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martedì 23 agosto 2011

I nazionalisti neri nelle valli del carroccio

Leggevo ieri Ilvo Diamanti su Repubblica che ragionava sulla perdita del principio di autorità, della sua rapida e diffusa caduta, che Diamanti vede all’origine della crisi che si è poi fatta economica e finanziaria. “Il nuovo moto di insofferenza contro la casta non deriva solo dal riprodursi di un sistema di privilegi - e di corruzione - che, in effetti, non è mai cessato. Ma dall'assoluta perdita di autorità della classe dirigente. Soprattutto dei leader che governano il Paese da 10 anni, in modo quasi ininterrotto. Quelli che, fino a un anno fa, avevano trasformato Villa Certosa nella rutilante capitale estiva del Paese. Affollata di veline e velinari. Quelli che parlano di politica con un linguaggio antipolitico. Usano il turpiloquio come linguaggio pubblico. E alzano il dito non per mostrare la luna ... Come immaginare che possano riscuotere "prestigio" e deferenza tra i cittadini? Se riproducono i vizi e le debolezze del popolo, perché dovrebbero ottenere privilegi e riconoscimento da parte del popolo? Oggi che la crisi minaccia la condizione economica e sociale, la vita quotidiana di tutti? Questa fase mi pare particolarmente insidiosa. Difficile da superare. È frustrata da un grande deficit di autorità - e di potere. Da una grande povertà di riferimenti etici e di comportamento. Un problema aggravato, (non solo) in Italia, dalla scarsità di attori e persone credibili. In grado di "dire" le parole necessarie a esprimere il sentimento del tempo. Ma, soprattutto, di tradurle in pratiche coerenti. Di dare il buon esempio”

Leggevo e mi son trovato a riflettere sul nazionalismo nero inneggiante alle camice brune che, dopo aver fatto proseliti in Europa, è arrivato anche qui da noi, dove ha preso il volto inquietante di Gaetano Saya, ex missino e massone, già noto alle cronache per aver costituito un servizio segreto parallelo. Saya, fondatore del partito nazionalista italiano, posta sul web le sue deliranti tesi razziste e omofobe ed ha chiamato a raccolta i militanti per il 24 e 25 settembre a Genova. A preoccuparmi è aver visto comparire scritte inneggianti ai nazionalisti sui muri delle valli bresciane, gli stessi che venticinque anni fa ospitavano i primi vagiti di un leghismo al confronto ruspante e da sagra paesana. All’epoca i leghisti, che non dimentichiamoci ce l’avevano con i terù e i negher e non vedevano di buon occhio nemmeno i culatù, vennero sottovalutati, derisi e sbeffeggiati come un fenomeno da baraccone, transitorio e in ogni caso circoscritto, salvo poi diventare – la Lega – la vera protagonista della politica italiana degli ultimi due decenni. La situazione in queste valli, nonostante i governi del carroccio, non è migliorata economicamente e socialmente. Il declino della grande industria tessile e siderurgica ed il mancato completo sviluppo turistico, malgrado le enormi potenzialità - mancato sviluppo a questo punto da imputare a cause antropologiche più che politiche e sociologiche - ha contribuito a rendere precario e incerto il futuro, alimentando radicalità mai sopite, inasprite ultimamente dai forse eccessivi trasferimenti coatti dei rifugiati sbarcati sulle coste siciliane. In un contesto di crisi globale, di mancanza di autorità e di prospettive, il rischio di abbracciare estremismi capaci di indicarti soluzioni facili e soprattutto i nemici da combattere è altissimo. La storia è lì a ricordarcelo.

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