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martedì 28 giugno 2011
Il treno e la Vergine
Certo che il treno speciale per Lourdes in ritardo di un'ora è una vera beffa (tabellone visto con i miei occhi alla stazione di Verona). Nemmeno la Madonna può nulla contro le FS.
venerdì 17 giugno 2011
Costruita intorno a te
Era da molto tempo che non vivevo la città come nelle ultime settimane. Complice il trasloco di casa che mi ha costretto a continui trasferimenti, anche a piedi, tra il vecchio e il nuovo appartamento, attraverso le vie del centro storico e la loro variopinta multietnicità. Riflettevo su due aspetti. In una settimana, in una delle strade principali, un tempo il salotto buono di Brescia, oggi declassata a tinello, hanno aperto due nuove banche, che vanno ad aggiungersi alle non so quante presenti nel comune. Segno evidente di ricchezza, almeno così mi hanno sempre detto. A distanza di 500 metri, forse nemmeno, c’è una delle postazioni del camper emergenza, che da anni distribuisce il pasto a chi non ha da mangiare. Un tempo, ricordo, lì intorno si vedeva solo qualche tossico, alcuni stranieri spauriti appena arrivati e i chochard storici. Adesso il numero delle persone è aumentato. E a ritirare il sacchetto si mettono in fila anche molti bresciani. Lo leggevo sul giornale locale. Una testimonianza a corredo di un’inchiesta sulla cassaintegrazione che, scriveva il quotidiano, ha colpito anche gli studi legali e notarili. Il racconto di un uomo di 50 anni, dipendente di un’azienda terziaria che un anno fa è stata costretta a chiudere per mancanza di commesse. Questo signore non se l’è ancora sentita di dire ai 3 figli che ha perso il lavoro. Così ogni mattina esce alla stessa ora di sempre e va alla ricerca di un impiego. Poi aspetta il camper emergenza, prende il pasto e si piazza all’esterno di un supermercato un po’ defilato in attesa che qualche massaia svuoti e abbandoni una busta. Quindi vi trasferisce il contenuto della carità, in modo da poter nascondere ai figli, quando rientra, la sua vergogna.
Sua altezza
COMMENTO
dal Manifesto del 16/06/2011
Francesco Paternò
Il ministro precario
Ce l'eravamo perso per strada Renato Brunetta, ministro della Pubblica amministrazione, tanto che pensavamo di ricorrere alla famosa trasmissione cerca persone di Rai 3. Sempre nella polvere e mai sugli altari al contrario di Napoleone, Brunetta era mediaticamente scomparso dopo avere insultato impiegati e poliziotti, donne lavoratrici e magistrati, sinistra «di merda» at large. Ma è bastato che Michele Santoro lo invitasse nella sua ultima puntata (da vero servizio pubblico Annozero, altro che chiacchiere) e il ministro ha ripreso fiato. Tanto che qualche giorno dopo in un convegno dal titolo sbagliatissimo, «Giornata dell'innovazione», Brunetta ha rispolverato la sua cultura volgarmente stantia, definendo un gruppo di precari «l'Italia peggiore». A seguire, canovaccio noto: polemiche, lui che ci salta sopra e rivendica, altrimenti chi ne parlerebbe?Su Internet, il ministro e le sue gesta ovviamente impazzano. Ma a coloro che usano «la rete come un manganello» (parole sue) andrebbe ricordato che anche Brunetta è oggi un precario. Un precario di quella vera «Italia peggiore» che i risultati elettorali delle amministrative e il voto referendario stanno provando a spazzare via. Se c'è un ministro barcollante e senza futuro, è lui: stressato da Giulio Tremonti che continua a non dargli un euro per le sue effimere riforme, e dalla Lega che lo ignora in quanto pasdaran berlusconiano. Insomma, un po' di pietà.
Nel 2008, all'inizio del suo mandato, è più precario che temerario il suo attacco contro i lavoratori del pubblico impiego, chiamati «i fannulloni». Riesce a imporre il contratto separato, ma l'Avis, per dirne una, gli fa sapere che d'ora in poi la donazione di sangue verrà equiparata all'assenteismo, peggio di Dracula. Agisce sempre lontano dal vaso quando definisce «panzoni» i poliziotti (se non altro perché nemmeno lui esibisce le physique di un Fassino) e quando strilla che le donne dei ministeri vanno a fare la spesa in orario di lavoro, facendo sgranare ulteriormente gli occhi alla collega di governo Mara Carfagna. Sui temi più cari al suo padrone, quelli della giustizia, un giorno sostiene che va sciolta l'antimafia, perché tanto (par di capire) se c'è, non esiste. E un altro giorno chiama «mostro» il Consiglio supremo della magistratura, aggiungendo che i magistrati «forse si sono un po' montati la testa». Quel «forse» gli fa però vincere la palma del più moderato della compagine governativa in fatto di giudici e giustizia, il che può anche essere considerata l'eccezione che conferma la regola.
Ma più precario di Brunetta in questo paese c'è l'aiuto pubblico alla cultura, e infatti il ministro coglie l'occasione per mettere in piedi una guerra tra poveracci e se la prende con il cinema e con quel «culturame» (fine vocabolario fascistizzante). Se poi qualcuno di sinistra alza il dito per difendere cinema e teatro, per Brunetta ecco la «sinistra del male». O «di merda» per la precisione. Cui augura senza tema che «vada a morire ammazzata». Nell'occasione, sproloquia anche di «colpo di stato» e non si pente mai di quel che dice.
Eppure, il ministro è un precario anche lui. Pensate che, se si dimettesse come ha tante volte minacciato in polemica con Tremonti senza farlo, non lo vorrebbero nemmeno a Venezia, sua città natale, dove nel 2000 e nel 2010 è stato sconfitto per due volte a candidato sindaco.
Solo una volta era nel giusto, quando Massimo D'Alema lo chiamò «energumeno tascabile» e lui rispose: «Volgarità razziste». Ma è noto che da anni D'Alema sbaglia sempre, anche quando ha ragione.
dal Manifesto del 16/06/2011
Francesco Paternò
Il ministro precario
Nel 2008, all'inizio del suo mandato, è più precario che temerario il suo attacco contro i lavoratori del pubblico impiego, chiamati «i fannulloni». Riesce a imporre il contratto separato, ma l'Avis, per dirne una, gli fa sapere che d'ora in poi la donazione di sangue verrà equiparata all'assenteismo, peggio di Dracula. Agisce sempre lontano dal vaso quando definisce «panzoni» i poliziotti (se non altro perché nemmeno lui esibisce le physique di un Fassino) e quando strilla che le donne dei ministeri vanno a fare la spesa in orario di lavoro, facendo sgranare ulteriormente gli occhi alla collega di governo Mara Carfagna. Sui temi più cari al suo padrone, quelli della giustizia, un giorno sostiene che va sciolta l'antimafia, perché tanto (par di capire) se c'è, non esiste. E un altro giorno chiama «mostro» il Consiglio supremo della magistratura, aggiungendo che i magistrati «forse si sono un po' montati la testa». Quel «forse» gli fa però vincere la palma del più moderato della compagine governativa in fatto di giudici e giustizia, il che può anche essere considerata l'eccezione che conferma la regola.
Ma più precario di Brunetta in questo paese c'è l'aiuto pubblico alla cultura, e infatti il ministro coglie l'occasione per mettere in piedi una guerra tra poveracci e se la prende con il cinema e con quel «culturame» (fine vocabolario fascistizzante). Se poi qualcuno di sinistra alza il dito per difendere cinema e teatro, per Brunetta ecco la «sinistra del male». O «di merda» per la precisione. Cui augura senza tema che «vada a morire ammazzata». Nell'occasione, sproloquia anche di «colpo di stato» e non si pente mai di quel che dice.
Eppure, il ministro è un precario anche lui. Pensate che, se si dimettesse come ha tante volte minacciato in polemica con Tremonti senza farlo, non lo vorrebbero nemmeno a Venezia, sua città natale, dove nel 2000 e nel 2010 è stato sconfitto per due volte a candidato sindaco.
Solo una volta era nel giusto, quando Massimo D'Alema lo chiamò «energumeno tascabile» e lui rispose: «Volgarità razziste». Ma è noto che da anni D'Alema sbaglia sempre, anche quando ha ragione.
giovedì 9 giugno 2011
L'euforia del culo
Ha vinto Pisapia. Sono stato impegnato nel trasloco di casa e non ho avuto tempo di guardare la tv né di leggere i giornali. Non che sia stato male, anzi, ma mi sarebbe piaciuto vedere alcune facce livide e soprattutto sentire i loro commenti. Sono comunque sicuro, pur non avendole lette, di condividere e di sottoscrivere le analisi che avranno sicuramente fatto, per esempio Ezio Mauro o Eugenio Scalfari, o altri colleghi di Repubblica, del Manifesto, del Corriere, della Stampa. Personalmente non ho contributi da dare, almeno non credo. Potrei dire, prendendo a prestito una battuta pubblicata da Spinoza, che non ero così felice dai tempi dell’invasione della Cecoslovacchia. Ma sarebbe troppo radical chic e soprattutto non sarebbe vero. Il sentimento, quello profondo, che interpreta appieno il mio stato d’animo nel vedere Milano girare le spalle a Berlusconi, con quello che ciò significa anche simbolicamente, può essere riassunto in un’espressione un po’ grossier delle mie parti, di cui mi scuso ma non mi pento: mi ride anche il buco del culo.
venerdì 13 maggio 2011
Brutti, sporchi e cattivi
E così oltre ad essere brutte, soprattutto le donne, le persone di sinistra puzzano. Si lavano poco, dice Silvio B., la cui ossessione per la pulizia e i cattivi odori è cosa nota. Ai tempi di Forza Italia arrivò addirittura a regalare a tutti i deputati uno spray anti fiatella: "per gli incontri ravvicinati con il presidente e con i tuoi elettori", era scritto nella lettera che accompagnava il cadeau. Se si parte dall'assunto brutti e sporchi, si arriva, quasi per conseguenza logica, anche a cattivi. E così è naturale che donna Letizia Moratti, nata Brichetto, accusi il proprio avversario alle amministrative di collusione con i terroristi, riesumando una vecchia storia da cui l'avvocato Giuliano Pisapia venne assolto in vari gradi di giudizio, dopo essersi fatto 4 mesi di carcere da innocente. Ma buttare lì bastardamente la diffamazione, 20 secondi prima della chiusura di un faccia a faccia televisivo, è in linea con il dettato padronale di fare politica, fatto di dossier bugiardi e infamanti, il più delle volte dati in pasto a giornalisti al soldo e senza scrupoli. Una politica contundente, che punta ad annientare personalmente l'avversario o il dissidente interno, non importa quello che dice, i contenuti: l'ordine è di spostare l'attenzione, di sparigliare. Poi hai voglia di provare che non c'è nulla di vero, far vedere le sentenze: gli italiani non leggono i giornali e nel tam tam virale rimane, nel caso specifico, che Pisapia è stato in prigione e che era amico di terroristi di Prima Linea: vuoi che uno così possa fare il sindaco di Milano, anche se oggi è un signore che probabilmente se dovesse catturare una mosca in casa aprirebbe la finestra ridandole la libertà? Certo è difficile contrapporre l'etica, le idee, i progetti, una visione di città, di vivere civile, se l'unico programma che dimostra di essere vincente, almeno finora, è quello riassunto nel video sotto. Quando andò in onda, parecchi anni fa, sembrava una forzatura, un paradosso. Nessuno avrebbe immaginato che invece era la sintesi perfetta della realtà che stiamo vivendo. Eppure non bisogna mollare. Partendo da Milano.
http://www.youtube.com/watch?v=u-NRmT0R5eg
http://www.youtube.com/watch?v=u-NRmT0R5eg
mercoledì 11 maggio 2011
L'Italia noir di Massimo Carlotto
Arriva oggi in libreria "Alla fine di un giorno noioso", il nuovo romanzo dello scrittore. Torna il personaggio di Giorgio Pellegrini, già conosciuto dieci anni fa in "Arrivederci amore, ciao". Il malaffare, la corruzione, la criminalità organizzata che si infiltra nel tessuto industriale del Veneto. "Tutte piaghe legali nel sistema produttivo. Per questo la magistratura fatica a metterci un argine"
http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2011/05/09/news/massimo_carlotto-15991267/?ref=HREC2-11
http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2011/05/09/news/massimo_carlotto-15991267/?ref=HREC2-11
martedì 10 maggio 2011
Herald, uno di noi
Personalmente trovo fuori luogo, anche se li comprendo, i battimani durante i funerali. Applaudire Herald Espenhahn, ad della ThyssenKrupp, condannato a sedici anni e mezzo per il rogo nello stabilimento torinese in cui 3 anni fa morirono 7 operai, mi sembra invece abominevole.
E siccome a farlo non è un gruppo di ultras ma l’assemblea di Confindustria - a Bergamo, nel fine settimana - lo leggo come una precisa presa di posizione, che la stessa presidente Marcegaglia ha del resto ammesso, nemmeno tanto velatamente, commentando la sentenza: “un unicum che non ha precedenti in Europa”, un atteggiamento che, “se dovesse prevalere, allontanerebbe gli investimenti esteri e metterebbe a repentaglio la sopravvivenza del nostro sistema industriale”. Per questo ha ragione Giorgio Cremaschi, leader della Fiom, quando dice che “gli applausi dell'assemblea degli industriali di Confindustria ad un imprenditore condannato per strage sono un inqualificabile atto di vergogna morale. Con chi applaude gli omicidi condannati non c'è nulla da discutere, nulla da dialogare”. Manifestazioni di giubilo che hanno dato fastidio persino a uno come Calderoli. “Ho trovato davvero fuori luogo l'applauso al dirigente della Thyssen – ha detto il ministro - visto che la sicurezza sul lavoro è un problema che interessa tutti i lavoratori e i cittadini, Sono i morti che vanno ricordati, non chi ha violato le norme e fatto morire gli operai. Quell'applauso, invece, ha insultato i morti”. Silenzio invece da parte del Pd, che non ha commentato i fatti di Bergamo.
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