluso la sua rivendicazione: andate al vostro paese a giocare? Ma sono bambini. Abitano nel quartiere. Parlano l’italiano meglio di molti autoctoni. I due baby calciatori non l’hanno cagata di pezza e, come noi 40 anni fa, credo abbiano pensato: vecchia rompicoglioni ecc. ecc. La bambina ascoltava attenta e all’invito ad andare al paese d’origine a giocare ha risposto, con l’innocenza dell’età: ma il nostro paese è lontano. La signora ha bofonchiato qualcosa di incomprensibile, perché a volte anche il becerume deve fare un passo indietro. Se avessi potuto l’avrei abbracciata la bambina. Mi sono limitato a sorridere.

giovedì 20 settembre 2012

Fellatio

Cosa non si fa per un pompino…..


SESSO: ECCITAZIONE RIDUCE SENSO DISGUSTO DONNE

(AGI) - Washington, 13 set. - L'eccitazione sessuale rende accettabili e piacevoli contatti e cose che normalmente le donne riterrebbero disgustose. E' il risultato di uno studio dell'Universita' di Groningen nei Paesi Bassi coordinato da Charmaine Borg. La ricerca e' stata pubblicata sulla rivista Plos One e ha analizzato le risposte femminili a diverse situazioni sgradevoli capaci in contesti normali di innescare il senso del disgusto.


giovedì 13 settembre 2012

Passera

Ecco perché alle elementari la maestra Laura ci diceva sempre: bambini, pensate bene prima di scrivere!

ALCOA: PASSERA, TENERLA APERTA COSTA, MA DISPONIBILI
REGGIO EMILIA
(ANSA) - REGGIO EMILIA, 4 SET - Secondo il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, tenere aperta Alcoa "costa, ma siamo disponibili a farlo se ci fossero compratori". Poi, ha aggiunto, "intendiamo anche rispettare i patti. C'é un accordo ben preciso, sottoscritto da tutti: se non lo rispettassimo perderemmo di credibilità in altri accordi per gestire fasi più difficili di altre aziende".(ANSA).

AG-BNT/ S0A QBXB

giovedì 9 agosto 2012

E poi parlano di alta velocità: ma mi facci il piacere!

Si avvisano i signori viaggiatori che a causa di un intervento richiesto dall’autorità giudiziaria i treni da e per Venezia subiranno ritardi. La prima reazione, nella calura agostana della stazione, è: minchia, proprio stasera che per una fortunata congiunzione astrale c’è a casa anche la mia signora, arriverò a tutte le ore, espressione semi dialettale che significa sostanzialmente: bene che vada, arriverò comunque tardi. Poi ho pensato che dietro un annuncio di questo genere c’è sempre un dramma umano e che da maggio ad oggi sulla Milano Venezia sono state tre le persone che hanno deciso di togliersi la vita lasciandosi cadere sulle rotaie del treno, e il disagio è passato in secondo piano. Non entro nel merito dei gesti di disperazione, faccio invece altre considerazioni, forse più prosaiche ma sostanziali su un servizio pubblico enormemente carente e impreparato a qualsiasi emergenza. Purtroppo negli ultimi anni i suicidi lungo la Milano Venezia non sono episodi isolati: avvengono peraltro sempre negli stessi punti, a ridosso delle stesse stazioni. E’ possibile, mi chiedo, che non si possano prevedere delle barriere che impediscano gli accessi? Una maggiore sorveglianza nei punti critici? Credo che una società di trasporti, a prescindere dal caso specifico, dovrebbe avere pronto un piano d’emergenza: non dico autobus di collegamento e treni pronti a partire nelle stazioni immediatamente successive al blocco, perchè potrebbe essere oggettivamente complicato, ma molto più banalmente una linea dedicata di deflusso, anche alternato, del traffico, in modo da non paralizzare per ore il transito, creando disagi soprattutto a chi deve prendere delle coincidenze. Ieri poi si è arrivati al paradosso. I primi treni a subire ritardi sono stati quelli nella fascia oraria 17-18. Dopo l’annuncio di cui sopra, sui tabelloni luminosi è comparso un delay ottimistico di 30 minuti. Io che ormai sono un veterano con abbonamento Eurostar, sapevo sin dall’inizio che, bene che potesse andare, l’attesa non sarebbe stata inferiore ai 90, 120 minuti. Nel mio caso però la sorte mi riservava un piano B: il locale per Brescia delle 18.08 in partenza da Verona, e quindi potenzialmente in servizio visto che l’incidente si era verificato tra Venezia e Verona. Sempre per la mia veteranitudine, sapevo anche però che 8 volte su 10 il locale delle 18.08, per ragioni misteriose, viene soppresso. Per questo sono sceso in biglietteria, ho chiesto conferma del treno ad una addetta in evidente imbarazzo e ho comprato il biglietto regionale. Siccome però il veterano che è in me ha imparato a non fidarsi di Trenitalia, di TreNord e di tutti i sodali dell’ad Moretti, sono andato al binario indicato, dove peraltro alle 18 del convoglio non c’era ancora traccia, ma non ho obliterato. E infatti alle 18.07, puntuale: informiamo i signori viaggiatori che il treno numero xxx delle 18.08 per Brescia, oggi è soppresso. Ci scusiamo per il disagio. Inutile dire che chi di dovere lo sapeva benissimo anche 10 minuti prima che quel treno non sarebbe mai partito, ma ha dato l’ordine di fare la finta. Tanto chissenefrega dell’emergenza, del caldo ecc. ecc.

