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sabato 30 luglio 2011

Sull'orlo del baratro

Il processo lungo non è più solo l'ennesima legge ad personam. Il momento storico che ci vede a rischio di fallimento, la speculazione sui mercati, mostrano urbi ed orbi, in modo persino imbarazzante, per non dire ripugnante, l'assoluto disinteresse al bene pubblico e alle sorti del Paese del presidente del consiglio. Nessuna presa in carico del problema, nessun intervento per rassicurare gli italiani, come sarebbe stato auscapicabile da un qualsiasi primo ministro minimamente decente. Anzi, dopo aver mentito per anni sui conti pubblici e negato una crisi globale, con la complicità del ministro dell'economia, Berlusconi non solo è sempre più prigioniero di un'ossessione giudiziaria, a cui tenta di trovare rimedio grazie ad un parlamento a libro paga, ma gode del fatto che anche il titolare del dicastero dell'economia stia male in arnese e aspetta sulla riva del fiume che ne passi il cadavere. E chi se ne frega cosa succede nel frattempo alle borse finanziarie e soprattutto a quelle dei suoi concittadini. Barricato in una delle sue tante ville mette al riparo la roba prima che sia troppo tardi, indifferente agli appelli del mondo produttivo, angosciato da complotti veri o presunti che possano metterne in discussione la leadership, nonostante anche i sondaggi più taroccati dimostrino che ormai ha la stessa credibilità dello scemo del bar del paese, come del resto è sempre stato. Nomina a ministri altri ventriloquati e assiste silenzioso alle follie del principale alleato, dall'apertura di presunte sedi ministeriali a Monza alle abominevoli dichiarazioni di un eurodeputato secessionista sulla condivisibilità delle idee del folle di Oslo. La notizia positiva è l'annuncio che nel 2013 non si candiderà. Chissà, come dice Spinoza, che non sia questa la vera vittoria sul cancro, annunciata in una delle innumerevoli eiaculazioni verbali a cui siamo stati sottoposti nell'ultimo ventennio. Chissà però se ci saremo ancora noi o se saremo stati travolti dalle macerie.

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