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mercoledì 30 aprile 2008

Derive

Valentino Parlato dice che la crisi economica rafforzerà le spinte a destra della società, verso una destra autoritaria: le elezioni italiane di questo mese sarebbero solo un’anticipazione e un avviso di quello che ci spetta. Credo abbia ragione. “Il perché (della sconfitta) si concentra nella disattenzione ai cambiamenti della società e dei modi di sfruttamento. Si concentra nella rinunzia a cambiare il mondo, nell'affogamento degli ideali nella palude del politicismo e dell'opportunismo. Se molti operai hanno votato Lega e quartieri popolari di Roma hanno votato Alemanno, significa che le forze del centro sinistra sono diventate repellenti”. Mariuccia Ciotta, sempre sul Manifesto, offre un'altra lettura delle cause. “Il popolo che «non arriva alla fine del mese» ha chiesto e ottenuto di diventare modello di riferimento della politica con i suoi peggiori sentimenti di rivalsa sui più deboli. Spaventato dai fantasmi degli «alieni», questo popolo ha interiorizzato la criminalità predatoria attribuita all'altro”. Ciotta sostiene inoltre, citando Stefano Rodotà, che “le analisi fredde del dopo voto non vedono la catastrofe etica e culturale davanti ai nostri occhi”. Tutto vero, condivisibile. Non si può però ignorare il dato fondamentale: è stata la paura, in tutte le sue declinazioni, il motore di questo voto, nazionale e romano. Paura della recessione certo, ma, soprattutto, un senso generale di insicurezza. Innegabile, peraltro. Come è innegabile che c’è, esiste, legato a questo, un problema immigrati. Personalmente posso non condividere le soluzioni prospettate dalla destra, che arriva ad espellere i mendicanti dalla città del poverello, perché potenzialmente pericolosi. Se riteniamo di essere intellettualmente onesti dobbiamo ammettere che la solidarietà pelosa e un po’ radical chic, da salotto buono del centro storico, ha fallito, finendo soltanto per schiacciare sotto una responsabilità non loro – ma di pochi balordi delinquenti - popolazioni che nella maggioranza dei casi cercano di vivere onestamente in qualsiasi parte del mondo le porti la storia e l’economia. Certo nell’immaginario collettivo se lo stupratore si chiama Radu, sarà ricordato come il “rumeno” che ha violentato una ragazza. Se invece si chiama Paolo, resterà Paolo o magari solo P. Detto questo, aver ignorato il disagio profondo che arriva dalle periferie è stato un suicidio politico. Non ci si può limitare a filosofeggiare su sicurezza reale e sicurezza percepita, portando a supporto le percentuali del Viminale sulla diminuzione dei reati. Oppure bollare come fascista ogni attribuzione di responsabilità non politically correct. Se sei una donna e hai necessità di spostarti in treno da una città all’altra, devi preventivamente farti un piano di viaggio che preveda: l’orario di spostamento da casa alla stazione, preferibilmente diurno; l’orario d’arrivo e l’eventuale tragitto da fare verso la meta, anche in questo caso possibilmente alla luce del sole e in zone non isolate. Devi valutare attentamente che in questi spostamenti non si passi attraverso tunnel, sottopassi o altri antri potenzialmente pericolosi. In ogni caso accertarti che in partenza o in arrivo ci sia qualcuno ad accompagnarti o ad attenderti al binario. Io non so, come scrive Mariuccia Ciotta, se stiamo assistendo ad una mutazione antropologica della società italiana, o se c’è un azzeramento del discorso democratico. Può essere. Se però la sinistra non torna a vivere il popolo e non cerca di darsi un’identità che non sia castale, difficilmente troverà una ragion d’essere in questa società. A meno che non cerchi casa nel Pd, dove, seppur rancorosamente, la vorrebbe collocare Ezio Mauro.

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