Proprio ieri, poco prima di andare in stazione, leggevo un lancio Ansa in cui si diceva che l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, vuole “esportare anche in Russia e negli Stati Uniti” il modello di servizio dell'Alta Velocità dei Frecciarossa - che secondo il Financial Times è migliore di quello francese e tedesco - insieme a tutte le eccellenze tecnologiche per le infrastrutture ferroviarie. Moretti l’avrebbe detto, a quanto riferisce l’agenzia, alle telecamere de 'La Freccia.Tv' in uno speciale dedicato alle attività internazionali del Gruppo. “Occorre rendere più fluido il processo di liberalizzazione, stabilire regole comuni e standard di interoperabilità, puntare al completamento del mercato ferroviario interno all'Ue”, ha anche sottolineato Moretti, aggiungendo: “Chi non apre il proprio mercato non può avere la possibilità di andare negli altri. Questa è la prima questione da affrontare”. "Il nostro è l'unico settore in Europa dove occorre avere più certificati di sicurezza e più licenze per poter operare nei diversi mercati”, uno per ogni paese, il che rende estremamente complicato un omogeneo processo di liberalizzazione”. Moretti, infine, ha illustrato le prossime tappe: il completamento della costruzione delle nuove grandi stazioni dell'Alta Velocità, il debutto dei nuovi treni Frecciarossa 1000 e l'ingresso in nuovi mercati: “La sfida è l'Europa, il mercato unico nel quale tutti i competitors dovranno operare. Bisogna essere solidi dal punto di vista economico-finanziario, credibili dal punto di vista della capacità di gestire il business e dare fiducia ai nuovi mercati in cui si vuole entrare”. Poi basta il gesto disperato di un poveraccio ed è la paralisi completa.

martedì 7 agosto 2012

Petanque

Beppe Grillo ironizza sugli sport praticati alle Olimpiadi dicendo che ormai mancano soltanto le freccette da bar, le bocce e il parcheggio cronometrato in retromarcia. Secondo me il fatto che alle Olimpiadi manchino le bocce è scandaloso, vista la storia e la tradizione di questa disciplina, per la quale ammetto un debole, anche affettivo, legato al ricordo di mio padre, per anni giocatore di serie A. Ma al di là di questo personale amarcord, credo che le bocce, per diffusione, praticanti, movimento, abbiano tutti i titoli per entrare a far parte delle competizioni olimpiche. E a maggior ragione oggi che sotto il cielo di Olimpia si vede di tutto. Persino il volano.


lunedì 6 agosto 2012

La storia che non insegna

Hiroshima, 6 agosto 1945, ore 8.16. Esplode la prima bomba atomica sul Giappone. 80.000 morti in un secondo, il 90% degli edifici distrutti, altre 100.000 vittime negli anni successivi a causa delle ferite e dell'avvelenamento da radiazioni.

Nagasaki, 9 agosto 1945, ore 12. Esplode la seconda bomba nucleare. 40.000 morti in un instante, 55.000 feriti, altre 40.000 vittime nel mesi seguenti.

Oggi, dopo 67 anni, la minaccia dell'uso delle armi nucleari è ancora viva.Tuttora nel mondo esistono oltre 20.000 testate nucleari di cui almeno 2.000 pronte all'uso.

Italia, 6 agosto 2012. Il governo, nonostante la drammarica crisi economica, intende spendere 12 miliardi di euro per l'acquisto di 90 bombardieri F35, idonei al traposto di ordigni nucleari.

venerdì 3 agosto 2012

Vive la France

La scorsa settimana, la mia signora e io, mentre stavamo facendo colazione in un bar nel centro di Cavillon, paesino della Provenza, abbiamo assistito ad un divertente scambio di opinioni tra un vecchietto in bicicletta e una ragazza in auto, ragazza che mostrava, anche sonoramente, di gradire poco la lentezza con cui il suddetto vecchietto procedeva lungo la strada. Proprio di fronte a noi, il nonno, con tutta calma, è sceso dalla bici e si è girato verso l’auto da cui proveniva incessante il suono del clacson. A quel punto – da italiano - mi sarei aspettato un lungo elenco di insulti reciproci, con corollario di valutazioni sulle abilità di guida dei rispettivi veicoli, in relazione al sesso e all’età. Nulla di tutto ciò. Il vecchietto, con un sorriso e un’ironia tipicamente francesi si è rivolto alla donna con estremo  garbo, ma con la distanza e la freddezza che solo la forma non confidenziale sa dare: Madame, signora. Dandole quindi del lei, o per meglio dire del voi. Avete fretta? Vous avez presser? Se avete fretta, partite prima! Si vous avez presser, parties plus tot!. Che dire? Chapeaux.

venerdì 13 luglio 2012

Silvio

Avete presente quel bambino tronfio e un po’ disadattato al quale tutti all'oratorio avrebbero fatto fare il giro del campo a pedate nel culo ma non si poteva perché portava il pallone? Quello che lui, non c'erano santi, era il capitano, arrivava già con il fazzoletto annodato al braccio e faceva bim bum bam con l’altro capitano per fare le squadre? L’unico tra tutti i bambini ad avere sempre la maglia originale della sua squadra del cuore, calzoncini, calzettoni e scarpe con i tacchetti. Quello che se c’era un rigore, una punizione, la batteva lui, altrimenti prendeva il pallone e se ne andava. E se c’era un rigore o una punizione contro faceva altrettanto: prendeva il pallone e si avviava verso casa. Quello che se ti capitava la sfiga di essere nella sua squadra sapevi già che sareste stati in uno in meno. Poi, dalle partite all’oratorio alcuni di noi sono passati ai campionati dilettantistici, dove le squadre non si tiravano a sorte, a giocare erano i più bravi e soprattutto il pallone era a disposizione. Anzi, ce n’era sempre più di uno. E così il bambino tronfio e disadattato al massimo se ne stava in tribuna a guardare noi che tiravamo rigori, punizioni, e anche calci d’angolo, finalmente liberi da ogni ricatto.

venerdì 6 luglio 2012

Sciopero retrodatato

Questa mattina, appena sceso dal treno, sono stato accolto dalla voce della stazione che annunciava, urbi et orbi, possibili disagi nella circolazione dalle 21 di giovedì 21 giugno alle 21 di venerdì  22 a causa di uno sciopero del personale delle ferrovie. Buono a sapersi, così due settimane fa  verrò al lavoro in auto.

