"I grandi, in fondo, non sono che bambini
sopravvissuti”. Ci sono romanzi che ti prendono l’anima e non te la lasciano,
neanche quando hai finito di leggerli. Perché… perchè a volte toccano nervi
scoperti, parlano del tuo mondo: quello che hai vissuto, che in qualche modo
hai frequentato, o che ti è passato accanto, sfiorandoti soltanto e accarezzandoti
appena. Gli anni al contrario, esordio letterario di Nadia Terranova, l’ho
letto un sabato pomeriggio e mi ha trovato inavvertitamente disarmato. Ambientato
a Messina tra il 1977 e il 1989, racconta l'intima epopea di una giovane coppia
negli anni in cui gli ultimi sussulti ribelli di una generazione
venivano cancellati da una triplice deriva: l'approdo alla lotta armata,
la piaga dell'eroina, la rivincita degli stereotipi borghesi. Aurora è la
seconda di 6 figli, il padre è un ex guardia carceraria, fascistissimo, che porta
addirittura i ragazzi in gita a Predappio per farli benedire da donna Rachele.
Giovanni è invece il terzogenito di una famiglia borghese: il padre è un noto
avvocato iscritto al PCI. Aurora cerca di affrancarsi dal suo mondo e dalle
rigidità famigliari attraverso lo studio. Giovanni è un animo ribelle, attratto
dagli eccessi, dalle utopie espulse da un partito comunista che per molti giovani
dell’epoca odorava di sconfitta. Giovanni e Aurora si incontrano all’Università
nel ’77, si amano, sognano la rivoluzione, credono in una società migliore al
punto mettere al mondo una bimba, Mara, e giocano a fare i grandi. Ma è un
gioco appunto troppo grande, soprattutto per Giovanni che soffre la lontananza,
la marginalità dell’isola rispetto ai fermenti delle grandi città italiane ed
europee, dove si sta facendo la storia. E questo tormento interiore, questo
cane che morde dentro e non dà tregua lo porta sempre più lontano da Aurora e
da Mara, che sì ama visceralmente, ma non basta. I sogni diventano allora
allucinazioni chimiche, perché solo così si riesce a tenere a bada la bestia e
a non pensare. Aurora, che invece i suoi sogni di dottorato li ha abbandonati
per Giovanni e per Mara, prova in tutti i modi a capire e ad aiutare l’uomo
della sua vita, ma è una lotta impari se il nemico si chiama disillusione ed ha
scavato un solco irrimediabile con il passato. Certo ci sono i tentativi di
ristabilire un ritmo coniugale ma
sono intessuti di silenzi, insicurezze e sensi di colpa. Giovanni toccato
il fondo ci prova davvero, per Mara, per Aurora, e ci riesce. Il rapporto prima
epistolare dalla comunità terapeutica e poi fatto di incontri settimanali con
Mara è di una tenerezza disarmante. La speranza in qualche modo sembra
rinascere e c’è ancora tanto tempo davanti: Giovanni ha 35 anni, Mara ha appena
iniziato le elementari, Aurora, comunque vada, è l’amore per sempre. All’inizio
degli anni 80 viene scoperto un virus che si dice colpisca i tossici e gli
omosessuali. E’ un virus bastardo, che si impadronisce del tempo. L’ultima
estate Giovanni la passa a Pantelleria da solo con Mara e non ci potrebbe
essere finale più bello.
Molti
ragazzi di quella generazione, intrisi di ideali politici, di grandi slanci, di
sentimenti estremi, sono stati salvati da una passione bambina e grazie a lei
sono diventati adulti: il calcio.
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