Translate

mercoledì 5 agosto 2015

Il Cedegolo

Il Cedegolo era il nome con il quale gli autisti e i controllori, che all’epoca si chiamavano ancora bigliettai, identificavano il pullman che da Cedegolo, paese della media Vallecamonica, scendeva a Lovere, sul lago d’Iseo, raccogliendo gli studenti iscritti negli istituti superiori del capoluogo lacustre. Il Cedegolo passava dal mio di paese alle 7 e 20 e ripartiva dal porto di Lovere alle 13 e 30, mezzora dopo la fine delle lezioni. La prima cosa che ho imparato è che sul Cedegolo c’erano delle gerarchie. I primi posti alle spalle del conducente erano riservati a due stagionati studenti dell’Itis, gli unici peraltro a potergli parlare. In verità le loro erano discussioni, spesso accese, rigorosamente in dialetto. L’argomento era ininfluente, un po’ come al bar. Per tornare ai riservati, la bella del pullman, una biondina dell’artistico, aveva un sua collocazione nelle prime file. Gli altri random. Dal paese prima del mio, esauriti i posti a sedere, tutti in piedi per i successivi 20 chilometri. Ogni primo del mese faceva il viaggio con noi anche il signor Trotti, storico bigliettaio della linea, per distribuire gli abbonamenti. Se qualcuno dimenticava i soldi doveva subire, urbi et orbi, la ramanzina paternalistica del Trotti, che dava il la alle più varie reazioni: c’era chi rimaneva totalmente indifferente, chi si sarebbe scavato un buco per la vergogna, quorum ego, chi provava a ribattere mettendo sul tavolo della discussione argomenti come il prezzo eccessivo a fronte di un servizio non proprio impeccabile. In realtà i polemisti lo facevano solo per spirito goliardico, sapendo di scatenare l’aziendalismo del Trotti, che immancabilmente ci cascava. Discussioni che altrettanto immancabilmente finivano con un Trotti accalorato che sentenziava sul ‘buontempo’ che avevamo tutti noi studenti, mentre lui alla nostra età era già al lavoro e bla bla bla. Era un modo divertente per passare il tempo e non c’era nessuno sul Cedegolo che non gli volesse bene. Il Trotti alle 13.30 si posizionava invece all’entrata della porta posteriore del pullman a controllare gli abbonamenti e a ripetere le stesse scene se qualcuno se l’era dimenticato a casa. Anche in questo caso c’era chi fingeva apposta di non avere il tesserino o di non trovarlo, per dare la stura alle gag. La variante delle 13.30 era che il Trotti salisse e si mettesse a discutere con i due dei primi posti, compagni di classe di suo figlio, sull’opportunità degli scioperi, delle assemblee e dei consigli di classe. Qui i toni salivano di molto finché Trotti non decideva di dare a tutti dei lasarù. Non credo serva la traduzione. Sul Cedegolo sono nati e finiti degli amori, consolidate amicizie e man mano che passavano gli anni si scalava automaticamente la gerarchia del pullman. Ho bei ricordi del Cedegolo e ogni tanto rivedo con piacere alcune delle persone con cui ho condiviso 5 anni di viaggi. magari sul giornale, perché sono diventate amministratori locali di qualche comune, o perché è in programma una loro personale. Tutto questo per dire che oggi mi lasciano perplesso e amareggiato le scene che mi capita di vedere sui bus cittadini, la maleducazione gratuita di ragazzini trovati senza biglietto e la pazienza di controllori, che per età potrebbero essere i loro nonni, nel subire le contumelie e le sfide di questi teppisti in erba. Noi con Trotti giocavamo, però sapevamo dov’era il limite. E non perché lui rappresentava l’autorità. Perché conoscevamo il rispetto.



1 commento:

Latte e fiele ha detto...

Sempre bello leggerti