venerdì 22 giugno 2012

Testimoni di Geova

E’ politicamente scorretto? Va bene, me ne assumo la responsabilità, ma non è possibile che tutte le mattine, davanti al piazzale della stazione, quando non addirittura all’ingresso principale, io, pendolare mio malgrado, debba dribblare una squadra di testimoni di Geova pronti a squadernarmi davanti Torri di Guardia e Svegliatevi chiedendomi: vuole leggerlo lei? No che non lo voglio leggere; ma te l’ho detto anche ieri, ieri l’altro e tutti i giorni precedenti negli ultimi 5 anni. Cerca di ricordarti, testimone. Persino il questuante che chiede un contributo per comprare un biglietto non ho mai capito per dove e che non si muove mai dalla stazione, ormai quando mi vede passa oltre. E poi, al di là che piuttosto di leggere uno dei vostri giornaletti del cazzo mi farei circoncidere, Svegliatevi a me, che a quell’ora dormirei anche sui binari, è una provocazione. Ultimamente è comparso anche il nero. Nero e Testimone di Geova. A Brescia. Ma allora ti vuoi male fratello.

mercoledì 20 giugno 2012

Il mercato

Quando ero bambino il mercato era il mercoledì d’estate al paese di mia mamma. Nel grande spiazzo vicino al cimitero, altrimenti adibito a parcheggio, dalle 6 alle 14, si aprivano decine di ombrelloni sotto la cui protezione venivano apparecchiate merci di ogni tipo. Del mercato in genere si ricordano le voci, gli odori, i visi delle persone, l’allegria ammiccante e a volte paracula dei commercianti: io ricordo che con il mercato il rapporto era fisico, quasi orgiastico, per le innumerevoli percezioni sensoriali che rimandava. Oggi il mercato è un’entità metafisica, in grado di separare i buoni dai cattivi e di decidere le regole che ne fanno sentenza. Ma chi è il mercato? Il voto greco non basta ai mercati. Cosa vuol dire? Chi c’è sotto l’ombrellone con la parannanza a contrattare il prezzo dello stoccafisso? Possibile che questo fantomatico mercato sia più forte di tutti gli Stati europei messi insieme? O la sua forza è solo conseguenza delle loro decisioni/indecisioni politiche? Boh. Se lo chiede anche Michele Serra.


L'AMACA

19 giugno 2012 — pagina 26 sezione: Commenti

MICHELE SERRA Si legge che il voto greco "non basta ai mercati" e ci si ingegna di capire che cosa basti, ai mercati: la consegna immediata di tutte le ragazze vergini? La testa del Battista su un piatto d'argento? La donazione di ogni bene pubblico e privato al circolo ricreativo dei banchieri? L'uso obbligatorio del papillon? Ma poi, soprattutto: chi diavolo sono, questi misteriosi "mercati"? Hanno fisionomia giuridica, un portavoce, un responsabile, un legale rappresentante, qualche nome o cognome al quale, all'occorrenza, presentare reclamo? Qualcuno ha mai votato per loro? Se sbagliano, si dimettono? Quando e dove è stato deciso che il loro giudizio (il famoso "giudizio dei mercati") conta più del giudizio dell'intera classe politica mondiale? Perfino i più esecrabili dittatori ci mettono la propria faccia, e a volte finiscono la carriera appesi a un lampione. Perché i mercati no? Se contano tanto (tanto da affamare i popoli, volendo, e tanto da salvarli, sempre volendo) perché sono l'unico potere, in tutto l'Occidente, che non si espone mai, non parla nei telegiornali, non viene intervistato, fotografato, incalzato? Perché siamo tutti ai piedi di un'entità metafisica che per giunta non dispensa alcun genere di risarcimento spirituale, anche scadente?



martedì 19 giugno 2012

Froci

Aver chiesto a Cassano cosa ne pensasse di eventuali compagni di squadra omosessuali o dell’omosessualità in generale è stata una bastardata, con l’aggravante della premeditazione. Chi ha fatto la domanda sapeva già che Fantantonio, genio assoluto del calcio, avrebbe svaccato, con tutte le conseguenze che sappiamo, compresa la complice, inutile e pruriginosa cassa di risonanza dei media. Ha ragione Massimo Gramellini quando scrive: “trovo sbagliato dare risalto alle dichiarazioni di un calciatore su temi che esulano dal suo lavoro e altrettanto assurdo scandalizzarsi per l’ennesima, prevedibile «cassanata». Certi pensieri da bar sugli omosessuali indignano quando a darvi fiato è Giovanardi, un politico eletto dai cittadini. Ma, pronunciati da Cassano, hanno lo stesso peso di una dichiarazione di Giovanardi sul 4-3-3. Eppure nessuno nei media si è smarcato, pur sapendo di fare una sciocchezza. Ciascuno di noi l’ha fatta per abitudine, per pigrizia, ma soprattutto per paura di essere il solo a non farla. Dimenticando che la diversità è un valore, e mica solo nel sesso”.


