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mercoledì 25 febbraio 2015

Uno di noi

Due uomini. Due storie. Percorsi apparentemente inconciliabili. Il direttore di un quotidiano comunista e l’uomo dei servizi segreti. Costretti, loro malgrado, non solo a incontrarsi, ma a fidarsi l’uno dell’altro, a mettere da parte i vissuti e le diffidenze e fare fronte comune, perché nell’inferno di Baghdad c’e una donna da riportare a casa, prigioniera dei ribelli sunniti. Per l'uno è soprattutto un’amica e collega. Per l’altro un’italiana da salvare. Per il resto del Paese, Giuliana Sgrena, inviata del Manifesto. I primi sono giorni convulsi, i più pericolosi per un ostaggio. C’è da capire se chi tiene Giuliana ha convenienza a trattare o meno e in che termini. Il dirigente del Sismi sa cosa fare e inizia a muovere le sue pedine in Medio Oriente. Una sera di pioggia, alle spalle di Montecitorio, l'uomo dell'intelligence spiega cosa ha in mente e il direttore del Manifesto forse lo vede per la prima volta: una stretta di mano e i due uomini diventano semplicemente Nicola e Gabriele. Oggi sarebbero buoni amici, se la notte del 4 marzo di dieci anni fa Nicola Calipari non fosse stato ucciso dal fuoco amico, nell’estremo tentativo di proteggere con il suo il corpo tornato libero di Giuliana Sgrena. Giuliana non doveva tornare viva e Nicola aveva troppi nemici nei Servizi, sicuramente si muoveva a dispetto delle imposizioni e delle intransigenze degli americani. Scrive Gabriele: “Nicola voleva cambiare le regole del gioco, andare oltre la semplice trattativa sulla somma da pagare per il riscatto. Aveva intuito che si poteva rispondere e trattare anche politicamente. E c’era riuscito. I rapitori erano sunniti, cercavano di non essere tagliati fuori dal processo di ricostruzione del paese. Chiedevano un riconoscimento e un ruolo. E quelle condizioni che dopo l’uccisione di Nicola non hanno avuto un seguito, avrebbero forse potuto ritagliare per l’Italia e per la stabilità dell’Iraq un futuro diverso”. A dieci anni da quel mese lunghissimo, di fronte al disastro iracheno cresciuto sull’emarginazione della componente sunnita che è stato il carburante che ha provocato l’incendio jihadista dell’Isis, l’intuizione di Calipari appare come un’incredibile incompiuta. Ma allora i nemici sul campo erano troppi. E troppe le coincidenze sospette. A partire da quel posto di blocco nei pressi dell’aeroporto da cui sono partite le raffiche che ferirono Giuliana e uccisero Nicola. Nessuno ha pagato e pagherà mai per quella morte. "La morte di Nicola Calipari è stata risolta classificandola come qualcosa di fatale. Come si fa con le ingiustizie del mondo quando vengono accettate per paura di dar loro un nome". Gabriele Polo tieni vivo il ricordo di Nicola nel libro “Il mese più lungo. Dal sequestro Sgrena all’omicidio Calipari”. Il giorno dei funerali, su una foto a tutta pagina, il Manifesto dedicò a Calipari uno dei titoli più belli e struggenti del quotidiano di via Tomacelli: Uno di noi.

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