Fratelli d’Italia è uno dei tanti spin off del fu MSI, Alleanza Nazionale, Popolo delle Libertà ecc. ecc. La sua sintesi politica l’ha vergata, in dialetto, una mano anonima sul muro di cinta di una fabbrica della mia città. Fratelli d’Italia? Gna parec! (traduzione della risposta per i non bresciani: neanche parenti). Geniale.
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martedì 18 febbraio 2014
domenica 9 febbraio 2014
La donna delle code
Io l’uomo delle code l’ho conosciuto 40 anni fa. No, non Giovanni Cafaro che oggi i media celebrano per il genio e l’intraprendenza. Un altro. Anzi, sarebbe meglio dire un’altra. E non so nemmeno se sia lei a poter vantare il brevetto di questa attività. Maria Pia, oggi ultra ottantenne e accudita in una casa di riposo, era un personaggio da film. Non credo che in vita sua sia mai uscita dal paese della montagna bresciana che le ha dato i natali. Sicuramente però la sua fama e le sue stranezze ne hanno oltrepassato di molto i confini. Maria Pia abita in un altipiano che ospita turisti sia in estate che in inverno e sono pronto a scommettere che nessuno mai se ne sia tornato a casa senza averci parlato almeno una volta, per curiosità o per verificare di persona se le capacità straordinarie di cui si narrava fosse in possesso, in netto contrasto con l’aspetto fisico, fossero vere. Perchè strana Maria Pia era strana forte, è indubbio. Non foss’altro perché estate e inverno, a -10 come a + 30, questo donnino di poco più di 1.40, indossava cappotto, sciarpa, cuffia di lana, calzettoni e scarpe pesanti che ne ingolfavano la figura e la facevano apparire probabilmente più grossa di quello che in realtà era. Ma a parte questo, era una sorta di Rain Man, un mostro assoluto in matematica, in grado di risolvere a mente e in tempo reale moltiplicazioni e divisioni a 4 cifre, dirti il giorno esatto della settimana di una data qualsiasi del calendario del passato e del passato remoto, di ricordarsi gli eventi del paese o della vita privata di ognuno dei compaesani, a patto logicamente che fossero in qualche modo pubblici, per esempio nascite, sposalizi, funerali, parentele, con tutti i possibili incroci che queste comportano, ecc. ecc. Il dato ulteriormente incredibile era che Maria Pia è analfabeta. Non è mai andata a scuola. E non ha mai nemmeno lavorato. O perlomeno non ha mai avuto un’occupazione retribuita. Il giorno in cui si è trovata sola al mondo ha iniziato a fare piccoli favori. Prima ai vicini. Poi pian piano tutto il paese ha imparato a usufruire dei suoi servizi: andare a far la spesa, la coda in posta o in banca per le bollette; dalla parrucchiera,che una volta si chiamava pettinatrice. Ma la cosa in assoluto geniale: la coda dal medico di famiglia. Come faceva poi ad avvisare? Semplicemente, nel caso della pettinatrice e del dottore, Maria Pia si presentava con un’ora abbondante di anticipo sull’apertura dei rispettivi esercizi. Così era sicura di essere la prima. E in caso di prenotazioni multiple valeva il diritto di chiamata, di cui informava le clienti, in modo che potessero regolarsi con i tempi.
domenica 19 gennaio 2014
Giacinto, ma non Facchetti
Suonano alla porta. Se non è una persona che conosco, o il postino, di solito non apro. Per dirla tutta, da quando sono dotato di videocitofono non chiedo nemmeno chi è. Al mattino poi non se ne parla nemmeno. Vacanze di Natale. Il campanello mi sveglia che non è neanche mezzogiorno. Mi girano i coglioni ma la cosa finisce lì. Tanto non ho problemi a riaddormentarmi. Quel pomeriggio me ne ricordo e mi chiedo: chissà chi era stamattina. Un attimo. Pura curiosità. Il mattino dopo, più o meno allo stesso orario, la cosa si ripete identica. Campanello, sveglia, giramento di coglioni, sonno, quesito pomeridiano. Terzo giorno. Dormita spaziale senza alcuna interruzione. Alle 14.30, esco dal bagno dopo aver già acceso la doccia per prendere un accappatoio pulito e mentre ci passo davanti il videocitofono si illumina e mi rimanda il profilo di un omino di mezza età con loden e cappellino blu. Non lo conosco. Non rispondo. Sono ancora in mutande. Ma mi incuriosisce: che sia lo stesso dei giorni scorsi? Probabilmente ha pensato che al mattino non ci fosse nessuno in casa e ci ha provato al pomeriggio. Anyway. Per una serie di combinazioni astrali il mattino ancora successivo, sabato, intorno alle 11, l’orario delle volte precedenti, l’omino in loden ci riprova. Rispondo. Sono Giacinto, volevo sapere se secondo lei si può vincere la morte. Minchia. Domandone. Mi permetto di interpretare Giacinto e do per scontato che il verbo vincere in questo caso venga utilizzato nell’accezione di sconfiggere e non di conquistare, aggiudicarsi la suddetta morte. L’istinto sarebbe di rispondere: dipende. Lei Giacinto, per esempio, potrebbe vincere la morte non suonando più a questo campanello, soprattutto prima di mezzogiorno, orario in cui la vescica, purtroppo, mi chiede conto e mi obbliga ad alzare il cadavere dal letto. Ma mi sarebbe dispiaciuto. Giacinto aveva gli occhi buoni e io non sono capace di essere stronzo con chi ha già evidentemente problemi di suo. Ho quindi gentilmente declinato l’invito alla discussione. Mi scusi ma non ho tempo di pensarci. Giacinto si è allora altrettanto gentilmente offerto di ripassare, lasciandomi il tempo necessario alla meditazione. A quel punto però sono stato irremovibile. Mi è rimasta però la curiosità di sapere la confessione giacintiana. Testimone di Geova no perché quelli viaggiano sempre in coppia e vestono che non si possono guardare, mentre lui era solo e indossava abiti di questo secolo. Boh. Penso che sopravviverò.