Sull'argomento, il dialogo tra Ennio Fantastichini e Lunetta Savino nel film Saturno contro è una piccola perla di ironia, che spiazza e rimette le cose a posto.

Minnie: anche tu sei come loro? Come lui, insomma?

Sergio: addolorato?

Minnie: no, gay!

Sergio: gay io? Nooo, io sono frocio

Minnie: ah ecco, e non è la stessa cosa?

Sergio: si ma io sono all'antica!!!


dal film Saturno contro (2006) Ennio Fantastichini è Sergio

lunedì 7 maggio 2012

Io sto con Delio Rossi


Non conosco Delio Rossi se non per averne seguito, da semplice appassionato di calcio, la carriera professionale. L’idea che mi son fatto è di un bravo allenatore e di una brava persona, mai fuori dalle righe nelle dichiarazioni, più propenso a mediare che esacerbare animi e toni. Poco tempo fa il suo nome veniva inserito da vari opinionisti nell’elenco degli allenatori che avrebbero meritato/meriterebbero una chance in un grande club. Per questo mi dispiacerebbe che un momento di follia – comprensibile e umana, peraltro - possa mettere a rischio vent’anni di onesto lavoro. Perché è così: Delio Rossi per gli anni a venire sarà ricordato come l’allenatore che ha picchiato il ventunenne serbo Adem Ljajic durante una partita di calcio. Anche se dovesse vincere lo scudetto o il campionato del mondo. Mentre il nome del giocatore picchiato verrà dimenticato nel giro di poco e Ljajic scriverà la sua storia nel barnum dei piedi a prescindere da questo episodio. Non so se la Fiorentina abbia fatto bene o meno a licenziare in tronco Rossi. Nel caso avrebbe dovuto fare lo stesso con il giocatore, che invece, essendo un giovane di talento, patrimonio economico della società, è stato solo parcheggiato fuori rosa a due giornate dal termine del campionato, per poi essere presumibilmente reintegrato per la preparazione estiva e arruolato per la prossima stagione. Secondo me bisogna intendersi. Se il comportamento di Delio Rossi è stigmatizzabile, per tutto il pippometro della violenza, dell’esempio, dei bambini che ci guardano, lo è altrettanto la mancanza plateale di rispetto di un ragazzino nei confronti di un signore maturo che, da contratto, ha il diritto di decidere se e quando toglierlo dal campo. Forse Delio Rossi avrebbe fatto meglio a far finta di nulla e al rientro negli spogliatoio prendere a calci il suo giocatore. Ljajic avrebbe imparato come si sta al mondo, la Fiorentina non avrebbe avuto la necessità di licenziare il proprio allenatore e Delio Rossi non avrebbe avuto questa macchia che potrebbe decretare la fine sulla sua carriera di allenatore. Per questo io sto con Rossi.

venerdì 27 aprile 2012

Croce e stellette

Nell'elenco delle spese inutili aggiungiamoci anche questa, sentita ieri in una trasmissione di Radio 24: lo Stato spende ogni anno 17 milioni di euro per i cappellani militari. Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, ha ricoperto l'incarico per 3 anni, è stato congedato con il grado di generale di brigata e per questo servizio percepisce una pensione di 4000 euro al mese. Ditemi voi.

lunedì 23 aprile 2012

Non si scherza con il fuoco

Ne parlavo giusto ieri con un amico affascinato da Beppe Grillo, proponendo la stessa analisi che il prof. Diamanti elabora con la consueta lucidità oggi su Repubblica. Il problema vero è che la classe politica non può riformarsi da sola, perché vorrebbe dire autoescludersi, andarsene per sempre, certificare il proprio fallimento. Io non credo nelle rivoluzioni pacifiche e se si allargherà ancora di più la forbice del reddito, non si vedranno degli interventi seri per la crescita, non verranno aboliti privilegi immorali non solo in una situazione di crisi e debellato il crimine dell’evasione, ce ne accorgeremo presto.


