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mercoledì 18 agosto 2010

Leggere prima dell'uso

E' interessante sin dall'incipit l'intervista proposta ieri da Repubblica all'ex presidente della Consulta Gustavo Zagrebelsky. «La Costituzione è ancora in vigore. E non esiste una costituzione materiale alternativa». Ci sono poi due passaggi assolutamente dirimenti, che aiutano a porre fine a tutte le letture interessate.

1) (...) La legge elettorale non dice che si indica il futuro capo del governo, ma i capi dei diversi partiti che si presentano alle elezioni. Se fosse come dicono Alfano e Maroni, saremmo in una repubblica presidenziale introdotta dalla legge elettorale. Ma non è così. Il legislatore che ha fatto quella legge sapeva benissimo che questo sarebbe stato impossibile, platealmente incostituzionale. Infatti, la stessa legge, subito dopo il passo che ho citato, aggiunge che "restano ferme le prerogative spettanti al Presidente della Repubblica previste dall' articolo 92 della Costituzione (...).

2) (...) Sarebbe stata perfino superflua, l' aggiunta. Ma si è voluto evitare ogni equivoco. L' articolo 92 dice che è il presidente della Repubblica, non il corpo elettorale con investitura diretta e plebiscitaria, a scegliere il capo del Governo, tenendo conto della situazione parlamentare e della necessità che il governo ottenga la fiducia delle Camere. Siamo pur sempre una Repubblica parlamentare. Il presidenzialismo è solo un desiderio di alcuni e il timore di altri, dunque una questione controversa (...).


http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/08/17/il-presidente-difende-la-costituzione-gli-interessi.html

lunedì 16 agosto 2010

Facce come il culo



Questo signore rubizzo si chiama maurizio bianconi, è vicepresidente dei deputati del pdl. Sfiga ha voluto che nel mare di cazzate che giornalmente vengono preparate per i dichiaratori ufficiali - Cicchitto, Capezzone, Stracquadanio, Gasparri, Napoli, i più assidui - proprio bianconi ieri abbia pescato la più bastarda. In tutti i sensi. Non poteva capitargli che so, un no al governo tecnico, un qualsiasi ultimatum ai finiani, un'insinuazione sull'integrità morale della signora Tulliani. No, niente di tutto ciò. Sul suo bigliettino c'era scritto: devi dire che il presidente Napolitano tradisce la Costituzione. E lui l'ha detto. Con quella faccia.

domenica 15 agosto 2010

Carta alla mano

1) La Costituzione stabilisce che spetta al capo dello Stato il potere di sciogliere le Camere se il Parlamento non è in grado di esprimere una maggioranza, così come è in suo potere nominare il presidente del Consiglio e su sua proposta i ministri rinviando il governo alle Camere per ottenerne la fiducia

2) Non esiste quindi un governo tecnico: i governi debbono ottenere la fiducia del Parlamento e quindi sono tutti e sempre governi politici, quali che siano il presidente del Consiglio e i ministri che ne fanno parte. Purtroppo gran parte dei politici ignorano o dimenticano questi principi costituzionali e le norme che li configurano.

3) Uno dei cardini portanti della nostra Costituzione è l'articolo 67 che stabilisce che "i membri del Parlamento rappresentano la nazione e sono eletti senza vincolo di mandato". Quest'articolo è fondamentale perché è il solo strumento che impedisce alle oligarchie dei partiti di asservire gli eletti dal popolo. Il popolo trasferisce ai suoi delegati la propria sovranità fino a quando si tornerà a votare.

4) I finiani, per difendere il loro leader dall'attacco di cui è vittima, sono partiti al contrattacco non solo ricordando fatti antichi e non sanate illegalità del Cavaliere, ma indicando temi recenti di gravissima portata e cioè: l'uso dei Servizi di sicurezza per distruggere gli avversari politici del premier, rapporti di comparaggio del presidente del Consiglio con il primo ministro russo Putin; analoghi rapporti di comparaggio di Berlusconi con il leader libico Gheddafi. Se i finiani dispongono di prove o almeno di gravi indizi su queste presunte e gravissime illegalità, hanno a nostro avviso l'obbligo di esibirle informandone la competente Procura della Repubblica; non possono invece tenerle in serbo come potenziale deterrente. Chi ha sollevato una questione di legalità deve anzitutto difendere se stesso esibendo prove certe contro le accuse che gli sono state lanciate, ma non può a sua volta ritorcerle senza provarne la consistenza. Qui risiede il coraggio e la forza della propria coscienza morale.

