Romolo Bugaro, avvocato
padovano della mia generazione, l’ho scoperto per caso più di 20 anni fa mentre
vagavo per la città del Santo. Presentava ad una festa del libro il suo primo
romanzo La brava e buona gente della nazione, finalista del Campiello. Poi l’ho
perso di vista. Lo scorso anno ho letto Ragazze del Nordest; Bea vita. Crudo
Nordest e Effetto domino. Adesso questo Non c’è stata nessuna battaglia. Le
storie di Bugaro sono vere, crude, te le senti addosso: sono quelle della
provincia, dove le dinamiche sono uguali ovunque e il disagio è un profumo
indelebile sulla pelle. Le amicizie, i bar, i motorini truccati, le compagnie,
gli amori, i riti di iniziazione. Qui al centro del racconto, in un flash back
amaro e doloroso, ci sono le vite di 5 amici, 4 ragazzi e una ragazza – il
vecchio Andrea, Nick The Best One, GMT, Tod e la Canova - le loro ambizioni, le
speranze, i tormenti. C’è il mondo dei 15enni della fine degli anni 70, che,
come tutti, vivono il per sempre ma finiscono per perdersi, a volte senza
volerlo, disegnando una realtà altra, che per qualcuno è un buco nero dal quale
non riesce più ad uscire, per altri una nuova possibilità, o forse solo un
ripiego. Sullo sfondo, anche se non espresso, c’è quello che avrebbe potuto
essere, che per due dei protagonisti
viene riportato a galla dopo 30 anni. Una trasmissione vista in tv e una mail
inaspettata, fanno tracimare un fiume di malinconia, mai verbalizzata, mai elaborata, di una
giornata in particolare, da dove tutto è iniziato ed ha finito per segnare i
loro destini. Romolo Bugaro è indubbiamente bravo, esce tra l’altro dalla
“scuola” di Pier Vittorio Tondelli (Altri libertini; Pao Pao, Rimini; Camere
separate), altro autore che mi sento di consigliare. Chi come me ha superato i 50 ed è nato e
vissuto per anni in provincia, può trovare in Non c’è stata nessuna battaglia
un po’ della propria adolescenza.
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