“(…)Il problema è, come si è già detto, che dopo Monti nulla resterà come prima. Soggetti politici e classe politica: non potranno più ri-presentarsi allo stesso modo, con le stesse facce. Perché il Montismo ha segnato, comunque, una rottura: di stile, modello di comportamento, competenza.
Vedere il Nuovo annunciato da Berlusconi, Pisanu, Casini, lo stesso Bersani. È come pretendere di "restaurare" il futuro. Con un puzzle di pezzi raccolti dalla Prima e dalla Seconda Repubblica. Rischia solo di rafforzare il peso di chi "si chiama fuori". Attraverso il non voto o la critica radicale di Grillo.
Il problema non è l'antipolitica, ma ricostruire la politica. Ri-costituire la Repubblica. Traghettarla lontano dal Berlusconismo e oltre il Montismo”.


venerdì 6 aprile 2012

La rottura del cerchio

L'EDITORIALE
La caduta degli idoli
di EZIO MAURO


CADONO ad uno ad uno gli idoli della destra italiana che fino a ieri guidavano il Paese, trasmettendo attraverso il loro potere alieno alle istituzioni l'immagine di un'Italia da comandare, più che da governare. Le dimissioni di Umberto Bossi, affondato dalla nemesi di uno scandalo per uso privato di denaro pubblico, azzerano la politica e persino il linguaggio della Lega, rovesciando sul Capo fondatore quelle accuse spedite per anni contro "Roma ladrona" e contro lo "Stato saccheggiatore". I ladroni la Lega li aveva in casa, anzi a casa Bossi. E il saccheggio lo aveva in sede, a danno del denaro dei contribuenti. (...)


Il prepotente di genio «Chi sbaglia deve pagare»
di ALDO CAZZULLO

Ora il colore si sprecherà: e di colore Umberto Bossi ne ha sempre fornito molto, sin da quando si faceva chiamare Donato e imitava la voce di Celentano, oppure - finto medico - usciva di casa con lo stetoscopio nella borsa dicendo che andava in ospedale e invece si infilava al bar; ogni tanto poi organizzava una serata per festeggiare una laurea in medicina mai presa, e quand'era già un leader politico pretendeva ancora di aver fatto parte in gioventù di un'équipe che lavorava a un certo laser dai poteri taumaturgici. (...)

giovedì 5 aprile 2012

Matti 2.0

Succede a volte che leggi o vedi qualcosa e per uno strano meccanismo del pensiero ti ricordi persone o avvenimenti che apparentemente non c’entrano nulla. Questa mattina leggendo i commenti alla notizia della donna uccisa ieri nel corso di una rapina in una gioielleria a Fermo, donna che nel caso specifico vestiva i panni della cattiva, mi è venuto in mente il signor Innocenzo, detto Cempo, un personaggio un po’ strambo, per dirla con affetto, che sarebbe piaciuto a Fellini o Pupi Avati. Cempo viveva nel mio paese, parlava in modo incomprensibile, utilizzando a sproposito termini che aveva sentito e che evidentemente gli suonavano bene. Ricordo che per un po’ continuò a inserire in soliloqui privi di costrutto la parola censimento. Un giorno, io presidente di seggio, pretendeva di portare a casa la scheda elettorale per far votare la sorella a letto malata o, in alternativa, votare lui al suo posto in quanto lei, testuale, era una deficiente civile. Ma era Cempo, non faceva male a nessuno, aveva un onesto lavoro, viveva con la sorella e girava in vespa. E a noi bambini faceva ridere. Lo ricordo con affetto anche perché riuscì a farmi sorridere in un momento particolarmente triste della mia vita. Il giorno in cui morì mio padre fu uno dei primi a venire a casa a portare la sua solidarietà che espresse stringendomi la mano e facendomi le sue congratulazioni.

