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lunedì 20 agosto 2018

Il metodo Catalanotti

Andrea Camilleri l’ho scoperto per caso nel ‘97 leggendo sul Manifesto un trafiletto che recensiva “La voce del violino”, primo libro della serie dedicata al commissario Salvo Montalbano. Da allora il filone noir dello scrittore siciliano è diventato un appuntamento atteso e condiviso con molti amici. Ne “Il metodo Catalanotti" assistiamo a una svolta importante nell’uomo Montalbano. Partirei proprio da qui perché è un cambio che apre nuovi scenari e sarà sicuramente motivo di dibattito.
In questi anni, sulla spinta anche della fiction televisiva, il commissario di Vigata è diventato un fenomeno pubblico. Ha alimentato discussioni, confronti, è stato oggetto di tesi di laurea. Ha fatto nascere fazioni. Personalmente sono idealmente iscritto a quella che sostiene - senza se e senza ma - Livia Burlando, la donna della vita, fidanzata a tempo, lontana e distante dal vero mondo di Montalbano. Ora, mi rendo conto che possono sembrare questioni di lana caprina, ma forse è proprio questo il grande merito di Camilleri: aver costruito una figura letteraria che ha preso vita propria, con cui interloquire, condividere, dissentire, arrabbiarsi, se capita. In questo libro, dicevo, il Montalbano uomo prende una china che non gli fa per niente onore. E non si tratta di una sbandata o di una scappatella, alle quali ci aveva già abituato e sulle quali, per un sostenitore di Livia come il sottoscritto, ci sarebbe comunque da ridire. No, stavolta la faccenda è più seria, perché Montalbano si innamora perdutamente di una ragazza di 30 anni più giovane. E di fronte ad una passione travolgente cosa fa? Si comporta nel modo più meschino e banale possibile. Per questo mi indigno, caro commissario. In questo mondo senza qualità eri ormai una delle poche figure di riferimento, insieme a Tex Willer e Zagor Tenay, lo spirto con la scure: non è accettabile una caduta di stile da uomo qualunque. Scusate lo sfogo. Detto ciò, la vicenda è al solito ben costruita e il finale non è per nulla scontato. La vittima, uccisa in casa con una coltellata al cuore, è il Carmelo Catalanotti del titolo, personaggio a sua volta complesso e intrigante – usuraio e regista teatrale – sperimentatore in quest’ultima veste di un metodo di recitazione traumatico, che obbliga gli attori a vivere in prima persona quello che poi accadrà sul palcoscenico: non quindi una mimesi dell’azione, ma un’identificazione delle passioni. Da questa complessità e dalle ombre che avvolgono attori e debitori, il commissario dovrà partire per trovare il colpevole, sempre se di colpevole alla fine si possa parlare. Come sempre, nelle storie di Montalbano troviamo riferimenti all’attualità sociale e politica: ma questo è principalmente un romanzo sulle passioni: quella per il teatro, di cui Camilleri è un maestro, e quella amorosa. Con i distinguo personali su quest’ultima

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