La
Sabbia nera del titolo è la cenere che arriva dal Vulcano e avvolge Catania, impadronendosi di ogni cosa, compresi i colori. C’è tanta Sicilia in questo romanzo,
terra che amo visceralmente e nella quale torno appena posso. Non è la Sicilia
di Camilleri: qui il dialetto è usato pochissimo, ci sono però i luoghi, i
sapori, il non verbale, le atmosfere. E c’è Vanina Guarrasi, palermitana, a Catania
a dirigere la Mobile, che non è una donna facile: segnata dalle vicende della
vita, a volte scontrosa oltre il lecito, dalle poche descrizioni non
gnocchissima, perché la buona tavola qualche segno lo lascia, eppure di
grandissimo fascino. La vicenda sulla quale deve indagare è vecchia di oltre 50
anni. Nel montacarichi portavivande che si trova nella cucina di Villa Burrano
- casa padronale disabitata da tempo ai piedi dell’Etna - vengono scoperti per
caso i resti mummificati di una donna. Per risalire alla sua identità e capire
cosa nascondono quelle povere ossa, perché qualcosa devono nascondere per
forza, la Guarrasi si affida all’esperienza, ai ricordi e all’acume dell’ormai
ottantenne commissario dell’epoca. E infatti quel cadavere di cose da raccontare
ne ha parecchie. Racconta una vecchia storia di avidità, di risentimento, di
potere, anche mafioso, di affari illeciti, di case chiuse, di tenutarie e di
figli illegittimi. Un mondo antico, dimenticato, ricordato solo da qualche
vecchio e ormai sepolto sotto la cenere dell’Etna, che nasconde e silenzia. Una
storia allora chiusa in fretta con le sue belle vittime sacrificali: il
proprietario della villa, morto sparato proprio in quella casa, e il suo
contabile, che per quell’omicidio si è fatto più di 30 anni di carcere. La
donna mummificata arriva a cambiare le carte in tavola. Tanto da provocare, con
le sue mute rivelazioni, un altro omicidio, che consentirà a Vanina Guarrasi di
mettere a posto tutti i tasselli, riscrivere quella verità di comodo datata
1959 e risolvere il caso. Come in ogni noir ci sono poi le storie parallele.
Quella del vicequestore è un romanzo a sé, in gran parte ancora da scrivere e la
chiusa del libro, lascia lo spazio per farlo. Con la Guarrasi lavorano altri
poliziotti, che Cristina Cassar Scalia caratterizza e fa muovere molto bene.
Nota di colore: nella squadra c’è anche l’ispettore Marta Bonazzoli, che invece
è gnocca oltre il lecito. Perché lo dico? Perché la Cassar Scalia tra tutte le
città del Nord, fa nascere Marta proprio a Brescia, la mia città.
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