Quando frequentavo le scuole medie c’era l’ora
di narrativa. Dovevamo leggere un libro, uno all’anno, non ricordo più quali.
Si leggeva un po’ in classe, un po’ a casa e se ne discuteva. La scelta dei
docenti si orientava su testi che consentissero di fare delle riflessioni di
carattere etico e sociale così da fornire gli strumenti critici e far crescere
personcine a modo, uno dei compiti secondo me più importanti della scuola. Su
invito di un amico, ieri ho letto “Per questo mi chiamo Giovanni”, di Luigi
Garlando, caporedattore della Gazzetta dello Sport. E’ la storia di Giovanni
Falcone, raccontata da un padre al figlio Giovanni, appunto, nato il giorno
dell’attentatuni, della strage di Capaci. Non so se oggi esiste più l’ora di
narrativa, ma sicuramente il lavoro di Garlando sarebbe la lettura ideale per
far capire ai ragazzi che il male lo si sconfigge prima di tutto con i
comportamenti, che significa rettitudine morale, attenzione all’altro e alla
cosa pubblica, ma anche non accettare e denunciare qualsiasi sopruso. Poi c’è
la storia affascinante e un po’ romanzata di un uomo straordinario che è
diventato patrimonio di tutti solo dopo morto, come spesso accade in questo
malandato Paese, storia che aiuta a capire tante cose e comunque, soprattutto
per i Millenial, conoscerla male non fa
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