Translate

giovedì 17 gennaio 2008

Non habemus papam, pazienza

Riflessioni semiserie, mie e del Carlo

E’ difficile non essere d’accordo – intellettualmente dico, politicamente ho qualche dubbio - con quello che scrivono oggi alcuni direttori di giornali o editorialisti sulla rinuncia del Papa a partecipare – ospite non gradito – all’inaugurazione della Sapienza di Roma. Mi riferisco in particolare ad Ezio Mauro e Adriano Prosperi (La Repubblica), Paolo Franchi (Il Riformista), Rossana Rossanda (Il Manifesto) e Ritanna Armeni (Liberazione). Non c’è dubbio, come scrive Mauro, che si è assistito ad “un cortocircuito culturale e politico d'impatto mondiale”, che ha prodotto un “risultato, che sa di censura, di rifiuto del dialogo e del confronto, inaccettabile per un Paese democratico e per tutti coloro che credono nella libertà delle idee e della loro espressione”. E’ altrettanto vero però, ed è lo stesso direttore di Repubblica a sottolinearlo, che “da quasi un decennio la Cei ha acquistato un protagonismo e una reattività che hanno fatto della Chiesa un prim'attore in tutte le vicende pubbliche: una Chiesa che è insieme parte (perché cosi dicono i numeri) e Verità assoluta, pulpito e piazza, autorità e gruppo di pressione e chiede di determinare come mai nel passato della Repubblica i comportamenti parlamentari delle personalità politiche cattoliche, pretendendo pubblica obbedienza al magistero (…). Nella Chiesa si fa invece strada la convinzione secondo cui i non credenti non riescono a dare da soli un senso morale all'esistenza, perché solo la promessa riconosciuta dell'eternità da un senso alla vita terrena. Ne deriva una riduzione di dignità dell'interlocutore laico, quasi una riserva superiore di Verità esterna al libero gioco democratico, una sorta di obbligazione religiosa a fondamento delle leggi e delle scelte di un libero Stato”. Ma il problema, a mio avviso, sta proprio qui: nell’ostinarsi a non volersi affrancare da una condizione che Ritanna Armeni definisce “subalternità colpevole e opportunista dei politici italiani”. La corsa a baciare l’anello e a mostrare la faccia più contrita e l’indignazione più indignazione viste ieri erano a dir poco imbarazzanti. L’immagine che si vorrebbe far passare di una Chiesa imbavagliata, circondata da fanatici laici è quantomeno ridicola. Ogni sera i telegiornali immergono la loro scaletta nell’acquasantiera e ci illuminano da Oltretevere, suvvia!. Ventilare poi un pericolo per l’incolumità del Papa in caso si fosse papamobilizzato in via Salaria non merita nemmeno un commento. Il dato vero è che era da tanto che non si assisteva ad un’alzata di scudi così forte e immediata da parte di entrambe le Camere. Nemmeno la tragedia di Torino o i primi giorni dell’emergenza rifiuti erano riusciti a scaldare gli animi come ci si aspetterebbe da chi governa la res pubblica. Ha ragione Paolo Franchi quando dice che in questo scenario desolante pesa l’assenza di “una grande forza di sinistra,laica, democratica e riformatrice” di un partito socialista “capace di interpretare, di orientare, di dare un indirizzo e uno sbocco alle aspettative di una parte della società italiana che non sarà maggioritaria ma certo è infinitamente più vasta di quanto in genere si creda. Che non vuole né sbertucciare il Papa né esporlo a pagliacciate volgari,ma non intende nemmeno accettare deferente il principio che il suo punto di vista e i suoi valori valgano meno degli altri”.
Per farla breve quello che a me stona di tutta questa storia sono: 1) le reazioni, francamente spropositate rispetto ( nel senso anche di ‘per rispetto’) ai problemi sul tavolo, non ultimo un Guardasigilli indagato 2) la rinuncia del Papa (di cosa aveva paura? di 67 professori che presumibilmente hanno problemi di prostata e di un centinaio di studenti che al massimo avrebbero fatto un sit in? L’offesa aumenta invece il suo potere contrattuale da far valere al momento opportuno. La Stampa sostiene che un alto prelato avrebbe commentato a botta calda: Wojtyla ci sarebbe andato. Ora, non è che si sta a fare una classifica di chi è più bravo, altrimenti non se ne esce. Diciamo che in campo ognuno adotta la tattica che crede. L’obiettivo non mi sembra sia cambiato, anzi 3) la lettera dei 67 (non potevano trovarne altri due? 69 è un numero evocativo e sicuramente qualcuno, sicuramente Vespa, l’avrebbe letto come ulteriore sfregio o provocazione), la lettera, dicevo, si scopre oggi, era un atto privato. Perché è stata data alla stampa? E da chi se i diretti interessati non ne sono responsabili, probabilmente coscienti del casino che avrebbe potuto verificarsi? 4) Perché il Rettore ha invitato il Papa ad inaugurare l’anno accademico di un’Università laica? 5) mi fermo qui.
Anzi no. Non so perché ma è tutto il giorno che mi ronza in testa la domanda che gli americani si sono posti qualche tempo fa quando un sondaggio rivelò che la gran parte del mondo li odiava. Perché ci odiano tutti? Lo sforzo di farsi una domanda non ha purtroppo marzullianamente prodotto anche il “si dia una risposta”. Per rimanere nel pensiero semplice azzardo: forse se non andaste in giro per il mondo a sparare eleggendo amici e nemici alla bisogna rimarreste solo e sempre delle simpatiche canaglie. Alla lunga capita di trovare quello che si è magari alzato male o a cui, semplicemente, girano i coglioni e risponde al fuoco, magari con le stesse armi che gli avete regalato qualche anno prima. Tutto questo per dire che forse anche la Chiesa dovrebbe fare una riflessione, non per la vicenda della Sapienza, ma in generale sulle proprie scelte e sulle possibili conseguenze. Scrive Rossana Rossanda: “Due giorni fa Joseph Ratzinger ha celebrato la messa nella cappella Sistina dando le spalle ai fedeli. Liturgia che il Vaticano II aveva sostituito con la celebrazione faccia a faccia perché non fosse un dialogo del sacerdote con dio, e i fedeli dietro, ma una celebrazione in comune. Ora si ritoma indietro. Da quando è papa ha riaperto ai lefebvriani, ha chiuso con il dialogo ecumenico all'interno stesso dell'area cristiana, ha negato nel non casuale lapsus culturale a Ratisbona, qualsiasi spiritualità all'islam, ha messo un alt all'avanzata di un sacerdozio femminile, ha ribadito l'obbligo del celibato per i sacerdoti, ha negato i sacramenti ai divorziati che si risposino, ha respinto nelle tenebre gli omosessuali, ha condannato non solo aborto e eutanasia, ma ogni forma di fecondazione assistita, ha interdetto la ricerca sugli embrioni, intervenendo ogni giorno direttamente o tramite i vescovi sulle politiche dello stato italiano. Tra un po' risaremo al Sillabo. Sono scelte meditate, che significano un passo indietro rispetto al Concilio Vaticano, che era stato un aprire le braccia all'intera Comunità cristiana e oltre, a quel più vasto «popolo di dio» che era costituito, per il clero più illuminato, anche dai laici. Insomma, come Cristo la chiesa ridiscendeva fra la gente, è non saliva obbligatoriamente con lui sulla croce”.


