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lunedì 21 aprile 2008

Le ragioni di una sconfitta

Analisi spietata ma largamente condivisibile. Grazie a Carlo per la segnalazione.

Quando il cinismo è l'altra faccia del buonismo

di Widmer Valbonesi

Le elezioni politiche hanno sentenziato una vittoria schiacciante a favore del Popolo della libertà e una sconfitta molto dura per il PD e per la sinistra. La sfida era per il governo del paese e, avendo Veltroni annunciato una grande rimonta - e poi chiesto un voto utile solo per il PD - oggi si ritrova con un pugno di mosche e senza quegli alleati di governo che, se volessero usare il suo cinismo, dovrebbero mettere in crisi tutte le amministrazioni locali e giocare un ruolo di sinistra antagonista e alternativo in tutto il paese.
Veltroni, esibendo nel dopo elezioni i dati sulla curva dei consensi, a riprova della rimonta del PD, dimostra palesemente che quella giocata non è stata una partita per conquistare il governo, ma una cinica manovra di sopravvivenza del suo nascituro partito. Il contrario di quell'immagine di buonismo e di altruismo che voleva dare di sé. Lui e il suo partito sapevano benissimo come stavano le cose; e l'appello al voto utile era solo il lucido coltello piantato alla gola degli elettori di sinistra che credevano di essere determinanti per un'impresa inesistente e che, alla fine, ha provocato in buonafede il suicidio politico dell'intera sinistra. Veltroni, in effetti, quando dice che il PD è avanzato, dice una bugia, sapendo benissimo che se si somma il 31,3 dell'Ulivo all'1,7% dei radicali (che assieme allo SDI avevano avuto nella Rosa nel pugno il 2,6%) si ottiene quel 33% che il PD ha avuto in questa tornata. Di diverso c'è che la sinistra nell'Unione aveva avuto il 49,8% mentre oggi il PD più Di Pietro ottiene il 37-38%, e quindi di fatto non costituisce nessuna alternativa possibile al blocco di PDL e Lega.
Veltroni ha giocato una partita maggioritaria e bipolare con la preoccupazione non di vincere, ma di ottenere un risultato decente per il suo partito, consumando cinicamente la morte di PSI e della Sinistra radicale, cioè gli unici che sono alleati con lui in periferia e con cui divideva il governo del paese. Ne valeva la pena? Io credo che quando non si ha il coraggio di rivendicare le proprie origini e si cerca di mascherare le proprie responsabilità nel governo del paese, si compiono un'azione deleteria per la democrazia e un inganno verso gli elettori. Essendo questi più maturi di quello che il grande affabulatore buonista credeva, lo hanno punito in due modi. Astenendosi o premiando il giustizialismo di Di Pietro e l'antiberlusconismo che egli rappresenta; oppure esprimendo un voto di protesta e premiando la Lega per aver sollevato il problema degli immigrati clandestini, fenomeno sottovalutato dalla sinistra, pur essendo il problema della sicurezza una delle massime preoccupazioni di tutti gli italiani.
Le lacrime di coccodrillo postume sui destini della Sinistra Arcobaleno dimostrano di cosa sia capace il cinismo cattocomunista di cui si nutre il PD. Si può cercare di trasformare la sinistra con la dialettica e con un ragionamento sui mutamenti della società - come faceva Ugo La Malfa - e non liquidarla con una scelta di schema elettorale e poi col finto pietismo, quasi a offrire un riparo per il futuro. E' quello che i comunisti avevano fatto col PSI del riformista Bettino Craxi. Ucciso per la sua politica, che poi è stata abbracciata per sopravvivere, senza fare un'autocritica e cercando di distruggere gli ingombranti eredi del socialismo riformista.
Boselli ha offerto lealtà per il governo del paese e nelle amministrazioni periferiche, ed è stato ripagato col ricatto di sciogliersi o morire. Il PD corre il rischio che quelli che sono stati giudicati inutili, e che saranno costretti a fare politica al di fuori del Parlamento, assumano un ruolo di movimentismo accentuato nei confronti di tutti i livelli di governo del paese, e quindi anche contro quelle amministrazioni periferiche governate col PD, che sono state il dato di una sinistra di governo e non di lotta. L'orgoglio potrebbe mettere in crisi le roccheforti rosse.
