Translate

giovedì 11 novembre 2010

Confini

La sottocultura, la paura e la negazione del diverso, che non è più solo lo straniero per pelle ed etnia, il restringimento parossistico dei confini identitari, in nome di un federalismo di maniera e opportunistico, hanno prodotto un abbruttimento etico e sociale da cui non sarà facile uscire. Per me che sono mezzo vicentino, che in veneto ci lavoro e conosco tanta gente perbene, è amaro leggere e dover condividere quanto scrive Serra in queste due Amache.

L' AMACA
Repubblica — 09 novembre 2010 pagina 46 sezione: COMMENTI
Hanno ragione, i veneti: sono sott' acqua nell' indifferenza generale (anche dei media), quasi la loro alluvione fosse un problema locale non italiano. Centinaia di milioni di danni, famiglie rovinate, imprese affogate e nemmeno una vera prima pagina di un vero giornale nazionale. Al Sud ci sono abituati, a sentirsi lontani, a sentirsi meno importanti. Per il ricco Veneto è invece quasi un esordio, nella classifica delle regioni "dimenticate". Precedenti catastrofi, alluvioni e terremoti nordestini, ebbero una risonanza ben differente per quantità e per qualità. Fossi veneto proverei a farmi qualche domanda sulle ragioni di questo legame affievolito, di questa solidarietà intiepidita. Fino a vent' anni fa il nesso storico e identitario tra l' Italia nel suo complesso e le sue singole parti era indiscusso, quasi naturale. Che il destino fosse comune, nella fortuna come nella disgrazia, era un' ovvietà. Se oggi viene percepito come "cosa dei veneti" un dramma che fino a pochi anni fa sarebbe stato condiviso da tutta la nazione, è anche colpa del localismo cieco e masochista che ha avvelenato il Nord. La forsennata speranza di fare da soli, di non avere bisogno degli altri, di potersi chiamare fuori dalla comunità nazionale, ha un prezzo: diventare periferia. - MICHELE SERRA

L' AMACA
Repubblica — 10 novembre 2010 pagina 48 sezione: COMMENTI
Il governatore del Veneto Zaia, nel legittimo sforzo di ottenere quattrini per la sua terra alluvionata, inveisce contro «chi vuole dare 250 milioni per quei quattro sassi a Pompei». Detta da un povero cristo che scava esasperato nel fango, la frase è giustificabile. Detta da un dirigente politico di alta responsabilità, è un' idiozia di quart' ordine. Degradante. Il problema della Lega - direi il suo problema costitutivo - è che la sua classe dirigente parla e pensa come il cosiddetto uomo della strada, illudendosi che questo sia "popolare". Non lo è affatto. Nessun partito popolare ha mai potuto o voluto eludere la questione - nevralgica - del miglioramento del linguaggio, del livello culturale, delle ambizioni della sua gente. Un partito popolare che non metta a disposizione del popolo parole, pensieri, obiettivi più alti e più importanti di quelli a cui il popolo è costretto dalla sua soggezione, non ha alcun rispetto del popolo.È un partito snob( sine nobilitate ), che spregia "la gente" al punto da ritenerla incapace di concepire pensieri generosi e di capire quelle "cose difficili" che è ingiusto rimangano patrimonio di pochi. Un dirigente politico che parla da ignorante è uno che non sa fare il proprio lavoro. - MICHELE SERRA

Nessun commento: