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venerdì 4 febbraio 2011

Don Tovarish

Un tempo la domenica si usava diffondere l’Unità porta a porta. All'epoca ero troppo piccolo, però mi ricordo, perché mio padre e alcuni miei parenti l’hanno fatto per anni. Con poca fortuna a dir la verità, malgrado vivessimo in un paese operaio e nemmeno troppo bigotto, ma che comunque usava il Riverisco quando incontrava il vecchio don Melotti  (che io da bambino pensavo fosse il suo cognome per intero, dommelotti, fuorviato dalla difficoltà delle vecchie plaudenti a pronunciare la n e la m slegate) e seguiva le sue direttive votando compatto democrazia cristiana. Le copie vendute all’ora della messa erano davvero poche. Del resto le famiglie dichiaratamente comuniste si contavano su una mano. E non servivano nemmeno tutte le dita. Anche se poi nel segreto dell’urna il pci raccoglieva oltre 200 voti, con grande disappunto di don Melotti, che scrutava i fedeli per capire chi potesse aver tradito, visto che i tovarish conosciuti erano più o meno una trentina. L’interrogativo che toglieva il sonno al parroco, per noi in famiglia era meglio di un telequiz di Mike, e senza l'assillo della risposta esatta. Per questo credo che il mio povero papà, dal suo personale girone dei giocatori di bocce, dove mi piace immaginarlo, avrà sorriso leggendo del prete veneto che per parlare nell’omelia domenicale di etica e di costumi ha preso spunto dall’articolo di fondo del direttore dell’Unità. Anzi, per essere sicuro che i parrocchiani potessero riflettere meglio su quelle parole, ne ha fatto fotocopie da portare a casa. Caro babbo, l’avresti mai detto che un giorno il giornale fondato da Antonio Gramsci avrebbe dettato la linea anche a dommelotti?

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