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giovedì 7 febbraio 2008

Il paese (sur)reale

L’analisi politica di Ezio Mauro è perfetta per un Paese normale. Personalmente credo ancora che la corsa in solitaria annunciata dal Pd non sia un atto di presunzione ma l’unica strada praticabile per forzare il gioco, visto che il centrodestra non ha voluto sedersi ad un tavolo per semplificare le regole. Un atto di chiarezza e di trasparenza di Veltroni, al di là della facile ironia sul Yes, we can obamiano che fa seguito peraltro al I care delle comunali, se non sbaglio.
Il vero problema è che il distacco tra il palazzo e l’opinione pubblica mi pare molto più profondo e non c’è da cercare un colpevole più colpevole, perché nessuno è innocente. Il paese reale è quello che è entrato fisicamente nella tv e a volte esce per sparare da una finestra ai passanti, come ieri a Verona, nella rappresentazione vivente della playstation o di una qualsiasi fiction. La vita come un grande gioco di società: da una parte le alchimie politiche e le strategie per la gestione del potere, dall’altra un popolo diventato gggente, dove a vincere non è il merito o l’impegno, nello studio, nel lavoro, ma la furbizia o la fortuna: basta pescare il pacco giusto, no? Purtroppo non son convinto che a preoccupare il campione in (apparente) rilevazione permanente sia l’assemblaggio omogeneo dei partiti in questa o quella coalizione. Destra e sinistra, quando va bene vengono definite facce della stessa medaglia, altrimenti sono post-it per classificare il passaggio dalla kefiah ai tacchi a spillo (e ritorno). Niente più che una moda. La declinazione dei valori è affidata ormai solo agli allenatori di calcio: mi sfugge la ratio, il ridicolo invece è evidente. In ogni caso si vede che fa chic. Ma del resto a cosa serve pensare o applicarsi, come si diceva una volta agli studenti svogliati, all’Università della De Filippi?

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