Non conosco Delio Rossi se non per averne seguito, da semplice appassionato di calcio, la carriera professionale. L’idea che mi son fatto è di un bravo allenatore e di una brava persona, mai fuori dalle righe nelle dichiarazioni, più propenso a mediare che esacerbare animi e toni. Poco tempo fa il suo nome veniva inserito da vari opinionisti nell’elenco degli allenatori che avrebbero meritato/meriterebbero una chance in un grande club. Per questo mi dispiacerebbe che un momento di follia – comprensibile e umana, peraltro - possa mettere a rischio vent’anni di onesto lavoro. Perché è così: Delio Rossi per gli anni a venire sarà ricordato come l’allenatore che ha picchiato il ventunenne serbo Adem Ljajic durante una partita di calcio. Anche se dovesse vincere lo scudetto o il campionato del mondo. Mentre il nome del giocatore picchiato verrà dimenticato nel giro di poco e Ljajic scriverà la sua storia nel barnum dei piedi a prescindere da questo episodio. Non so se la Fiorentina abbia fatto bene o meno a licenziare in tronco Rossi. Nel caso avrebbe dovuto fare lo stesso con il giocatore, che invece, essendo un giovane di talento, patrimonio economico della società, è stato solo parcheggiato fuori rosa a due giornate dal termine del campionato, per poi essere presumibilmente reintegrato per la preparazione estiva e arruolato per la prossima stagione. Secondo me bisogna intendersi. Se il comportamento di Delio Rossi è stigmatizzabile, per tutto il pippometro della violenza, dell’esempio, dei bambini che ci guardano, lo è altrettanto la mancanza plateale di rispetto di un ragazzino nei confronti di un signore maturo che, da contratto, ha il diritto di decidere se e quando toglierlo dal campo. Forse Delio Rossi avrebbe fatto meglio a far finta di nulla e al rientro negli spogliatoio prendere a calci il suo giocatore. Ljajic avrebbe imparato come si sta al mondo, la Fiorentina non avrebbe avuto la necessità di licenziare il proprio allenatore e Delio Rossi non avrebbe avuto questa macchia che potrebbe decretare la fine sulla sua carriera di allenatore. Per questo io sto con Rossi.
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lunedì 7 maggio 2012
venerdì 27 aprile 2012
Croce e stellette
Nell'elenco delle spese inutili aggiungiamoci anche questa, sentita ieri in una trasmissione di Radio 24: lo Stato spende ogni anno 17 milioni di euro per i cappellani militari. Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, ha ricoperto l'incarico per 3 anni, è stato congedato con il grado di generale di brigata e per questo servizio percepisce una pensione di 4000 euro al mese. Ditemi voi.
lunedì 23 aprile 2012
Non si scherza con il fuoco
Ne parlavo giusto ieri con un amico affascinato da Beppe Grillo, proponendo la stessa analisi che il prof. Diamanti elabora con la consueta lucidità oggi su Repubblica. Il problema vero è che la classe politica non può riformarsi da sola, perché vorrebbe dire autoescludersi, andarsene per sempre, certificare il proprio fallimento. Io non credo nelle rivoluzioni pacifiche e se si allargherà ancora di più la forbice del reddito, non si vedranno degli interventi seri per la crescita, non verranno aboliti privilegi immorali non solo in una situazione di crisi e debellato il crimine dell’evasione, ce ne accorgeremo presto.
“(…)Il problema è, come si è già detto, che dopo Monti nulla resterà come prima. Soggetti politici e classe politica: non potranno più ri-presentarsi allo stesso modo, con le stesse facce. Perché il Montismo ha segnato, comunque, una rottura: di stile, modello di comportamento, competenza.
Vedere il Nuovo annunciato da Berlusconi, Pisanu, Casini, lo stesso Bersani. È come pretendere di "restaurare" il futuro. Con un puzzle di pezzi raccolti dalla Prima e dalla Seconda Repubblica. Rischia solo di rafforzare il peso di chi "si chiama fuori". Attraverso il non voto o la critica radicale di Grillo.
Il problema non è l'antipolitica, ma ricostruire la politica. Ri-costituire la Repubblica. Traghettarla lontano dal Berlusconismo e oltre il Montismo”.
“(…)Il problema è, come si è già detto, che dopo Monti nulla resterà come prima. Soggetti politici e classe politica: non potranno più ri-presentarsi allo stesso modo, con le stesse facce. Perché il Montismo ha segnato, comunque, una rottura: di stile, modello di comportamento, competenza.
