
Translate
lunedì 27 agosto 2018
Lo stupore della notte

giovedì 23 agosto 2018
Mio caro serial killer

mercoledì 22 agosto 2018
A bocce ferme
“A bocce ferme”, vado a memoria, è il settimo romanzo che Marco Malvadi dedica ai vecchietti del Bar Lume, i 4 simpatici venerandi, altrimenti detti “la banda della Ma
gliadilana” che bivaccano nel locale del nipote del più anziano del gruppo, a Pineta, lungomare di Pisa. Da lì, tra battute, lazzi e racconti di vita, si trovano a dirimere i casi di cronaca nera che accadono nella cittadina, aiutando (spesso interferendo) nelle indagini il vicequestore Alice Martelli, da un paio di romanzi, vado sempre a memoria, fidanzata del barrista (la doppia r non è n errore) Massimo Viviani, laureato in matematica ma da sempre titolare dell’esercizio in questione. Il cold case d’abbrivio di “A bocce ferme” arriva dal passato, dal ’68, e riguarda l’omicidio del titolare della Farnesis, l’industria farmaceutica con sede a Pineta e del quale era stato all’epoca accusato e arrestato un sindacalista della fabbrica. Il vero colpevole, reo confesso, viene scoperto a 50 anni di distanza: il figlio adottivo della vittima si autodenuncia nel testamento e l’imbroglio nella linea di successione impone la riapertura delle indagini. A ingarbugliare la matassa è un ulteriore omicidio, legato al precedente. Ad essere trovato morto in casa sua è un ex dipendente della farmaceutica, che proprio quel giorno aveva convocato, ad orari diversi, i giornalisti di alcune testate locali e nazionali per raccontare la verità sulla morte dell’imprenditore. I sospetti in questo caso ricadono immediatamente sull’ultimo titolare della Farnesis, che ovviamente non ha un alibi e tutto l’interesse a non far scoprire la verità. Ma sarà proprio così? Ovviamente no. E stavolta la memoria storica dei vecchietti e l’acume logico matematico del barrista aiuteranno Alice Martelli a risolvere il caso. I vecchietti del Bar Lume è la lettura estiva per antonomasia. Marco Malvaldi è bravo, ha rinnovato un genere, quello del giallo comico in costume. Una formula felice di leggerezza, un sottile pennello che dipinge un’Italia esclusa dalla ribalta mediatica ma che del Paese vero fa capire molte cose. Chi fosse attratto dalla serie, l’esordio dei vecchietti avviene con “La briscola in cinque”, che io comprai, confesso, attirato dal titolo, nostalgico ricordo della (semi) nullafacenza del periodo universitario, condivisa con altri 4 debosciati. Anzi, per la verità loro erano debosciati. Io giocavo anche a tennis
martedì 21 agosto 2018
Sbirre

Tre figure di donne estreme: fragili e passionali, che spostano un po’ più in là il concetto di giustizia, riscrivendolo e interpretandolo a modo loro: sedotte dal delitto, soggiogate dalla vendetta, che pur nella drammaticità delle scelte non suscitano disprezzo, anche perché alla fine tutte pagheranno un prezzo altissimo. Personalmente non amo i racconti brevi, ma c’è da dire che in ognuno ci sono i prodromi di una possibile evoluzione dei personaggi in qualcosa di più strutturato. In ogni caso chi ama il genere e apprezza Carlotto, De Cataldo e De Giovanni non rimane deluso
lunedì 20 agosto 2018
Il metodo Catalanotti

In questi anni, sulla spinta anche della fiction televisiva, il commissario di Vigata è diventato un fenomeno pubblico. Ha alimentato discussioni, confronti, è stato oggetto di tesi di laurea. Ha fatto nascere fazioni. Personalmente sono idealmente iscritto a quella che sostiene - senza se e senza ma - Livia Burlando, la donna della vita, fidanzata a tempo, lontana e distante dal vero mondo di Montalbano. Ora, mi rendo conto che possono sembrare questioni di lana caprina, ma forse è proprio questo il grande merito di Camilleri: aver costruito una figura letteraria che ha preso vita propria, con cui interloquire, condividere, dissentire, arrabbiarsi, se capita. In questo libro, dicevo, il Montalbano uomo prende una china che non gli fa per niente onore. E non si tratta di una sbandata o di una scappatella, alle quali ci aveva già abituato e sulle quali, per un sostenitore di Livia come il sottoscritto, ci sarebbe comunque da ridire. No, stavolta la faccenda è più seria, perché Montalbano si innamora perdutamente di una ragazza di 30 anni più giovane. E di fronte ad una passione travolgente cosa fa? Si comporta nel modo più meschino e banale possibile. Per questo mi indigno, caro commissario. In questo mondo senza qualità eri ormai una delle poche figure di riferimento, insieme a Tex Willer e Zagor Tenay, lo spirto con la scure: non è accettabile una caduta di stile da uomo qualunque. Scusate lo sfogo. Detto ciò, la vicenda è al solito ben costruita e il finale non è per nulla scontato. La vittima, uccisa in casa con una coltellata al cuore, è il Carmelo Catalanotti del titolo, personaggio a sua volta complesso e intrigante – usuraio e regista teatrale – sperimentatore in quest’ultima veste di un metodo di recitazione traumatico, che obbliga gli attori a vivere in prima persona quello che poi accadrà sul palcoscenico: non quindi una mimesi dell’azione, ma un’identificazione delle passioni. Da questa complessità e dalle ombre che avvolgono attori e debitori, il commissario dovrà partire per trovare il colpevole, sempre se di colpevole alla fine si possa parlare. Come sempre, nelle storie di Montalbano troviamo riferimenti all’attualità sociale e politica: ma questo è principalmente un romanzo sulle passioni: quella per il teatro, di cui Camilleri è un maestro, e quella amorosa. Con i distinguo personali su quest’ultima
Iscriviti a:
Post (Atom)