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martedì 15 gennaio 2008

Lezioni di spagnolo

Lo ricordava domenica Eugenio Scalfari nel suo editoriale. Pochi giorni fa l’episcopato spagnolo, guidato dal vescovo di Madrid, ha portato in piazza un milione di fedeli per protestare contro la legge sul matrimonio dei gay. La vicepresidente del governo, signora Fernandez de la Vega, ha ufficialmente commentato la manifestazione con queste parole: “La società spagnola non è disposta a tornare ai tempi in cui una morale unica era imposta a tutto il Paese né ha bisogno di tutele morali. Tanto meno ne ha bisogno il governo che non le accetta”.
Lo so, e Scalfari del resto lo spiega molto bene, che l’Italia è una provincia papalina e una risposta del genere alle ingerenze della Chiesa non è nemmeno immaginabile. Aggiungiamo anche che il peso specifico del Papa in Italia è sicuramente maggiore di quello del vescovo a Madrid, pur con tutto il rispetto. Rimane il fatto che, volendo, si può alzare la mano e dire, pacatamente, siamo uno stato laico e dobbiamo legiferare tenendo conto di questo principio fondamentale. Ma il possibile, come disse qualcuno, è il limite mobile di ciò che uno è disposto ad ammettere. E in Italia, purtroppo, questo limite si sta pericolosamente accorciando, nemmeno più sulle direttive della santa sede, direttamente sulle aspettative: una sorta di risposta preventiva ad eventuali mal di pancia. Sarebbe invece un atto di rispetto, anche per la Chiesa, che il potere istituzionale mettesse una barriera tra la manifestazione legittima del magistero e le proprie decisioni politiche e di convivenza civile. Non a caso Scalfari ricorda lo storico Piero Scoppola, uno dei maggiori esponenti del cattolicesimo democratico, che nel 2001 scrisse: “La Chiesa sembra porsi di fronte allo Stato e alle forze politiche italiane come un altro Stato e un’altra forza politica; l’immagine stessa della Chiesa risulta appiattita sulle logiche dello scambio, impoverita di ogni slancio profetico, lontana dal compito di offrire ad una società inquieta e per tanti aspetti lacerata motivi di fiducia, di speranza, di coesione. Le responsabilità del laicato cattolico sono del tutto ignorate. La sorpresa e il disorientamento sono forti per tutti i cattolici che hanno assorbito la lezione del Concilio Vaticano II su una Chiesa popolo di Dio nella quale il ruolo della gerarchia non cancella ma anzi è al servizio di un laicato che ha proprie e specifiche responsabilità. Tra queste vi è proprio quella di tradurre nel concreto della vita politica e della legislazione di uno Stato democratico esigenze e valori di cui la coscienza cattolica è portatrice. E’ legittimo e doveroso per tutti i cittadini, e perciò anche per i cattolici, contribuire a far sì che le leggi dello Stato siano ispirate ai propri convincimenti ma questo diritto dovere non è la stessa cosa che esigere una piena identità tra i propri valori e la legge. E’ in questa complessa dinamica che si esprime la responsabilità dei cattolici nella vita politica. Urgente si è fatta l’esigenza della formazione del laicato cattolico alle responsabilità della democrazia. Perché mai l’Italia e i cattolici italiano debbono sempre essere trattati come il giardino della Chiesa?”.
Un’analisi dai toni pacati ma ferma nei contenuti, che non ha nulla a che fare con il pacatamente ossequioso e sussidiario. Confesso che per vissuto e convinzioni sarei più intransigente. Mi rendo conto però che il panorama esige percorsi più alti ed evoluti dei miei. Detto questo, lo spettacolo a cui assistiamo non è nemmeno lontano parente delle riflessioni di Scoppola. Prendiamo l’ultimo caso, il più emblematico perché non presenta equivoci etici o morali. Dalla santa bocca del Santo Padre escono pesanti critiche, fuori luogo e fuori contesto, sull’amministrazione della città di Roma e il sindaco Veltroni, che in un primo momento probabilmente deve aver pensato di trovarsi di fronte a Maurizio Crozza, incassa e mette il muso. Tocca quindi alle rispettive diplomazie lavorare sotto traccia per riparare lo strappo e la santa bocca torna a parlare per precisare quanto detto, come un Berlusconi qualsiasi. Il primo cittadino della capitale ha quindi potuto, pacatamente, tornare a sorridere. Mancava solo comparisse sullo schermo il giudice Santi Licheri: così è deciso, così è stabilito, l’udienza è tolta. Pubblicità.

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