Del resto è difficile capire perché queste debbano essere tenute in piedi. Per consentire ai dirigenti del PD di essere spocchiosi, vergognandosi delle loro origini, o addirittura arroganti con i loro alleati di sinistra, e invece disponibili con Berlusconi per un duetto bipartitico che sarà illusorio dopo i risultati elettorali? Non è peregrina l'idea di una sinistra radicale che si organizza come partito di lotta contro i governi e i detentori del potere, fin dalle prossime elezioni europee dove si voterà col proporzionale, e anche nei prossimi appuntamenti elettorali amministrativi. Il giudizio di Veltroni sulle elezioni è stato disarmante, come quello di un pugile suonato che, perso l'incontro, detta le condizioni per la rivincita e dà pagelle a chi ha vinto. La realtà è che il PD era e rimane l'equivoco della politica italiana. Un velleitarismo che non ha radici culturali e storiche definite e che si presenta come sintesi dei riformismi italiani, senza un'autocritica seria, è molto peggio del rivendicare una propria storia e muoversi verso il necessario aggiornamento culturale legato ai cambiamenti della società. Far credere di essere ciò che non si è stati è la cosa peggiore per accreditarsi come innovatori, ed è ciò che è capitato a Veltroni, senza che se ne sia accorto, chiuso nella corazza spocchiosa di primarie fasulle, senza veri concorrenti, scelto dagli apparati di partito e dai poteri forti. Forse la strategia elettorale adottata era la carta della disperazione; ma che a non accorgersene siano stati prevalentemente coloro che non sono mai stati né comunisti né democristiani, la dice lunga su come questa operazione fosse solo una grande manovra di potere in cui sistemare qualche ambizione ma priva di qualsiasi progettualità politica.
Se poi l'unica progettualità si riduce a qualche parlamentare in più senza la credibilità di una prospettiva di governo, occorre prendere atto del fallimento e ricominciare da capo. Avere distrutto le forze riformiste e di sinistra nel paese, credendo di prenderne il posto, è quanto di più illusorio potesse capitare, ma soprattutto ha impoverito il confronto pluralistico che quelle culture producevano in termini progettuali e che un mero disegno di potere inaridisce sempre di più. Il PD ha sacrificato la sinistra credendo di sfondare al centro, invece non ha sottratto un voto ai centristi né tanto meno alla destra moderata, e quindi rimane un partito acefalo. Lo sfondamento al centro, che era l'obiettivo strategico dichiarato, non solo non c'è stato, ma ha costretto Veltroni ad un rapido ripiegamento verso la solita demagogia antiberlusconiana o verso il pericolo istituzionale rappresentato dalla Lega. La realtà è che avere la testa e il corpo nella cultura di sinistra cattocomunista e la mente verso le democrazie anglosassoni è una contraddizione troppo grande per non essere evidente all'opinione pubblica.
La mia impressione è che verranno le notti dei lunghi coltelli e che è più facile che una parte del PD, quella ex democristiana, cominci a guardare verso il centro per costruire quel polo moderato che può far comodo e da sponda anche a Berlusconi, soprattutto se la Lega facesse, e non farà, quello che Veltroni vorrebbe: cioè destabilizzare il governo. Anche perché è difficile e puerile pensare che gli amici di Prodi accettino passivamente di essere i capri espiatori dell'insuccesso dovuto più che altro all'ambiguità e alla velleità di un disegno politico. Che tristezza constatare che la storia passa dalla sconfitta di Waterloo di Napoleone Bonaparte alla disfatta di "Walterloo" per opera del bonapartista Berlusconi.

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