sabato 18 gennaio 2014
Maggiordomo e classe dirigente
The Butler narra la storia di Eugene Allen, maggiordomo della Casa Bianca per più di trent'anni. Un tempo lunghissimo che ha consentito all’afroamericano Allen, scomparso nel 2010 a 91 anni, di conoscere e servire sette diversi presidenti degli Stati Uniti d’America: Dwight D. Eisenhower, John Fitzgerald Kennedy, Lyndon B. Johnson, Richard Nixon, Gerald Ford, Jimmy Carter e Ronald Reagan. Non ho ancora visto il film ma immagino che di una pellicola del genere si possano dire tante cose, soprattutto se, come nel caso che vado a raccontare, si introduce l’argomento. Paradossalmente basterebbe anche l’incipit sopra. Invece capita che lunedì sono seduto nella prima classe di un frecciabianca insieme a 3 professionisti di mezza età. Classe dirigente. Per quasi tutto il viaggio i tre, che mostrano una consuetudine anche extralavorativa, parlano di moto, di caccia, di telefonini. Ad un certo punto quello seduto al mio fianco, interrompendo un momento di silenzio, dice: ieri sera sono andato al cinema a vedere The Butler. Un bel film. Era parecchio che non ne vedevo uno così. Penso: interessante. Sentiamo. Non so se i suoi due amici abbiano pensato la stessa cosa. Di sicuro l’espressione manifestava una certa curiosità di ascoltare il seguito. Perché sta nelle cose: se inizi un discorso del genere è perché hai piacere di raccontare, di condividere, di suggerire la visione del film. Invece il seguito è stato: no, un film de negri, ma importante. Gli interlocutori non hanno avuto la minima reazione, né fisica né tantomeno verbale. La normalità più assoluta. Ed è la cosa che mi ha sconvolto di più.
venerdì 20 dicembre 2013
Dal Vangelo secondo...
Uscendo per andare a scuola la mia signora mi dice: ti va se ci vediamo in duomo vecchio alle 3 e mezzo? C’è una mia allieva che canta. Va bene, dico. Alle 3 e 25 sono davanti all’entrata e la chiamo. Finisco la lezione e arrivo, tu entra pure. Mi levo il cappello, perché mi hanno insegnato così, e varco la soglia della splendida concattedrale romanica. Appena dentro una signora con fascia rossa al braccio e una pila di fogli in mano mi chiede: lei è un lettore del Vangelo? Minchia. La capacità della mente umana di elaborare concetti in frazioni infinitesime di secondo è impressionante. Nell’ordine ho pensato, dopo il minchia di cui sopra: adesso anche in chiesa interrogano e subito dopo: però oggi aveva detto che avrebbe spiegato, bieca giustificazione alla mia impreparazione ma che ho subito scartato, perché non avrebbe fatto onore ai miei quasi cinquant’anni e alla mia barba bianca. A togliermi dall’imbarazzo è arrivata, un secondo dopo, l’alternativa: o ascolta soltanto? A quel punto, per evitare una terza via (non al socialismo), e visto che in questa seconda dimensione mi sembrava di poterci stare comodo, ho risposto di getto: io o ascolta soltanto. Minchia. Forse era meglio: però oggi aveva detto che avrebbe spiegato. Anyway. La mia signora è arrivata a breve distanza e sarà stato il basco rosso o la faccia da profe comunista ma a lei non ha osato chiedere nulla, sperando forse che fosse il luogo a compiere il miracolo della conversione. Quindi, ignara di tutto, si è accomodata ad ascoltare quello che abbiamo scoperto essere un reading di 36 ore del Vangelo, intervallato dalla musica degli allievi del locale liceo musicale. Tutto molto bello, non vorrei essere frainteso. Anche perché i singoli evangelisti venivano introdotti e contestualizzati da una teologa che lasciava poi il compito di leggerne i brani a cittadini che si erano probabilmente iscritti a suo tempo. Che ne dici se ci andiamo a bere qualcosa di caldo? mi dice quella col basco rosso, guardando il programma. Il prossimo intervento musicale e tra un’ora. Va bene, dico. La signora con fascia e intatta pila di fogli ci vede andar via e abbassa gli occhi. Dopo poco però torniamo e siccome io so, a quel punto