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sabato 20 febbraio 2010

Protettori

All’inizio degli anni 90 - si era nell’immediato post Tangentopoli, alla vigilia delle prime elezioni senza la democrazia cristiana e il partito comunista - Luciana Castellina, firma storica del manifesto, scrisse in un appassionato editoriale che, comunque fosse andata, di una cosa avremmo potuto dirci sicuri: non saremmo morti democristiani. Intendendo con questo che era finita un’era, che l’emotività del momento rileggeva solo come una lunga stagione di malaffare, di connivenze politiche ed economiche, che per la prima volta la chiesa si sarebbe trovata a non avere un referente in Parlamento, così come la criminalità organizzata. In buona sostanza, Castellina preannunciava l’inizio di una nuova primavera. Chissà se a 15 anni di distanza la pensa ancora così. L’indomani di quelle elezioni il Manifesto fece la copertina con il faccione di Berlusconi titolando: ha vinto il peggiore. Col senno di poi si può dire che il titolo non solo fu azzeccato ma premonitore. Ha vinto il peggiore non si è rivelato un giudizio di merito relativo. Allora vinse proprio il peggiore in senso assoluto, quello che ha coltivato tutti i vizi della vecchia classe politica, sommandone di nuovi, ha fatto scempio delle istituzioni pubbliche, ha deriso e irriso la Costituzione e si appresta a rottamarla. E tutto questo per cosa? Per la roba. La sua. E per portare avanti questo progetto sta facendo vivere un’intera nazione, consenziente nella sua maggioranza, in un colossale Truman Show: un mondo non vero, inventato, senza regole, o con regole emendabile, che prima o poi presenterà il conto. Ma quel che è peggio lo anticipa Curzio Maltese nel libro La Bolla: “Chi si illude che tutto si risolverà con la fine di Berlusconi, magari accelerata dagli scandali, dimostra di non capire quanto e come ha agito il berlusconismo in questi anni nella società. Non è stato fascismo, ma ha svuotato la democrazia in maniera sistematica e diffusa, nei palazzi delle istituzioni come nelle teste dei cittadini. Ha snervato il parlamento, la magistratura, la libera informazione, la scuola. Ha prodotto una perdita collettiva di senso e di memoria. Siamo ridotti come il paese di Macondo, che dovrà un giorno rinominare gli oggetti. Non è stato facile arrivare a tanto e non sarà semplice uscirne”.

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