Vedere il Nuovo annunciato da Berlusconi, Pisanu, Casini, lo stesso Bersani. È come pretendere di "restaurare" il futuro. Con un puzzle di pezzi raccolti dalla Prima e dalla Seconda Repubblica. Rischia solo di rafforzare il peso di chi "si chiama fuori". Attraverso il non voto o la critica radicale di Grillo.
Il problema non è l'antipolitica, ma ricostruire la politica. Ri-costituire la Repubblica. Traghettarla lontano dal Berlusconismo e oltre il Montismo”.
venerdì 6 aprile 2012
La rottura del cerchio
L'EDITORIALE
La caduta degli idoli
di EZIO MAURO
CADONO ad uno ad uno gli idoli della destra italiana che fino a ieri guidavano il Paese, trasmettendo attraverso il loro potere alieno alle istituzioni l'immagine di un'Italia da comandare, più che da governare. Le dimissioni di Umberto Bossi, affondato dalla nemesi di uno scandalo per uso privato di denaro pubblico, azzerano la politica e persino il linguaggio della Lega, rovesciando sul Capo fondatore quelle accuse spedite per anni contro "Roma ladrona" e contro lo "Stato saccheggiatore". I ladroni la Lega li aveva in casa, anzi a casa Bossi. E il saccheggio lo aveva in sede, a danno del denaro dei contribuenti. (...)
Il prepotente di genio «Chi sbaglia deve pagare»
di ALDO CAZZULLO
Ora il colore si sprecherà: e di colore Umberto Bossi ne ha sempre fornito molto, sin da quando si faceva chiamare Donato e imitava la voce di Celentano, oppure - finto medico - usciva di casa con lo stetoscopio nella borsa dicendo che andava in ospedale e invece si infilava al bar; ogni tanto poi organizzava una serata per festeggiare una laurea in medicina mai presa, e quand'era già un leader politico pretendeva ancora di aver fatto parte in gioventù di un'équipe che lavorava a un certo laser dai poteri taumaturgici. (...)
La caduta degli idoli
di EZIO MAURO
CADONO ad uno ad uno gli idoli della destra italiana che fino a ieri guidavano il Paese, trasmettendo attraverso il loro potere alieno alle istituzioni l'immagine di un'Italia da comandare, più che da governare. Le dimissioni di Umberto Bossi, affondato dalla nemesi di uno scandalo per uso privato di denaro pubblico, azzerano la politica e persino il linguaggio della Lega, rovesciando sul Capo fondatore quelle accuse spedite per anni contro "Roma ladrona" e contro lo "Stato saccheggiatore". I ladroni la Lega li aveva in casa, anzi a casa Bossi. E il saccheggio lo aveva in sede, a danno del denaro dei contribuenti. (...)
Il prepotente di genio «Chi sbaglia deve pagare»
di ALDO CAZZULLO
Ora il colore si sprecherà: e di colore Umberto Bossi ne ha sempre fornito molto, sin da quando si faceva chiamare Donato e imitava la voce di Celentano, oppure - finto medico - usciva di casa con lo stetoscopio nella borsa dicendo che andava in ospedale e invece si infilava al bar; ogni tanto poi organizzava una serata per festeggiare una laurea in medicina mai presa, e quand'era già un leader politico pretendeva ancora di aver fatto parte in gioventù di un'équipe che lavorava a un certo laser dai poteri taumaturgici. (...)
giovedì 5 aprile 2012
Matti 2.0
Succede a volte che leggi o vedi qualcosa e per uno strano meccanismo del pensiero ti ricordi persone o avvenimenti che apparentemente non c’entrano nulla. Questa mattina leggendo i commenti alla notizia della donna uccisa ieri nel corso di una rapina in una gioielleria a Fermo, donna che nel caso specifico vestiva i panni della cattiva, mi è venuto in mente il signor Innocenzo, detto Cempo, un personaggio un po’ strambo, per dirla con affetto, che sarebbe piaciuto a Fellini o Pupi Avati. Cempo viveva nel mio paese, parlava in modo incomprensibile, utilizzando a sproposito termini che aveva sentito e che evidentemente gli suonavano bene. Ricordo che per un po’ continuò a inserire in soliloqui privi di costrutto la parola censimento. Un giorno, io presidente di seggio, pretendeva di portare a casa la scheda elettorale per far votare la sorella a letto malata o, in alternativa, votare lui al suo posto in quanto lei, testuale, era una deficiente civile. Ma era Cempo, non faceva male a nessuno, aveva un onesto lavoro, viveva con la sorella e girava in vespa. E a noi bambini faceva ridere. Lo ricordo con affetto anche perché riuscì a farmi sorridere in un momento particolarmente triste della mia vita. Il giorno in cui morì mio padre fu uno dei primi a venire a casa a portare la sua solidarietà che espresse stringendomi la mano e facendomi le sue congratulazioni.
