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venerdì 27 gennaio 2012

Cervelli in fuga

Qualche giorno fa una ragazza di 34 anni è morta a causa di un errore nella somministrazione della chemioterapia. Un fatto tragico, assurdo. Ne hanno parlato tutti i giornali. Oggi un settimanale torna sulla vicenda, arricchendo il servizio con  l'elenco di tutti i casi più recenti di malasanità. Non voglio entrare nel merito del taglio e di quanto viene scritto. Il titolo è però semplicemente allucinante. “Una chemioterapia sbagliata uccide Valeria. Ma poteva accadere a chiunque, Vip inclusi…”. Cosa significa? Mi deve essere di conforto sapere che  persino i vip potrebbero lasciarci le penne in questo modo? Un altro settimanale di grande tiratura, sempre oggi, mette in pagina un articolo sui tumori, con  una nota di speranza per le donne che dopo la chemio vogliono diventare mamme. Nel testo viene citato uno studio commentato, al presente, da un oncologo amico mio che, purtroppo, è deceduto un mese fa.

venerdì 20 gennaio 2012

Il cavallo delle braghe

La moda non è un argomento che mi interessa particolarmente. Oggi, osservo e giudico come tutti – mi piace, non mi piace, cercando di stare attento alla variabile: mi sta bene - e mi vesto di conseguenza. Ammetto, con un certo imbarazzo, che negli anni 70 ho indossato anch’io i pantaloni a zampa di elefante, i jeans a macchie, le camice attillate, a fiori, con i colli lunghi. Quindi sulle considerazioni che seguono pesa questa colpa, dalla quale credo ci si affranchi solo attraverso il percorso di vergogna indotto della maturità e la consapevolezza, almeno per quanto mi riguarda, di quanto dovevo essere coglione per vestirmi in quel modo. Fino a poco tempo fa pensavo che quello degli anni 70 fosse il gradino più basso del gusto, anche per il pret à porter, invece sono comparsi i pantaloni a vita e cavallo basso che portano i ragazzini. Indumenti fatti apposta per scoprire loro il culo, non permettergli di piegare le ginocchia e costringerli a camminare in modo innaturale: come dei pinguini, o come direbbero più prosaicamente al mio paese, come se si fossero cagati addosso. Ora, va tutto bene: tra qualche anno, quando si rivedranno nelle foto, si ricorderanno dei disagi patiti senza motivo, molti di loro si vergogneranno, come è successo a me. Il punto è un altro: il pantalone a cavallo basso è pericoloso. L’altra sera, mentre tornavo a casa a piedi dalla stazione dei treni, camminava davanti a me un ragazzo perfettamente conformato e intruppato: braga in perenne discesa, spacco del culo a fare capolino da un giubbetto strategicamente troppo corto, scarpe da ginnastica o simili senza lacci. Un coglione, ho pensato, data anche l’aggravante della temperatura ben sotto lo zero. Il mio, che si poteva configurare come un pregiudizio, è stato però avvalorato qualche centinaio di metri più avanti quando al semaforo c’è stato da accelerare il passo perché stava scattando il rosso. Il nostro, che istintivamente si ricordava il movimento dello scatto, è rimasto ingarbugliato tra pantalone calante, cavallo paralizzante e scarpa sfuggente. Gli automobilisti hanno avuto pietà di lui.

mercoledì 7 dicembre 2011

Pantalone

Il mantra del governo è stato: sacrifici per tutti, ma non avevamo altra scelta, pena il fallimento del Paese. Il messaggio che è passato è stato: sacrifici per tutti, non avevamo altra scelta, pena il fallimento del paese. La percezione dell’uomo della strada: sacrifici per tutti (anche se per qualcuno un po’ di più), probabilmente non avevano altra scelta, il rischio era di finire come la Grecia. Un esempio di comunicazione ben riuscita.


