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lunedì 5 luglio 2010

Famigli

Dopo 18 giorni da ministro di non si sa che cosa, non lo sapeva nemmeno lui, l’Aldo è stato costretto a dimettersi. Ma non è stato un improvviso rigurgito di dignità personale e istituzionale a convincerlo a lasciare il ministero del nulla, senza deleghe e portafoglio, che occupava da poco più di 2 settimane, bensì un sussulto di indignazione collettiva, bipartisan se vogliamo. Nel senso che l'Aldo non solo era intollerabile per l’opposizione, ma era diventato talmente ingombrante per gli stessi interessi di parte della maggioranza, con i dovuti distinguo tra finiani e leghisti, che gli è stata messa in mano la penna per firmare il suo addio.
Nessun chapeau dunque a Brancher, come si è affrettato a commentare un po’ bastardamente Italo Bocchino, il primo probabilmente ad esultare politicamente per questa soluzione. Era una posizione oggettivamente indifendibile quella dell’Aldo, tanto che anche chi gli aveva confezionato il ministero ad personam non ha potuto far altro che ammettere l’errore. Non pubblicamente, ci mancherebbe. Scelta condivisa, ha detto Silvio tessendo le lodi del suo famiglio, al quale sicuramente avrà dato ampie rassicurazioni in cambio del silenzio, perché ne deve sapere di cose l’Aldo, altrimenti non si spiega il ministero al legittimo impedimento.

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