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domenica 4 novembre 2007

Rauss

Nei momenti tragici le parole più sensate arrivano sempre dalle vittime, da chi si porta e si porterà per sempre dentro l’orrore della morte violenta di un proprio caro. “L’assassino avrebbe potuto essere anche un italiano”. Stop, fermi tutti. Si deve rifare la scena. Questa battuta non era prevista nel copione e ha rovinato la sceneggiatura. Lascia perdere i condizionali: qui il mostro è un rumeno, un rom, uno zingaro, uno di quella razza là, insomma, il resto sono solo chiacchiere. Invece no, non sono chiacchiere. Uno Stato è forte se fa rispettare le leggi non se reagisce emotivamente agli avvenimenti per calmare la piazza. Ha ragione Gabriele Polo, direttore del Manifesto, quando scrive: “Forse sarebbero bastati un paio di lampioni su quella strada, per evitare a Giovanna Reggiani il buio e l'orrore in cui è stata trascinata”. Le immagini della stazione di Tor di Quinto le hanno viste tutti. Come tutti hanno visto il rosario di baracche a ridosso del fiume, dove migliaia di persone – persone, non topi – vivono invisibili da anni in condizioni disumane. Da anni, non da ieri, da quando la Romania è entrata a far parte dell’Unione Europea e quei bastardi degli zingari, il copyright è degli ascoltatori di Radio Padania Libera, sono diventati comunitari. Possibile che nessuno ci abbia mai fatto caso, si sia mai chiesto, che so il sindaco, per esempio, l’assessore ai servizi sociali, i vigili urbani: toh guarda quanti accattoni ci sono in giro ultimamente, chissà dove vanno a dormire? Probabilmente – come scrive ancora Polo - “sarebbe bastata una maggiore attenzione alla vita quotidiana delle periferie per cercare una soluzione al violento degrado in cui giacciono migliaia di persone”. Le periferie, appunto. Se proprio non vogliamo occuparci degli invisibili del fiume, anche se prima o poi verranno a bussarci alla porta di casa, sarebbe il caso di dare un occhio a quella parte della città che non si chiama centro e che, di solito, è territorialmente più estesa. Più che una stazione romana quella di Tor di Quinto sembra una stazione di Bagdad: mancano solo i cecchini. Certo rimane l’omicidio efferato. Rimane che il colpevole deve essere punito e tutto il resto. La risposta contenuta in un decreto d’urgenza rischia però di trasformare “un delitto individuale – è sempre Polo che scrive - nell'annuncio di un repulisti di massa. E non servirà a salvare altre future vittime (…). Non servirà a cacciare le paure metropolitane e nemmeno - più in piccolo - a conquistare consensi elettorali”.

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