Ieri a Fermo un gioielliere ha sparato e ucciso uno dei 4 rapinatori, una donna, entrati nel suo negozio armi in pugno: pare giocattolo, ma vai a sapere quando te le puntano addosso. La folla, che sempre si raduna in questi casi, ha applaudito il gioielliere, rimasto ferito, e inveito contro i rapinatori per interposta persona, il cadavere della donna a terra. Se andate sul sito del Corriere, oltre alla notizia trovate tutta una serie di commenti, incommentabili, dei lettori. Uno di questi è degno di Cempo, o forse è addirittura oltre.


legge giusta
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non ci si puo' difendere solo perche' qualcuno ti sta aggredendo. Capisco se uno se uno e' appena stato ucciso allora ci sta' che in questo caso si difenda anche con le armi. Ma se non e' ancora morto allora e' chiaramente eccesso di difesa. Non siamo mica in una democrazia occidentale qua'. Questa e' uan repubblica delle banane. Che dico, i 3 fuggitivi dovrebbero essere trovati ed eletti senatori a vita. (e purtroppo, se accadesse sul serio le cose migliorerebbero pure)

venerdì 10 febbraio 2012

Io compro il Manifesto

Nell'editoriale di ieri, il direttore Norma Rangeri spiega la gravissima situazione che sta vivendo il Manifesto e chiede un aiuto ai cittadini per salvare il giornale. Siamo ad un passaggio politico delicato, la difesa di una voce critica è un investimento in favore della libertà di pensiero. Per questo io compro il Manifesto e invito a farlo chiunque ne ha la possibilità.

Senza fine

di Norma Rangeri

Siamo alla prova cruciale, al corpo a corpo con la nostra stessa vita materiale e politica. Il manifesto andrà in liquidazione coatta amministrativa. Verranno funzionari di governo, che si sostituiranno al nostro consiglio di amministrazione. È una procedura cui siamo stati costretti dai tagli alla legge dell'editoria. Noi, come altre cento testate, nazionali e locali, non potremo chiudere il bilancio del 2011. Mario Monti e il ministro Passera potrebbero riuscire dove Berlusconi e Tremonti hanno fallito. Usiamo il condizionale perché non abbandoniamo il campo di battaglia e siamo ancora più determinati a combattere contro le leggi di un mercato che della libertà d'informazione farebbe volentieri un grande falò. La fine del manifesto sarebbe la vittoria senza prigionieri di un sistema che considera la libertà di stampa non un diritto costituzionale ma una concessione per un popolo di sudditi. La fisionomia della nostra testata, il suo carattere di editore puro, il nostro essere una cooperativa di giornalisti, hanno sempre costituito una felice anomalia, un'eresia, la testimonianza in carne e ossa che il mercato non è il monarca assoluto e le sue leggi non sono le nostre.


Il compito che ci assumiamo e a cui vi chiediamo di partecipare è tutto politico. I tagli ai finanziamenti per l'editoria cooperativa e politica non sono misurabili «solo» in euro, in bilanci in rosso, in disoccupazione. Naturalmente, se avessimo la testa di un Marchionne sapremmo cosa fare per far quadrare i bilanci. Così come un vero mercato della pubblicità ci aiuterebbe a far quadrare i conti, e un aumento dei lettori nel nostro paese ci farebbe vivere in una buona democrazia. Ma è altrettanto evidente che le nostre difficoltà sono lo specchio della profonda crisi della politica, l'effetto di quella controrivoluzione che ha coltivato i semi dell'antipolitica, del «sono tutti uguali» fino a una sorta di pulizia etnica delle idee e dell'informazione.


Care lettrici e cari lettori, siamo chiamati, noi e voi, a una sfida difficile e avvincente. Dovremo superare nemici visibili e trappole insidiose. Sappiamo come replicare alle politiche di questo governo, ma siamo profeti disarmati contro il successo del populismo, che urla contro il potere assumendone modi e fattezze. State con noi, comprateci tutti i giorni, abbiamo bisogno di ognuno di voi. Adesso che tutti hanno imparato lo slogan dei beni comuni, lasciateci la presunzione di avere rappresentato una delle sue radici, antica e disinteressata. Ed è per questo che nell'origine della nostra storia crediamo di vedere ancora una vita futura.

lunedì 6 febbraio 2012

Acqua benedetta

La scorsa settimana ad Ancona sono stati denunciati alcuni presunti medici, capeggiati da una biologa 71enne, con l’accusa di aver truffato un non ben precisato numero di malati, anche di cancro, ai quali i suddetti avevano venduto falsa acqua di Lourdes, Medjugorje e di altri santuari più o meno famosi, a 200 euro la boccetta. La banda aveva messo in piedi il business rifacendosi ad una fantomatica teoria del riequilibrio del corpo in sofferenza basato sull’acqua santa, nel caso specifico proveniente però, più prosaicamente, dell’acquedotto comunale. Detto che è miserabile approfittarsi delle persone in difficoltà, è altrettanto vero che, tutto sommato, l’intermediazione ha consentito ad un mucchio di gente di risparmiarsi il viaggio. A meno che il reato non sia ascrivibile alla millantata provenienza dell’acqua benedetta. Allora è un altro paio di maniche: vuoi mettere il pullulare di miracoli nei siti commercialmente pertinenti? Da far tremare i polsi al povero Ippocrate.

venerdì 27 gennaio 2012

Cervelli in fuga

Qualche giorno fa una ragazza di 34 anni è morta a causa di un errore nella somministrazione della chemioterapia. Un fatto tragico, assurdo. Ne hanno parlato tutti i giornali. Oggi un settimanale torna sulla vicenda, arricchendo il servizio con  l'elenco di tutti i casi più recenti di malasanità. Non voglio entrare nel merito del taglio e di quanto viene scritto. Il titolo è però semplicemente allucinante. “Una chemioterapia sbagliata uccide Valeria. Ma poteva accadere a chiunque, Vip inclusi…”. Cosa significa? Mi deve essere di conforto sapere che  persino i vip potrebbero lasciarci le penne in questo modo? Un altro settimanale di grande tiratura, sempre oggi, mette in pagina un articolo sui tumori, con  una nota di speranza per le donne che dopo la chemio vogliono diventare mamme. Nel testo viene citato uno studio commentato, al presente, da un oncologo amico mio che, purtroppo, è deceduto un mese fa.

venerdì 20 gennaio 2012

Il cavallo delle braghe

La moda non è un argomento che mi interessa particolarmente. Oggi, osservo e giudico come tutti – mi piace, non mi piace, cercando di stare attento alla variabile: mi sta bene - e mi vesto di conseguenza. Ammetto, con un certo imbarazzo, che negli anni 70 ho indossato anch’io i pantaloni a zampa di elefante, i jeans a macchie, le camice attillate, a fiori, con i colli lunghi. Quindi sulle considerazioni che seguono pesa questa colpa, dalla quale credo ci si affranchi solo attraverso il percorso di vergogna indotto della maturità e la consapevolezza, almeno per quanto mi riguarda, di quanto dovevo essere coglione per vestirmi in quel modo. Fino a poco tempo fa pensavo che quello degli anni 70 fosse il gradino più basso del gusto, anche per il pret à porter, invece sono comparsi i pantaloni a vita e cavallo basso che portano i ragazzini. Indumenti fatti apposta per scoprire loro il culo, non permettergli di piegare le ginocchia e costringerli a camminare in modo innaturale: come dei pinguini, o come direbbero più prosaicamente al mio paese, come se si fossero cagati addosso. Ora, va tutto bene: tra qualche anno, quando si rivedranno nelle foto, si ricorderanno dei disagi patiti senza motivo, molti di loro si vergogneranno, come è successo a me. Il punto è un altro: il pantalone a cavallo basso è pericoloso. L’altra sera, mentre tornavo a casa a piedi dalla stazione dei treni, camminava davanti a me un ragazzo perfettamente conformato e intruppato: braga in perenne discesa, spacco del culo a fare capolino da un giubbetto strategicamente troppo corto, scarpe da ginnastica o simili senza lacci. Un coglione, ho pensato, data anche l’aggravante della temperatura ben sotto lo zero. Il mio, che si poteva configurare come un pregiudizio, è stato però avvalorato qualche centinaio di metri più avanti quando al semaforo c’è stato da accelerare il passo perché stava scattando il rosso. Il nostro, che istintivamente si ricordava il movimento dello scatto, è rimasto ingarbugliato tra pantalone calante, cavallo paralizzante e scarpa sfuggente. Gli automobilisti hanno avuto pietà di lui.