Qui inizia il commento che mi ha mandato Carlo

Sfugge forse ai più un particolare agghiacciante sulla vicenda che ha riguardato l’invito al Pontefice in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico della Sapienza a Roma: ed è proprio l’invito.
È incredibile che un Preside di Facoltà, con tutte le straordinarie personalità accademiche mondiali nel campo delle Scienze, pensi ad un Papa per l’inaugurazione di una Università laica e pubblica.
Un Papa che, non dimentichiamolo, pur affermando che non intende “affermare la fede con autorità” (e ci mancherebbe!!), dall’inizio del suo pontificato non ci ha mai fatto mancare la sua ‘opinione’ su tutte le leggi e i provvedimenti che venivano votati in Parlamento, con interviste e comunicazioni che suonavano come imposizioni ai politici di area cattolica. Che naturalmente baciavano il prezioso anello e si stendevano come zerbini sotto le immacolate scarpe.
Il Papa appare quotidianamente, anche se non ha sostanzialmente nulla da dire se non frasi di circostanza, nelle due principali edizioni del primo telegiornale pubblico italiano diretto a caro prezzo dall’ex laico Gianni Riotta con soldi pubblici, anche dei non cattolici. Il Papa riempie pagine intere di giornali intervenendo su tutto ciò che riguarda la sfera privata degli italiani. Il Papa ci dice come dobbiamo comportarci nel nostro giaciglio matrimoniale, e soprattutto dice ai politici chi può stare legittimamente in questo giaciglio. Il Papa impone una legge antiscientifica come la Legge 40, il Papa cavalca la moratoria sulla pena di morte solo per affiancarla alla sciagurata moratoria sulla legge che regola l’interruzione volontaria di gravidanza proposta dall’ormai sbandato Giuliano Ferrara e dell’ex comunista Bondi. Il Papa impedisce che, contrariamente al resto d’Europa, si legiferi sulle coppie che non intendono o non possono per motivi personali, sessuali o politici, contrarre matrimonio. Il Papa appoggia il Familiy Day, dimenticandosi che le coppie di fatto esistono, vivono, producono, pagano le tasse, hanno dei figli da matrimoni precedenti, e vanno non dico tutelate ma almeno censite e regolate. Il Papa vuole un Italia a sua Cattolica, Apostolica, Romana somiglianza. In modo aggressivo, spavaldo, ossessivo. Questa è la quotidianità su tutti o quasi i mezzi di informazione.
E’ inutile invocare Voltaire. Perché è giusto dare libera parola a tutti, ma è però necessario che questi tutti non approfittino della libertà che viene loro concessa. La mia libertà, diceva un altro saggio, finisce nel momento in cui limito la tua. Ecco, il Papa tedesco continua incessantemente ad approfittare di una libertà che gli è concessa, come capo di stato straniero, e che non è concessa a nessun altro, per limitare la libertà di un Paese come l’Italia, che ben altri problemi.
Forse è stata una cazzata l’iniziativa del gruppuscolo di autonomi della Sapienza, e forse non saranno grandi scienziati tra qualche anno. Ma temo molto anche per quei futuri scienziati che domenica andranno sotto la di Lui finestra a inneggiare all’oscurantismo vaticano di questi tempi, a partire dal ripristino della messa latina.

Nessun commento: