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mercoledì 23 ottobre 2019

Lavoro a mano armata


Pierre Lemaitre è un maestro assoluto e “Lavoro a mano armata” è uno dei noir più belli che ho letto. Il tema di fondo è il lavoro: necessario, importante, fondamentale, la vera ragione di vita di ogni essere umano, tanto che quando non c’è più, per tutta una serie di ragioni, nel caso specifico per una ristrutturazione aziendale, anche un uomo come Alain Delambre - colto, sensibile e integerrimo – è disposto ad armarsi per riconquistare quella dimensione personale e sociale che solo il posto fisso sembra dare. La cosa straordinaria di questo romanzo è che cambia registro almeno 4 volte e la storia prende forma su altri percorsi. Alain Delambre ha cinquantasette anni, una moglie e due figlie ormai adulte. Una vita passata a lavorare come responsabile delle risorse umane. Poi la crisi, il licenziamento, la disoccupazione. Si adatta per un po’ a quello che gli viene proposto dall’ufficio collocamento, scivolando però sempre di più nella depressione. Poi, inaspettata, la seconda chance, quella che può ridare un senso a tutto. Per essere assunto Alain deve  superare un test. Deve partecipare da osservatore ad un gioco di ruolo: un finto sequestro di persona, organizzato per mettere alla prova i quadri di una grande azienda. Un’assurdità? Forse. Sua moglie infatti non è d’accordo, ma il signor Delambre non vuole diventare l'ennesima vittima della crisi, vuole lavorare e il lavoro è pronto a prenderselo, se necessario, anche a mano armata. Non rivelo ovviamente il finale. Dico solo che Alain Delambre da osservatore diventa sequestratore vero dei partecipanti al gioco, che viene fermato e arrestato. E che a quel punto inizia un’altra storia. Quella vera.

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