Ieri a Fermo un gioielliere ha sparato e ucciso uno dei 4 rapinatori, una donna, entrati nel suo negozio armi in pugno: pare giocattolo, ma vai a sapere quando te le puntano addosso. La folla, che sempre si raduna in questi casi, ha applaudito il gioielliere, rimasto ferito, e inveito contro i rapinatori per interposta persona, il cadavere della donna a terra. Se andate sul sito del Corriere, oltre alla notizia trovate tutta una serie di commenti, incommentabili, dei lettori. Uno di questi è degno di Cempo, o forse è addirittura oltre.
legge giusta
05.04
10:22 Malbyte
non ci si puo' difendere solo perche' qualcuno ti sta aggredendo. Capisco se uno se uno e' appena stato ucciso allora ci sta' che in questo caso si difenda anche con le armi. Ma se non e' ancora morto allora e' chiaramente eccesso di difesa. Non siamo mica in una democrazia occidentale qua'. Questa e' uan repubblica delle banane. Che dico, i 3 fuggitivi dovrebbero essere trovati ed eletti senatori a vita. (e purtroppo, se accadesse sul serio le cose migliorerebbero pure)
Ieri a Fermo un gioielliere ha sparato e ucciso uno dei 4 rapinatori, una donna, entrati nel suo negozio armi in pugno: pare giocattolo, ma vai a sapere quando te le puntano addosso. La folla, che sempre si raduna in questi casi, ha applaudito il gioielliere, rimasto ferito, e inveito contro i rapinatori per interposta persona, il cadavere della donna a terra. Se andate sul sito del Corriere, oltre alla notizia trovate tutta una serie di commenti, incommentabili, dei lettori. Uno di questi è degno di Cempo, o forse è addirittura oltre.
legge giusta
05.04
10:22 Malbyte
non ci si puo' difendere solo perche' qualcuno ti sta aggredendo. Capisco se uno se uno e' appena stato ucciso allora ci sta' che in questo caso si difenda anche con le armi. Ma se non e' ancora morto allora e' chiaramente eccesso di difesa. Non siamo mica in una democrazia occidentale qua'. Questa e' uan repubblica delle banane. Che dico, i 3 fuggitivi dovrebbero essere trovati ed eletti senatori a vita. (e purtroppo, se accadesse sul serio le cose migliorerebbero pure)
venerdì 10 febbraio 2012
Io compro il Manifesto
Nell'editoriale di ieri, il direttore Norma Rangeri spiega la gravissima situazione che sta vivendo il Manifesto e chiede un aiuto ai cittadini per salvare il giornale. Siamo ad un passaggio politico delicato, la difesa di una voce critica è un investimento in favore della libertà di pensiero. Per questo io compro il Manifesto e invito a farlo chiunque ne ha la possibilità.
Senza fine
di Norma Rangeri
Siamo alla prova cruciale, al corpo a corpo con la nostra stessa vita materiale e politica. Il manifesto andrà in liquidazione coatta amministrativa. Verranno funzionari di governo, che si sostituiranno al nostro consiglio di amministrazione. È una procedura cui siamo stati costretti dai tagli alla legge dell'editoria. Noi, come altre cento testate, nazionali e locali, non potremo chiudere il bilancio del 2011. Mario Monti e il ministro Passera potrebbero riuscire dove Berlusconi e Tremonti hanno fallito. Usiamo il condizionale perché non abbandoniamo il campo di battaglia e siamo ancora più determinati a combattere contro le leggi di un mercato che della libertà d'informazione farebbe volentieri un grande falò. La fine del manifesto sarebbe la vittoria senza prigionieri di un sistema che considera la libertà di stampa non un diritto costituzionale ma una concessione per un popolo di sudditi. La fisionomia della nostra testata, il suo carattere di editore puro, il nostro essere una cooperativa di giornalisti, hanno sempre costituito una felice anomalia, un'eresia, la testimonianza in carne e ossa che il mercato non è il monarca assoluto e le sue leggi non sono le nostre.
Il compito che ci assumiamo e a cui vi chiediamo di partecipare è tutto politico. I tagli ai finanziamenti per l'editoria cooperativa e politica non sono misurabili «solo» in euro, in bilanci in rosso, in disoccupazione. Naturalmente, se avessimo la testa di un Marchionne sapremmo cosa fare per far quadrare i bilanci. Così come un vero mercato della pubblicità ci aiuterebbe a far quadrare i conti, e un aumento dei lettori nel nostro paese ci farebbe vivere in una buona democrazia. Ma è altrettanto evidente che le nostre difficoltà sono lo specchio della profonda crisi della politica, l'effetto di quella controrivoluzione che ha coltivato i semi dell'antipolitica, del «sono tutti uguali» fino a una sorta di pulizia etnica delle idee e dell'informazione.