Lo scrive oggi Eugenio Scalfari su Repubblica nel consueto editoriale domenicale. I grandi vecchi andrebbero ascoltati, lui, Giorgio Bocca e il presidente Napolitano che, fortuna nostra, in questa barbarie ha la forza e la statura per difendere la Costituzione.

giovedì 22 luglio 2010

Bananas

"Questo modello di partito non ha funzionato: non esiste, nel mondo occidentale, un altro partito come il Pdl che non ha sedi, circoli, segretari di sezione, presidente di circoli, consiglieri regionali eletti dalla base. Esiste solo in Sud America e in alcuni Paesi asiatici"

Italo Bocchino, deputato PDL

mercoledì 21 luglio 2010

Opposizioni

A proposito di opposizioni. Sorridevo leggendo questo aforisma (battuta, giudizio, sentenza, fate voi) sul blog spinoza.it: Recenti indagini hanno svelato l’esistenza di un’associazione con fini politici che agisce nella completa oscurità: il Pd. Poi ho cambiato pagina e mi sono imbattuto nel lancio ansa che segue.

INDIA: LANCIO CIABATTE IN PARLAMENTO, 67 ESPULSI IN BIHAR
NEW DELHI
(ANSA) - NEW DELHI, 21 LUG - E' scoppiato il pandemonio oggi al parlamento locale dello stato settentrionale del Bihar in India dove 67 deputati dell'opposizioni sono stati espulsi e trascinati con la forza fuori dall'aula dopo aver passato la notte su un materasso in fondo all'emiciclo. Infuriati per la decisione, i politici hanno lanciato sedie, microfoni e perfino una ciabatta che ha sfiorato il presidente della camera Udai Narain Choudry. Alcune televisioni locali hanno mostrato le immagini di una deputata, Kumari Joty, che in piena crisi isterica perché non poteva entrare nell'aula, sollevava in aria dei vasi di fiori e li gettava a terra con forza. Dopo una collutazione con gli uscieri, un parlamentare è svenuto ed è stato portato via in ambulanza. Altri hanno riportato ferite e lesioni. Da due giorni l'opposizione chiede le dimissioni del leader del Bihar, Nitish Kumar, per una vicenda di corruzione, un fenomeno abbastanza frequente nello stato che è uno dei più poveri e arretrati dell'Unione indiana e che tra qualche mese andrà alle urne per il rinnovo dell'assemblea legislativa. (ANSA).

martedì 6 luglio 2010

Patti di sangue

(…) Ma è ancora più grave, perché rivelatrice, la seconda lezione che si deve trarre dal caso Berlusconi-Brancher. Ed è il rapporto inconfessabile che lega il nostro Presidente del Consiglio ad alcuni uomini - ieri Previti, oggi Brancher, ieri, oggi e domani Dell'Utri - che conoscono e partecipano il segreto oscuro delle origini. Fra questi personaggi e il Cavaliere il rapporto sotto pressione diventa drammatico e costringente da entrambe le parti. Un rapporto servo-padrone ma con i ruoli che si scambiano, perché è via via sempre più palese che entrambi agiscono in una dipendenza reciproca che li obbliga terribilmente, di cui non possono liberarsi: semplicemente perché ognuno sa ciò che l'altro conosce, e non c'è salvezza fuori da questo legame costrittivo, per sempre (…)

lunedì 5 luglio 2010

Famigli

Dopo 18 giorni da ministro di non si sa che cosa, non lo sapeva nemmeno lui, l’Aldo è stato costretto a dimettersi. Ma non è stato un improvviso rigurgito di dignità personale e istituzionale a convincerlo a lasciare il ministero del nulla, senza deleghe e portafoglio, che occupava da poco più di 2 settimane, bensì un sussulto di indignazione collettiva, bipartisan se vogliamo. Nel senso che l'Aldo non solo era intollerabile per l’opposizione, ma era diventato talmente ingombrante per gli stessi interessi di parte della maggioranza, con i dovuti distinguo tra finiani e leghisti, che gli è stata messa in mano la penna per firmare il suo addio.
Nessun chapeau dunque a Brancher, come si è affrettato a commentare un po’ bastardamente Italo Bocchino, il primo probabilmente ad esultare politicamente per questa soluzione. Era una posizione oggettivamente indifendibile quella dell’Aldo, tanto che anche chi gli aveva confezionato il ministero ad personam non ha potuto far altro che ammettere l’errore. Non pubblicamente, ci mancherebbe. Scelta condivisa, ha detto Silvio tessendo le lodi del suo famiglio, al quale sicuramente avrà dato ampie rassicurazioni in cambio del silenzio, perché ne deve sapere di cose l’Aldo, altrimenti non si spiega il ministero al legittimo impedimento.