Alcune considerazioni, senza entrare nel merito di tutte le voci. 1) E’ bastato passare da un governo presieduto da Alvaro Vitali ad un esecutivo di persone competenti e perbene, che danno cioè l’idea di essere migliori di noi e non uguali, come a mio avviso dovrebbe sempre essere, per far digerire una manovra che colpisce pesantemente pensionati e lavoratori, come meglio non avrebbe potuto fare un qualsiasi governo di destra. 2) Finché non è con le spalle al muro e non ha una via d’uscita, anche farlocca, l’Italia fa finta di nulla, l’ultimo esempio eclatante è stato Tangentopoli, ma ce ne sono molti altri nella storia recente. 3) E’ vero che l’esecutivo presieduto dal professor Monti probabilmente non poteva fare altrimenti. O forse sarebbe meglio dire, non poteva muoversi diversamente: per avere i voti in parlamento ha dovuto e deve tener conto delle istanze di pdl, pd e terzo polo, che a loro volta devono mediare con il loro elettorato di riferimento per salvaguardarsi in vista delle prossime elezioni. 4) Alla fine a risentire della manovra saranno i più poveri, che si ritroveranno ad essere quasi miserabili. 5) Le pensioni che subiscono il blocco dell’indicizzazione sono quelle dei nostri genitori che con quei soldi non solo ci campano ma aiutano i figli o i nipoti precari a sbarcare il lunario. 6) In un momento in cui si chiedono sacrifici a tutti è difficile accettare che venga toccata, per dire, la pensione di mia mamma, che ha lavorato 35 anni in fabbrica e con il poco che prende da ancora una mano a mia sorella, e non quella di chi si mette in tasca 10 mila euro al mese. Non è demagogia: 200 euro su una pensione di 1200 vuol dire rinunciare a mangiare la carne, 2000 euro su una di 10 mila significherebbe rinunciare a niente di superfluo. 7) Non risultano tagli alla difesa: abbiamo comprato fino all’altro ieri aerei da guerra, abbiamo un numero di generali di corpo d’armata doppi rispetto ai corpi d’armata. E siamo un paese che, secondo Costituzione, ripudia la guerra. 8) Mi hanno molto colpito due stralci di lettera pubblicate ieri da Repubblica: la prima era di un lavoratore nato nel 1952: con le vecchie regole era arrivato ad un anno dalla pensione, oggi si ritrova a dover lavorarne altri sette e comunque, arrivato ai 42 anni di contributi se ne dovrà andare con una penalizzazione del 3% perché avrà meno dei 63 anni previsti per ritirarsi. La seconda invitava, in un momento di così grave crisi, a chiedere anche alla Chiesa di contribuire, pagando per esempio l’Ici sugli immobili non di culto e sui quali fa cassa. 9) E finisco. Un altro grande tema, che il prof. Monti avrebbe considerato se avesse veramente avuto mani libere, è quello delle frequenze televisive che Berlusconi si è autoregalato senza metterle a gara. Frequenze che valgono 16 miliardi, metà della manovra. Mi fa piacere che Repubblica lo ricordi oggi in un editoriale.


PS. Chi ha portato il paese sull’orlo del baratro dovrebbe avere quantomeno più pudore nelle dichiarazioni. E non mi riferisco alla Lega che ormai è un caso psichiatrico. Chi non paga le tasse è un criminale e andrebbe perseguito come tale, 41 bis compreso.

martedì 22 novembre 2011

C'è il Cav, toccatevi i cabasisi

Che il clima sia cambiato lo si vede dai dettagli, che poi tanto dettagli non sono. Vi ricordate B quando ancora pochi mesi fa, già in piena crisi, cercava di spiegare a mister Obama che il problema dell'Italia era la magistratura politicizzata e il presidente degli Stati Uniti un po' lo guardava basito e un po' cervava con gli occhi un possibile appiglio, anche un testimone di Geova spacciatore di torri di guardia, pur di levarselo dai coglioni? O i sorrisi della Merkel e di Sarkozy? La penosa solitudine di B, evitato da tutti i leader dell'Ue come fosse un menagramo? Oppure, ancora, l'imbarazzante questua di un incontro - anche 5 minuti, 2, 1 -con Barroso e Van Rompuy a Strasburgo pur di evitare di andare a Milano dai giudici ad uno dei suoi tanti processi? Mario Monti oggi a Bruxelles ha incontrato proprio Barroso e Van Rompuy, presidenti di commissione e consiglio europeo. Giovedì sarà a Strasburgo per un vertice con il presidente francese e la cancelliera tedesca. Nulla di straordinario, ci sta: l'Italia deve dar conto all'europa di cosa sta facendo per non fallire e il premier va a riferire. Un po' meno ci sta la telefonata di Juncker, presidente dell'Eurogruppo e di Buzek, presidente del parlamento di Strasburgo, per esprimere fiducia al nuovo esecutivo. Ancora meno la telefonata di Obama, che non solo ha riferito a Monti dell'altrettanto piena fiducia del governo degli Stati Uniti ma lo ha invitato alla Casa Bianca, magari prima di Natale. Monti pare abbia ringraziato e chiesto di rinviare il faccia a faccia al nuovo anno, perchè adesso deve concentrarsi sulle misure economiche necessarie all'Italia. Ieri intanto anche Forrest Bossi ha declinato l'invito ad Arcore di B, ponendo fine alla consuetudine delle cene del lunedì. Come scrive Filippo Ceccarelli: "l'asse del Nord è irrimediabilmente consumata; e anche per quanto riguarda i simboli del potere è arrivato il momento di sparecchiare, non solo la tavola da pranzo".

giovedì 17 novembre 2011

God save....

Il governo dei professori, economisti e banchieri, che oggi chiede la fiducia al Senato, è probabilmente l’unica possibilità che abbiamo per uscire da una situazione disperata. E ha sicuramente ragione chi sottolinea che è bastata l’uscita di scena di B e del suo circo barnum per respirare un clima diverso, dove la riflessione e la sobrietà hanno preso il posto delle urla e degli insulti. Rimane però il dato sconfortante che a perdere in tutto ciò è stata la politica rappresentativa: commissariata per manifesta incapacità, invitata a farsi da parte (ma non dallo stipendio), pregata di non ostacolare il lavoro del manovratore e di adoperarsi perlomeno per far digerire ai propri iscritti ed elettori eventuali provvedimenti impopolari ma necessari per evitare il default. Il prof. Monti, chiamato al capezzale di un malato quasi terminale, ha scelto un esecutivo di professionisti, a giudizio unanime di altissimo profilo: quasi tutti cattolici, quasi tutti ricchi e, nota di merito, sconosciuti al pubblico televisivo. Un esecutivo che piace all’Europa. E piace alla Chiesa. Altra notizia, solo apparentemente di costume, di cui conosceremo il peso probabilmente tra qualche mese, così come tra qualche mese capiremo il senso del titolo del Manifesto. Ieri, giorno del trasloco di Berlusconi da Palazzo Chigi, si è conclusa la diaspora dc: tutti gli ex esponenti di quella che fu la balena bianca, confluiti poi nei vari poli, partiti, movimenti, assemblee condominiali, si sono ritrovati, tra baci e abbracci, in occasione della mostra sull'orgoglio democristiano. Si sono rivisti anche Forlani, De Mita, Colombo, Mancino. Staremo a vedere.

lunedì 14 novembre 2011

Adieu

Giusto per ristabilire un po’ di verità. Non è vero che le dimissioni sono stato un atto generoso : B. non aveva alternative, stretto dalla morsa dell’Europa, del Quirinale, senza più una maggioranza e soprattutto con le sue aziende a rischio per la crisi economica. Così come non è vero che non gli è mai venuta meno la fiducia del Parlamento. Il Rendiconto generale dello Stato, un atto fondamentale senza la cui approvazione non si può approvare né la legge di Bilancio né la Finanziaria, è passato solo perché le opposizioni e i transfughi del pdl si sono astenuti. Il risultato della conta ha detto che la compagine governativa contava alla Camera di 308 voti contro 321, otto quindi in meno della maggioranza assoluta. La caduta di questo governo è avvenuta quindi in Parlamento ed è stato un evento politico a determinarla. B sapeva altrettanto bene che la strada delle elezioni anticipate, chieste dalla Lega e dai falchi della sua coalizione, non era percorribile. Prima di tutto per il bene delle sue aziende. Due mesi minimo di vuoto avrebbero dato modo agli speculatori di mangiarsi il Paese - lo stesso che il grande statista dice di amare, dove ha le sue radici, le sue speranze, i suoi orizzonti e amenità varie ricordo del videomessaggio della discesa in campo - facendolo passare alla storia come il premier del default. In secondo luogo andare al voto con l’attuale legge elettorale avrebbe significato una sicura paralisi istituzionale per l’impossibilità di avere una maggioranza al Senato.

L’indignazione per le manifestazioni di giubilo della piazza, stigmatizzate con sdegno da B e dal segretario del pdl Alfano, è del tutto fuori luogo. Avrebbero fatto più bella figura a starsene zitti e a chiedersi il perché di una festa popolare, che di solito si vede solamente alla caduta dei dittatori, Saddam e Gheddafi gli ultimi della lista. Anche George Bush tempo fa si stupì che da un sondaggio l’America fosse risultata il paese più odiato del mondo. Andare a fare la guerra in giro per il mondo di solito non ti fa proprio ben volere. Lo stesso il nostro: portare un paese sull’orlo del baratro, negando peraltro pervicacemente la crisi, l’ultima volta pochi giorni fa (ristoranti e aerei sono sempre pieni: commento da bar e non da primo ministro responsabile), non aiuta di certo ad accreditarti fiducia.

Quello che mi sembra scontato è che qualcuno, e non certamente il centro sinistra, ha deciso che era arrivato il momento del game over, della fine politica del cavaliere e del suo sodale in camicia verde. Entrambi (forse) proveranno a rialzare la testa, ma credo che saranno più che altro spasmi post mortem. Anche se non aveva alternative, il cavaliere avrà sicuramente trattato la resa ed è presumibile che, anche per età (e per pietà), non lo vedremo più candidato premier. Con lui finisce quindi questa farsa della seconda repubblica e in questi mesi assisteremo allo smottamento del truman show, con la scomparsa di tutta la pletora di segretari personali, avvocati, troie e vario circo barnum che si è portato in Parlamento. Forrest Bossi si illude invece di uscire dall’angolo resettando anni di servilismo, incompreso persino dalla base, ritirandosi in padania e sparando a zero contro un governo che, si spera, risolverà i danni fatti anche dal suo partito. La fronda interna lo costringerà presumibilmente a ritirarsi a Gemonio e a godersi la pensione. Il suo allontanamento è forse l’unica possibilità per la lega di non scomparire. Personalmente credo che il redde rationem sia arrivato anche per l’opposizione. Come si fa a dare credibilità ad una classe dirigente che in 20 anni non è stata in grado di archiviare Berlusconi e il berlusconismo con le ragioni della politica, ma l’ha addirittura alimentato e risollevato quando sembrava morto? Per chiudere: era necessario arrivare fino a questo punto? Sì, era necessario, perché l’Italia e gli italiani non sono in grado di avere un sussulto di dignità, fino a quando eventi eccezionali esterni non li costringono, o meglio, li guidano, a voltare pagina.

mercoledì 9 novembre 2011

The end, maybe

La voglia di festeggiare è, umanamente, irrefrenabile. Un po’ come l’orso Baloo quando sente la musica. Poi fai due calcoli e pensi: con B. – l’abbiamo imparato in questi anni – meglio non cantare vittoria troppo presto. Del resto le dimissioni le ha solo annunciate, primo caso al mondo di persona che riesce a non dimettersi anche quando si dimette. Chi lo conosce bene lo sa. Non a caso Il Futurista, quotidiano online vicino al presidente della Camera Fini, scrive:  “Al Caimano mai lasciare tempo, spazio e soldi. L’esperienza insegna”. Gli ex amici arrivano addirittura a chiedersi, evidentemente con cognizione di causa: “Non è che la legge di stabilità in realtà nasconda il compromesso finale, il famoso salvacondotto per Silvio Berlusconi?”. Il timore è cioè quello di un inserimento “di emendamenti ad personam finalizzati a tutelare il patrimonio di Silvio”. Il conflitto d’interessi, ancora una volta. “Bisogna vigilare – ammonisce il Futurista -  Berlusconi sta trattando la sua resa, ovvero la sua personale tutela. Anche un anno fa quel tempo supplementare che fu concesso dalle opposizioni proprio per votare la legge finanziaria, permise a Berlusconi l’acquisto dei responsabili”. Non è ancora finita.