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mercoledì 3 agosto 2011

Moretti, ma perchè non ti dimetti?

xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx. Le prime dieci righe sono bestemmie. Ognuno le declini come crede, ci metta cioè quelle che sente più sue. E sì che questa mattina ero uscito di casa ben disposto. C’era il sole. Ero persino riuscito a bermi due tazze di caffè, fatto raro avendo sempre i minuti contati. In borsa, appena comprato, avevo Fùtbal di Osvaldo Soriano. E nel quarto d’ora a piedi che mi separa dalla stazione, le mie connessioni cerebrali stavano dando segni positivi: pensavo con timore al discorso di oggi in Parlamento del clown di Arcore, alle reazioni dei mercati. Mi chiedevo se saranno proprio i mercati a mettere la parola fine a questi 20 anni malati e se ciò sarà un bene o un male, visto il momento, e quali potrebbero essere i pro, i contro e gli eventuali rischi per noi lavoratori dipendenti con mutuo. Berlusconi a parte, una giornata che nasceva sotto buoni auspici. Non avevo fatto i conti con Trenitalia. Arrivo in stazione e il treno veloce (treno associato a veloce è un ossimoro, ma tant’è), il treno veloce, dicevo, proveniente da Milano Centrale e diretto a Venezia ha 15 minuti di ritardo. Fin qui nulla di nuovo. Tanto so che sarà comunque un’agonia. Lo è sempre da giugno a settembre: ai soliti turisti stranieri, che aumentano con la temperatura, si aggiungono le centinaia di ragazzini che ogni giorno, dal rompete le righe all’inizio del nuovo anno scolastico, vanno a Gardaland. Tutto questo – detto per inciso - senza che lo stramaledetto trust di cervelli a capo di Trenitalia provi quantomeno ad abbozzare una soluzione, se non definitiva - treni speciali? – quantomeno di minima: qualche carrozza in più? Cose semplici, insomma. Attraverso l’intera banchina e arrivo in testa al binario: nelle prime carrozze uno strapuntino tra un vagone e l’altro si trova sempre. Nell’attesa apro il libro e leggo la prima delle storie di calcio. In realtà la conosco già. E’ quella di Obdulio Varela, ripresa anche in Artisti, pazzi e criminali, di cui ho già parlato all’inizio di questo mio diario e che ne rappresenta lo spirito: all’arbitro non ho dato la mano. Non ho mai dato la mano a nessun arbitro… Non sapevo che c’era: è stata una bella sorpresa, come rivedere un vecchio amico. Nel frattempo la voce della stazione ricorda più volte il ritardo, per poi annunciare che il mio treno arriverà al binario 3 invece che al binario 1. Il sole, il caffè, Obdulio Varela: ce ne vuole per farmi cambiare umore. Ancora non sapevo. Rifaccio la banchina in senso inverso, scendo nel sottopassaggio, risalgo al binario 3 e ritorno verso la testa del treno. Le prime tre carrozze sono vacanti, come direbbe Montalbano. E già qui avrei dovuto insospettirmi. Invece l’effetto solecaffèobdulio insieme mi ha evidentemente cariato le sinapsi. Le prime tre carrozze non sono vacanti, sono chiuse. E il perché lo apprenderò a Desenzano, dopo che il treno veloce ha accumulato un’ulteriore mezzora di ritardo in soli 20 chilometri, e il disagio di una promiscuità già imbarazzante è aumentato di conseguenza. Ce lo dice un controllore a cui chiedo gentilmente conto: purtroppo questa mattina non si chiudevano le porte e siamo stati costretti a isolarle per evitare pericoli di caduta. Sempre gentilmente pongo un altro quesito: ma il materiale rotabile (lo chiamano così loro, non è colpa mia) non viene provato prima di partire? Lo ammetto: domanda da pensionato milanese che commenta i lavori stradali, ma vista la situazione va perdonata. A quel punto l’uomo ferroviario, forse colpito nell’orgoglio aziendale, mi avrebbe volentieri sputato. Poi ha probabilmente valutato che ero più grosso di lui e visibilmente più cattivo e non ha replicato. Morale, sono sceso a Verona, insieme ad una trentina di ostaggi, con quasi un’ora di ritardo. Pronti a salire ce n’era però almeno un altro centinaio. Per Venezia, si parte.

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