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lunedì 14 novembre 2011

Adieu

Giusto per ristabilire un po’ di verità. Non è vero che le dimissioni sono stato un atto generoso : B. non aveva alternative, stretto dalla morsa dell’Europa, del Quirinale, senza più una maggioranza e soprattutto con le sue aziende a rischio per la crisi economica. Così come non è vero che non gli è mai venuta meno la fiducia del Parlamento. Il Rendiconto generale dello Stato, un atto fondamentale senza la cui approvazione non si può approvare né la legge di Bilancio né la Finanziaria, è passato solo perché le opposizioni e i transfughi del pdl si sono astenuti. Il risultato della conta ha detto che la compagine governativa contava alla Camera di 308 voti contro 321, otto quindi in meno della maggioranza assoluta. La caduta di questo governo è avvenuta quindi in Parlamento ed è stato un evento politico a determinarla. B sapeva altrettanto bene che la strada delle elezioni anticipate, chieste dalla Lega e dai falchi della sua coalizione, non era percorribile. Prima di tutto per il bene delle sue aziende. Due mesi minimo di vuoto avrebbero dato modo agli speculatori di mangiarsi il Paese - lo stesso che il grande statista dice di amare, dove ha le sue radici, le sue speranze, i suoi orizzonti e amenità varie ricordo del videomessaggio della discesa in campo - facendolo passare alla storia come il premier del default. In secondo luogo andare al voto con l’attuale legge elettorale avrebbe significato una sicura paralisi istituzionale per l’impossibilità di avere una maggioranza al Senato.

L’indignazione per le manifestazioni di giubilo della piazza, stigmatizzate con sdegno da B e dal segretario del pdl Alfano, è del tutto fuori luogo. Avrebbero fatto più bella figura a starsene zitti e a chiedersi il perché di una festa popolare, che di solito si vede solamente alla caduta dei dittatori, Saddam e Gheddafi gli ultimi della lista. Anche George Bush tempo fa si stupì che da un sondaggio l’America fosse risultata il paese più odiato del mondo. Andare a fare la guerra in giro per il mondo di solito non ti fa proprio ben volere. Lo stesso il nostro: portare un paese sull’orlo del baratro, negando peraltro pervicacemente la crisi, l’ultima volta pochi giorni fa (ristoranti e aerei sono sempre pieni: commento da bar e non da primo ministro responsabile), non aiuta di certo ad accreditarti fiducia.

Quello che mi sembra scontato è che qualcuno, e non certamente il centro sinistra, ha deciso che era arrivato il momento del game over, della fine politica del cavaliere e del suo sodale in camicia verde. Entrambi (forse) proveranno a rialzare la testa, ma credo che saranno più che altro spasmi post mortem. Anche se non aveva alternative, il cavaliere avrà sicuramente trattato la resa ed è presumibile che, anche per età (e per pietà), non lo vedremo più candidato premier. Con lui finisce quindi questa farsa della seconda repubblica e in questi mesi assisteremo allo smottamento del truman show, con la scomparsa di tutta la pletora di segretari personali, avvocati, troie e vario circo barnum che si è portato in Parlamento. Forrest Bossi si illude invece di uscire dall’angolo resettando anni di servilismo, incompreso persino dalla base, ritirandosi in padania e sparando a zero contro un governo che, si spera, risolverà i danni fatti anche dal suo partito. La fronda interna lo costringerà presumibilmente a ritirarsi a Gemonio e a godersi la pensione. Il suo allontanamento è forse l’unica possibilità per la lega di non scomparire. Personalmente credo che il redde rationem sia arrivato anche per l’opposizione. Come si fa a dare credibilità ad una classe dirigente che in 20 anni non è stata in grado di archiviare Berlusconi e il berlusconismo con le ragioni della politica, ma l’ha addirittura alimentato e risollevato quando sembrava morto? Per chiudere: era necessario arrivare fino a questo punto? Sì, era necessario, perché l’Italia e gli italiani non sono in grado di avere un sussulto di dignità, fino a quando eventi eccezionali esterni non li costringono, o meglio, li guidano, a voltare pagina.

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