Care lettrici e cari lettori, siamo chiamati, noi e voi, a una sfida difficile e avvincente. Dovremo superare nemici visibili e trappole insidiose. Sappiamo come replicare alle politiche di questo governo, ma siamo profeti disarmati contro il successo del populismo, che urla contro il potere assumendone modi e fattezze. State con noi, comprateci tutti i giorni, abbiamo bisogno di ognuno di voi. Adesso che tutti hanno imparato lo slogan dei beni comuni, lasciateci la presunzione di avere rappresentato una delle sue radici, antica e disinteressata. Ed è per questo che nell'origine della nostra storia crediamo di vedere ancora una vita futura.
Senza fine
di Norma Rangeri
Siamo alla prova cruciale, al corpo a corpo con la nostra stessa vita materiale e politica. Il manifesto andrà in liquidazione coatta amministrativa. Verranno funzionari di governo, che si sostituiranno al nostro consiglio di amministrazione. È una procedura cui siamo stati costretti dai tagli alla legge dell'editoria. Noi, come altre cento testate, nazionali e locali, non potremo chiudere il bilancio del 2011. Mario Monti e il ministro Passera potrebbero riuscire dove Berlusconi e Tremonti hanno fallito. Usiamo il condizionale perché non abbandoniamo il campo di battaglia e siamo ancora più determinati a combattere contro le leggi di un mercato che della libertà d'informazione farebbe volentieri un grande falò. La fine del manifesto sarebbe la vittoria senza prigionieri di un sistema che considera la libertà di stampa non un diritto costituzionale ma una concessione per un popolo di sudditi. La fisionomia della nostra testata, il suo carattere di editore puro, il nostro essere una cooperativa di giornalisti, hanno sempre costituito una felice anomalia, un'eresia, la testimonianza in carne e ossa che il mercato non è il monarca assoluto e le sue leggi non sono le nostre.
Il compito che ci assumiamo e a cui vi chiediamo di partecipare è tutto politico. I tagli ai finanziamenti per l'editoria cooperativa e politica non sono misurabili «solo» in euro, in bilanci in rosso, in disoccupazione. Naturalmente, se avessimo la testa di un Marchionne sapremmo cosa fare per far quadrare i bilanci. Così come un vero mercato della pubblicità ci aiuterebbe a far quadrare i conti, e un aumento dei lettori nel nostro paese ci farebbe vivere in una buona democrazia. Ma è altrettanto evidente che le nostre difficoltà sono lo specchio della profonda crisi della politica, l'effetto di quella controrivoluzione che ha coltivato i semi dell'antipolitica, del «sono tutti uguali» fino a una sorta di pulizia etnica delle idee e dell'informazione.
Care lettrici e cari lettori, siamo chiamati, noi e voi, a una sfida difficile e avvincente. Dovremo superare nemici visibili e trappole insidiose. Sappiamo come replicare alle politiche di questo governo, ma siamo profeti disarmati contro il successo del populismo, che urla contro il potere assumendone modi e fattezze. State con noi, comprateci tutti i giorni, abbiamo bisogno di ognuno di voi. Adesso che tutti hanno imparato lo slogan dei beni comuni, lasciateci la presunzione di avere rappresentato una delle sue radici, antica e disinteressata. Ed è per questo che nell'origine della nostra storia crediamo di vedere ancora una vita futura.
lunedì 6 febbraio 2012
Acqua benedetta
La scorsa settimana ad Ancona sono stati denunciati alcuni presunti medici, capeggiati da una biologa 71enne, con l’accusa di aver truffato un non ben precisato numero di malati, anche di cancro, ai quali i suddetti avevano venduto falsa acqua di Lourdes, Medjugorje e di altri santuari più o meno famosi, a 200 euro la boccetta. La banda aveva messo in piedi il business rifacendosi ad una fantomatica teoria del riequilibrio del corpo in sofferenza basato sull’acqua santa, nel caso specifico proveniente però, più prosaicamente, dell’acquedotto comunale. Detto che è miserabile approfittarsi delle persone in difficoltà, è altrettanto vero che, tutto sommato, l’intermediazione ha consentito ad un mucchio di gente di risparmiarsi il viaggio. A meno che il reato non sia ascrivibile alla millantata provenienza dell’acqua benedetta. Allora è un altro paio di maniche: vuoi mettere il pullulare di miracoli nei siti commercialmente pertinenti? Da far tremare i polsi al povero Ippocrate.
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