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giovedì 25 agosto 2011

La figa di Alberoni

Alberoni ha scoperto la figa fu uno dei tanti titoli magistrali che ci ha regalato negli anni 80 Cuore, la rivista satirica fondata e diretta da Michele Serra. Un titolo che, credo, non abbia bisogno di commenti: riassumeva il pensiero del giornale sul contributo culturale offerto sin da allora dal noto sociologo attraverso i suoi articoli sul Corriere della Sera del lunedì. Ho ripensato ieri a questo titolo leggendo che nel fine settimana uscirà nelle sale Student Services. film tratto dal romanzo autobiografico “Mès chères études", di Laura D., giovane studentessa francese, prostituta prima per gioco e poi per scelta, dopo aver risposto ad un annuncio trovato in internet ed aver così scoperto una fonte redditizia di guadagno. Il libro racconta che la prima volta di Laura fu per pagarsi gli studi, ma non è qui il punto. Quello che mi ha stupito non è la storia in sé, né mi interessa darne un qualsiasi giudizio, tantomeno morale - non sono Giovanardi né la Roccella che sui casi specifici rappresentano il foro competente – è stato lo shock che pare abbia accolto lo scorso anno l’uscita del libro in Francia e oggi del film, con annesse analisi e dibattiti sulla solitudine dei giovani, la loro mancanza di mezzi, ecc. ecc. La figa di Alberoni, insomma. Una 30ina di anni fa avevo un conoscente, amico di amici, che aveva un’idea un po’ particolare dei contratti amorosi. In estrema sintesi, riteneva di non essere abbastanza bello per poter ambire ad accompagnarsi a donne bellissime, o quantomeno a donne che lui riteneva bellissime. Per amore di verità, diciamo che questo conoscente era un ragazzo assolutamente normale, anche ben messo fisicamente, che, bastasse l'aspetto, avrebbe potuto avere una vita sentimentale normale. Solo che, probabilmente, non aveva sufficienti motivazioni per impegnarsi in lunghi corteggiamenti, senza peraltro la certezza di un ritorno carnale – esperienza drammaticamente comune un po’ a tutti - verso una persona, una donna, che comunque avrebbe rappresentato ai suoi occhi sempre e soltanto un ripiego. Anche in questo caso, non essendo Giovanardi né la Roccella, mi astengo da qualsiasi commento. Per farla breve, i suoi guadagni, invece di trasformali in azioni o beni immobili, li spendeva per passare qualche ora, la notte o l’intero week end, con giovani ragazze universitarie, che, più o meno saltuariamente, dedicavano i loro fine settimana a fare cassa come nel film francese. Ricordo che nei suoi racconti parlava di giovani tutt’altro che indigenti, a cui i genitori garantivano le tasse universitarie e, per quelle che venivano dalla provincia, anche la stanza o l’appartamento in città. Il meretricio serviva per la vacanza con le amiche o il moroso, il vestito, la borsa o le scarpe firmate. E le tariffe erano di tutto rispetto: per l’intera notte si poteva arrivare anche al milione di lire. Incontri in casa o in albergo. Nessun vincolo. Tutti adulti consenzienti. Alcune ragazze erano più assidue, altre meno. Succedeva 30 anni fa a Brescia. Non a Parigi. E presumo accada tuttora.

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