negli occhi le leggo un misto di stupore e di gioia, che ricambio, bastardo, con un sorriso e un eccoci di ritorno, che mi fa vergognare sin nel profondo, soprattutto quando sento quelli sotto il basco rosso che mi guardano interrogativi. Facciamoci un giro da Feltrinelli, propone ancora la mia di signora. L’organo e la tromba sono alle 7 e mezzo. Che detto così pare brutto e anche un po’ blasfemo, ma anche a utilizzare perifrasi, tipo lo strumento con le canne, non se ne esce, quindi la chiudo qui e chiedo venia. Da Feltrinelli ci stiamo per più di un’ora e quando torniamo entro in duomo come se scendessi dalla scaletta dell’aereo alzando la coppa del mondo, aspettandomi l’applauso e la standing ovation degli astanti. Non ci sono andato molto lontano. Alla solita donna all’entrata si era nel frattempo aggiunto un ragazzo e quando lui, diligente, fa per chiederci se siamo, oppure, lei lo interrompe, e sorridendomi complice dice: no, loro sono nostri affezionati. Da sotto il basco percepisco sempre più perplessità, ma in qualche modo dovevo pur riscattare io o ascolta soltanto del pomeriggio.
mercoledì 27 novembre 2013
La B. decadance
E’ in giorni come questi che uno dimostra veramente da che parte sta. In quali ideali crede. In quali colori. In giorni da dento o fuori non ci sono scusanti, lo spirito d’appartenenza, l’amore, la rabbia anche, per i tanti torti subiti, le ingiurie, le accuse più infamanti, devono darci ancora più forza per trasmetterla a chi affronta questa battaglia decisiva. Consapevoli, anzi, certi, che non sarà l’ultima. Sono milioni, siamo in milioni orgogliosi di quello che è stato fatto, delle vittorie, tante, e non solo in Italia, che ci hanno consentito di sventolare le nostre bandiere in tutte le piazze. In ogni caso, comunque andrà a finire, saremo sempre qui, pronti a ripartire, con gli stessi colori, gli stessi ideali, lo stesso amore. Forza Juve.
venerdì 8 novembre 2013
Berlusconi, tuo. Come le suore e la prinz verde
Le uscite fuori luogo (per non dire altro) di Berlusconi sono diventate ormai come le gaffe di Mike Bongiorno: dopo un po’ te l’aspetti. E poi perché stupirsi visto che i due protagonisti, parlandone da vivi, avrebbero potuto tranquillamente scambiarsi i ruoli in commedia, e magari, chissà, ne avrebbe guadagnato anche lo spettacolo? La colpa grave, oltre all’accettazione passiva di questa situazione, dove non si distingue più chi è il politico e chi è il guitto, è la connivenza della stampa. La connivenza di chi avrebbe il compito di smascherare questo gioco al massacro e invece lo alimenta per mantenersi in vita. Non è necessario che ogni scoreggia che fa Berlusconi, ma come lui chiunque altro, venga riportata dai giornali. Non è necessario che gli editorialisti si impegnino a commentare, o che vengano intervistati gli esponenti della comunità ebraica per stigmatizzare l’ultimo infelice paragone di B. tra i suoi figli e i perseguitati dei lager nazisti. Qual è stato il risultato? Per l’ennesima volta, anche adesso che sta per scomparire dalle istituzioni e che sta trattando la resa, è stato ribadito il concetto che il personaggio è incommentabile (ma non lo sapevamo dal ’94?) e che sarebbe meglio ignorarlo. Nel frattempo però, quorum ego, si sta parlando ancora di lui. E con quale obiettivo? Che gli italiani si rendano conto con chi hanno a che fare? Visto come sono andate le cose non mi sembra una grande strategia. Chi legge i giornali che mettono alla berlina il cav sono già oltre. Gli altri sono quelli che ridono alle barzellette e gli invidiano le fighe (in questo caso la parte per il tutto è quanto mai opportuna). Che fare, dunque? Una soluzione ci sarebbe. Invece di fare da cassa di risonanza, nelle redazioni, quando arriva una dichiarazione o un video messaggio di Berlusconi, dovrebbero limitarsi a passarselo. Come si faceva con le suore o la Prinz verde. Tuo.
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